Ci sono dei luoghi in questo mondo che possono procurarci i brividi al solo pensiero ma, allo stesso tempo, fanno aprire in noi un piccolo spiraglio di curiosità che ci spinge a pensare come sarebbe essere li. Un po’ quello che succede con i turisti dell’orrore che – invece della classica vacanza di relax – preferiscono visitare location macabre e fare esperienze al limite della normalità. Proprio su questo si basa la serie documentario Netflix – conclusasi ormai cinque anni fa – Dark Tourist, prodotta dal giornalista neozelandese David Farrier.
Tutto il suo viaggio inizia da una domanda fondamentale: come può esprimersi il male nelle diverse culture? Che cos’è – effettivamente – il terrore? Per rispondere David decide di calarsi – con una grande dose di sarcasmo e scetticismo – nei luoghi e nelle culture più macabre che ci siano, per ogni zona geografica del mondo. Ogni episodio, dalla durata di 50 minuti, è infatti dedicato a una determinata area e diviso in tre differenti tematiche.

Così nel suo viaggio David ci mostra come il male possa avere mille sfaccettature, da una casa abitata da vampiri a un tour dedicato a un pazzo assassino come Jeffrey Dahmer, adorato come idolo da un club di donne. Nel primo episodio, il giornalista ci porta a esplorare i luoghi del Messico, affrontando uno dei temi più ricorrenti: quello della morte. Un’idea che nella cultura occidentale viene spesso respinta ed esorcizzata ma che invece – in alcune popolazioni – è diventata parte integrante della cultura e della quotidianità tanto da essere celebrata una volta l’anno, come per la Santa Muerte in Messico.
In quanti modi e in quante forme si può esprimere il male?
Che si tratti di riesumare un cadavere imbalsamato, passeggiare in una foresta con un altissimo tasso di suicidi o partecipare a tour dedicati a famigerati assassini, ogni cultura mostra il proprio modo di guardare da vicino, e spesso adorare, ciò che nella nostra società definiamo spaventoso o creepy. Ma ciò che David, e anche noi, continuiamo a chiederci è come possa essere preferibile una vacanza dell’orrore a una classica vacanza di relax.
Nella serie non troviamo soltanto mummie, sangue e omicidi: David ci racconta anche un diverso tipo di paura, molto più quotidiano e pragmatico, quello dei serrati controlli di governi repressivi. Arriviamo così in Turkmenistan, precisamente ad Ashgabat, noto per essere uno dei regimi più isolati e repressivi al mondo al pari della Corea del Nord. Un luogo in cui tutti i giornalisti che hanno tentato di esprimere la propria opinione sono stati catturati e fatti sparire nel nulla, come se non fossero mai esistiti. Un tipo di orrore molto attuale, ma di cui non sentiamo parlare mai adeguatamente.

Se infatti – come abbiamo già detto – il fulcro di tutta Dark Tourist è andare ad analizzare le varie sfaccettature del male, tuttavia non si tratta dell’unico grande obiettivo. Tutta la serie – fin dal primo episodio – muove una grande critica nei confronti di tutti quei governi che cercano di nascondere aspetti orribili del loro paese. Più di una volta David arriva infatti a evidenziare – anche se mai apertamente – come questi possano controllare e plasmare le menti dei loro cittadini. Parliamo per esempio del Giappone, in cui ci sono siti con altissime radiazioni che vengono segnalati come sani o del Turkmenistan, dove David verrà costantemente seguito da ‘’un’accompagnatrice’’ e la sua videocamera, perennemente in funzione.
Un compleanno tra vampiri può diventare divertente se affrontato con un pizzico di sarcasmo
Il giornalista è completamente aperto a provare tutto quello che gli possa essere proposto, o quasi, per calarsi il più possibile in una realtà in gran parte incomprensibile per un semplice occidentale. La cosa che sembra toccarlo di più sembrano essere i maltrattamenti ingiustificati di animali. Per molte culture, infatti, macellare carne è un qualcosa che fa parte della quotidianità, al contrario nostro che siamo abituati a trovare tutto già pronto nei supermercati. Il problema però si presenta quando gli uomini – chi per le proprie tradizioni, chi per poiché abituato a vite molto più dure delle nostre – non prestano attenzione alla sofferenza del mondo animale, godendo quasi per la loro sofferenza.

Centrali in tutta Dark Tourist sono anche le sfaccettature caratteriali di David che non perde occasione per mostrarsi sarcastico di fronte a situazioni al limite del credibile. Ci viene in mente l’episodio in cui finisce per ritrovarsi ad una festa di compleanno circondato da vampiri, o meglio: un gruppo di persone che è convinta di esserlo. Sicuramente riesce a strappare al pubblico più di una risata, mantenendo però un certo contegno e rispetto per chi è coinvolto. Secondo lui, più che signori della notte, sono solo uomini alla ricerca di un elemento che possa unirli. È apprezzabile notare come David Farrier non prenda mai in giro il pubblico e anzi, mostri apertamente il suo scetticismo, come durante l’esorcismo di Jeffrey Dahmer.
Quando l’orrore si trasforma in un collante sociale per persone ambigue
Quella di Dark Tourist è una serie che ci porta a vivere – anche se non in prima persona – esperienze molto lontane e spesso incomprensibili per la nostra cultura. Così, dalla foresta dei suicidi in Giappone alla rievocazione del nazismo in Germania, David ci insegna come l’orrore e il male possano avere mille facce e forme diverse. Al termine del suo viaggio il nostro giornalista non troverà una vera e propria risposta alla sua domanda iniziale – che cosa possa rendere preferibile una vacanza dell’orrore alle altre – ma capirà che, alla fine, l’orrore è spesso solo un grande collante sociale.