SPOILER ALERT: NON LEGGERE SE NON HAI VISTO DARK 2×05
Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra
– (Matteo 12)
I parallelismi biblici in Dark si sprecano. Nei nomi, nei dialoghi, negli eventi. E allora Noah non può che sentirsi in diritto di salvare l’umanità in prossimità di un’apocalisse, come confessa a sua figlia Charlotte. La ricorrenza del numero 3, non solo inteso come passato, presente e futuro ma anche come salti in avanti e indietro nel tempo: l’unità di misura in quel caso è il 33, come l’età di Cristo.
E in questo contesto è ovvio che se ti chiami Jonas (Giona) non puoi che sentirti in trappola, “nel ventre di una balena” come il profeta nel viaggio in mare, diretto verso la città pagana di Ninive. Ma quale dei tre Jonas è veramente in trappola? Il ragazzo del presente, lo straniero di 33 anni più grande oppure la versione più vecchia che si faceva chiamare Adam?
Già, Adam. Poteva chiamarsi in altro modo colui che, si presume, ha dato origine a tutto?
Una persona vive tre vite. Il primo si conclude con la perdita dell’ingenuità, il secondo con la perdita dell’innocenza e il terzo con la perdita della vita stessa. È inevitabile che affrontiamo tutte e tre le fasi
A primo impatto verrebbe naturale pensare che nel ventre ci si trovi il ragazzo, in balia del tempo al contrario degli altri due che, invece, danno prova di gestirlo come meglio credono. Jonas ha visto il futuro più prossimo, quello del 2052, e ha provato a tornare indietro. Dalla sua Martha. Si è trovato invece catapultato a quasi 100 anni prima del suo presente, nel 1921. È nel confronto con il se stesso più anziano che scopre di poter avere effettivamente una scelta.
Si può dire lo stesso dello Straniero e di Adam? Hanno effettivamente già vissuto tutto quello che ha vissuto, vive e vivrà la loro versione più giovane. Vittime a loro volta dell’eterno ritorno e schiavi delle scelte che Jonas prenderà di volta in volta. Che magari potrebbe essere quella di sopprimere la coscienza di ciò che diverrà nel futuro, eliminando lo Straniero e Adam dall’equazione: il finale di puntata, d’altra parte, sembra poter suggerire proprio questo.
E allora, svincolandoci dall’interpretazione religiosa, cos’è la trinità in Dark se non una rappresentazione del concetto freudiano di es, io e Super-io?
In questo caso Jonas (l’io) è colui che ha la capacità di mediare tra l’es (lo Straniero, che appartiene a un mondo dominato dal caos) e il Super-io (Adam, demiurgo di un “disegno perfetto” di cui ci sfugge ancora il fine ma che, molto probabilmente, è destinato a rivelarsi distopico).
La trama di Dark ci impone di provare a interpretare gli eventi, a codificare il senso dei cicli. Però questa serie ha una straordinaria capacità di trasmettere il senso del viaggio che i suoi protagonisti, nelle varie linee temporali, intraprendono. E alla fine il viaggio stesso diviene affascinante alla stregua, se non più, della meta.
Dietro il senso ultimo di una divinità che qui veste i panni di un entità al tempo stesso astratta e materiale come il Tempo, abbiamo persone tutto sommato comuni, alle prese con delle scelte in un mondo che è più grande di loro.
Difficile, in questo episodio più che mai, non immedesimarsi nell’astio di Martha verso sua madre e, contestualmente, nel senso di impotenza di Katharina. Difficile restare impassibili di fronte a Ulrich che, dopo 33 anni, passati in un manicomio, ha finalmente la possibilità di salvare suo figlio.