ATTENZIONE: l’articolo potrebbe contenere spoiler su Dark!!
Per mandare avanti una serie tv di successo bisogna restare ancorati con coraggio al proprio progetto. Ci sono serie tv che si impongono all’attenzione un po’ per caso, un po’ per fortuna, un po’ perché riescono a sfruttare un momento propizio. È il caso di tante serie venute alla luce nell’ultimo decennio, Dark compresa. È a quel punto, quando la parabola di visibilità ha raggiunto il suo apice, che gli autori provano a spingere sull’acceleratore e a spolpare fino all’osso il loro prodotto. Attraverso le piattaforme di streaming si riescono a raggiungere platee importanti. Le fanbase brulicano di commenti, reaction e teorie. I canali social veicolano l’hype, lo portano alle stelle e ci costruiscono sopra campagne pubblicitarie mastodontiche.
Quando una serie tv è riuscita a imporsi – ed è il caso di Dark -, la prima cosa che si chiede ai suoi autori è di produrre subito altri episodi. I prodotti televisivi seguono le regole del mercato: se la domanda è alta, la produzione deve riuscire a soddisfarla. Quando parliamo di serie tv però parliamo anche di storie, di personaggi, di trame intricate e di destini che si incrociano con il nostro. Una serie tv non è solo un prodotto da vendere. È un’idea, un racconto che matura nella testa dei suoi autori e attraversa un percorso lungo prima di approdare sugli schermi di noi spettatori.
Ci sono degli elementi, quindi, che non possono essere sacrificati sull’altare del profitto.
Gli autori de La Casa de Papel, quando stavano lavorando alla stesura della prima stagione dello show, quasi sicuramente non immaginavano il successo che avrebbero avuto da lì a qualche anno. Lo straordinario riscontro di pubblico, il grande coinvolgimento emotivo degli spettatori, l’impatto che ha avuto sulla cultura di massa, sono stati talmente dirompenti da aver lasciato di stucco anche i creatori. Che infatti, sicuri del riscontro di pubblico, hanno scelto di dare un seguito ad una storia che inizialmente era stata pensata per avere un inizio e una conclusione ben definite. Così abbiamo avuto nuove stagioni de La casa de Papel, con sempre più fanservice e meno coerenza narrativa.
Ma La Casa de Papel è solo uno dei tantissimi esempi di serie recenti che, forti del proprio successo, sono andate avanti solo per prolungare il rapporto di do ut des con il pubblico. A volte però, cavalcare l’onda del successo e insistere con una storia che ha già sprigionato il meglio di sé, può essere controproducente. Quanti prodotti televisivi abbiamo visto snaturarsi col passare delle stagioni solo per poter avere un nuovo ciclo di episodi? Quante volte abbiamo visto allungare il brodo e impiegare il doppio degli episodi per arrivare a un punto? Episodi riempitivi, stagioni spezzettate, cliffhanger che lasciano in sospeso un finale, sono diventati espedienti sempre più comuni nel campo delle serie tv.
È come se gli autori proponessero un primo ciclo di episodi per sondare il campo, tastare la reazione del pubblico e valutare se valga la pena continuare oppure no.
Molto spesso, all’interno di un prodotto televisivo, si lasciano alcuni elementi sul vago, per riservarsi la possibilità di poterci tornare in futuro. In questo confusionario stato di cose, avremmo bisogno della fermezza narrativa degli autori di Dark. La serie Netflix è una delle migliori che siano mai state prodotte dalla piattaforma. Ha avuto un successo pazzesco, paragonabile a quello di altri pezzi da novanta come Black Mirror o Stranger Things. Dark è diventata in breve tempo un fenomeno mediatico, conquistando il pubblico e lasciandolo col fiato sospeso in uno stato di trepidante attesa. Baran bo Odar e Jantje Friese, gli autori della serie, avrebbero potuto scegliere di cavalcare l’onda del successo e impostare un progetto più a lungo termine, che prevedesse un numero più alto di stagioni.
I fan, d’altronde, non aspettavano altro (ecco 10 motivi per cui amarla). E se consideriamo anche la complessità di una serie come Dark, almeno un paio di stagioni in più non sarebbero state un’esagerazione. Gli autori avrebbero preso tempo, spalmando la storia su più episodi, ma la scelta sarebbe stata in linea con il mood del momento. Baran bo Odar e Jantje Friese, invece, hanno optato per un’altra strada. Hanno rinunciato a stare qualche anno in più sulla cresta dell’onda per dare piena coerenza alla propria idea. Dark è una serie tv pensata per avere tre stagioni. E basta. Tre stagioni di cui gli autori avevano bisogno per dispiegare tutto il materiale del loro racconto. Non un episodio in più, non un episodio in meno.
La prima stagione venne distribuita dalla piattaforma nel 2017.
Si trattava di un titolo anomalo, non catalogabile immediatamente in una sezione. C’erano gli elementi del thriller, quelli del giallo psicologico, quelli del teen drama cupo che pure stava avendo tanto successo. Dark era era una serie tedesca che colpiva per il suo cromatismo, per la sua fotografia, per la colonna sonora, per il livello della recitazione e per quella trama così ingarbugliata che ci spingeva a guardare e riguardare i suoi episodi. L’esordio fu un successo pazzesco: una delle serie tv più viste sulla piattaforma e con tante aspettative per il futuro. La seconda stagione, uscita a distanza di due anni, è riuscita a mantenere il livello della prima e a spiazzare lo spettatore con molti più interrogativi di quelli che avrebbe immaginato. Inutile dire che, per l’uscita della terza stagione, nel 2020, l’hype era alle stelle.
Dark era diventato un fenomeno televisivo. La sua complessità, la struttura del racconto, l’intrecciarsi delle linee temporali, i temi filosofici e il sovrapporsi di personaggi provenienti da epoche e mondi diversi, avevano creato un altissimo grado di aspettative nei fan dello show.
Aspettative che non sono state deluse, al contrario. Gli autori avevano annunciato che la terza sarebbe stata anche l’ultima stagione di Dark, per cui al rilascio dell’ultimo ciclo di episodi la trepidazione era tanta. Il finale è stato pienamente appagante. Non è così scontato, e lo sappiamo benissimo. Dare una conclusione degna ad uno show televisivo di rilevanza mondiale è difficilissimo, perché si rischia sempre di scontentare qualcuno. Ma gli autori di questa serie avevano le idee talmente chiare sin dall’inizio da non aver lasciato nulla al caso. Non c’è un pezzo che non sia finito al suo posto, non c’è un filone narrativo che sia rimasto sospeso.
È difficile trovare buchi di trama all’interno delle tre stagioni di Dark. A volte, gli autori di serie tv lasciano volutamente sospese alcune sottotrame per riservarsi poi la possibilità di tornarci in seguito. Si lasciano aperto uno spiraglio per poter tornare con una nuova stagione o uno spin-off. Baran bo Odar e Jantje Friese invece hanno chiuso la storia esattamente come avevano progettato. Tutto ha una spiegazione, tutto torna al suo posto. Guardando l’episodio finale, i fan di Dark capiscono che è preclusa ogni possibilità di ritorno.
Non è uno di quei casi (di quei tanti casi) in cui si aspetta di vedere la reazione del pubblico per annunciare, anche a distanza di tempo, il ritorno tanto agognato dello show.
Dark è una di quelle serie tv che hanno avuto il coraggio di fermarsi proprio all’apice del successo. Alla fine dell’ultima stagione, tutti applaudivano allo show. Baran bo Odar e Jantje Friese avrebbero potuto annunciare la lavorazione di una quarta stagione e avrebbero ricevuto solo applausi. Invece, la loro fermezza narrativa ci ha confezionato questo gioiellino nella forma in cui era stato pensato. Se ragioniamo in termini di fanservice, Dark è una serie che neppure lo concepisce. Va avanti dritta per la sua strada, obbedendo a se stessa, senza perdere mai la propria identità. È cervellotica, ingarbugliata, complessa e in alcuni tratti difficile da capire, ma mantiene sempre la propria coerenza. Fino alla fine.