Dark, la serie tv originale Netflix, è giunta ormai al capolinea con una terza stagione che lascia poco spazio ai dubbi.
Milioni di fan si ritengono soddisfatti dal season finale, vedendolo come la conclusione perfetta per quella che è stata definita come una delle serie più importanti di Netflix.
La terza stagione ci accompagna verso l’ultima puntata con attenzione e cura dei dettagli, cercando di non lasciare nulla al caso e fornendo, puntata dopo puntata, gli strumenti che servono per avere un quadro generale che porti le risposte alle domande dello spettatore.
Ci siamo goduti la terza stagione dandole ottime recensioni, ma non abbiamo potuto fare a meno di chiederci se ci fosse qualcosa che sia andato storto, e la risposta è stata affermativa.
Una delle peculiarità di Dark è sempre stata quella di non essere mai scontata e complicata. Rispetto a molte altre serie tv che contengono misteri all’interno, lo show tedesco di Netflix non ha mai avuto un’evoluzione presagibile per i fan della serie. All’interno delle spiegazioni si nascondono mille processi, motivi e condizioni che portano Dark a essere una delle serie tv più difficili da comprendere.
“La fine è l’inizio” è una delle frasi di cui si servono i protagonisti che conoscono tutte le risposte, frase che viene ripetuta all’infinito e che sembra complicarci ancora di più la visione della serie. Questo porta a confondere le nostre idee più di quanto già lo siano e purtroppo questo è il vero problema di Dark.
Gli autori sembrano essersi soffermati troppo a lungo sul rendere Dark una serie tv complicata, snaturandola a volte.
È difficile poter vedere una puntata di Dark senza finirla con l’emicrania, la migliore postazione per quei 60 minuti sembra essere una stanza con dentro il proprio schermo e le pareti bianche e vuote, anche solo una macchia sul muro potrebbe distrarci per un secondo a tal punto da dover ricominciare la puntata dall’inizio.
Perché se a volte ci lamentiamo dei buchi di trama forniti dalle altre serie, delle poche risposte alle nostre domande, in Dark riscontriamo il problema opposto: le informazioni violentano la mente dello spettatore, arrivando a raffica una dopo l’altra con frasi ambigue espresse con dialoghi lunghi in cui scovare le varie verità.
Sembra che gli autori si divertano a immaginare un pubblico costretto a schematizzare le parentele tra i personaggi, dividere le epoche contestualizzando personaggi e vicende e comprendere cose innaturali quali: “tua madre è tua figlia, e tua figlia è tua madre”.
Nessun dubbio sul coraggio degli autori che hanno rischiato la compromissione della serie con queste stravaganti idee.
Perché, si sa, a volte alla gente piace una semplice puntata da 40 minuti con un mistero da scoprire, una trama da seguire e staccare la testa dallo stress, non vuole ritrovarsi con carta e penna confuso e sudato come all’esame di analisi.
Ciò che ha rovinato l’ultima stagione di Dark è stata proprio questa ricerca forzata del complicato, della pesantezza, di una scena che non ci concedesse mai una tregua, nessun momento semplice per otto lunghe ore di serie.
Impossibile pensare di fare una maratona senza impazzire o perdere la testa, ma è impossibile anche pensare di poter guardare una puntata troppo tempo dopo la precedente. Infatti bisogna usare le informazioni apprese immediatamente, prima di perdere troppo la concentrazione.
La storia, all’interno di Dark, è vista dallo stesso personaggio in mondi ed epoche diverse, che sembrano essere più lontane di quanto in realtà siano davvero.
I personaggi del futuro appaiono diversi rispetto ai personaggi che vediamo nel presente, a volte non li comprendiamo e non ci fidiamo davvero delle loro parole, non capendo cosa è successo in quel frangente che non ci è stato permesso vedere, proprio come i veri personaggi del presente: Noah non si fida di Adam, proprio come Martha non si fida della lei di anni dopo, non si riconoscono in quel che diventeranno e lo trattano come qualcosa di impossibile ed estraneo.
Dark è sicuramente uno dei capolavori di cui Netflix potrà sempre vantarsi, ma rimarrà comunque una serie tv che ha fatto di una sua peculiarità una debolezza. Perché il gusto del difficile le è costato caro.