Dopo aver visto come si è conclusa la terza stagione possiamo sicuramente affermare che Dark è una delle serie tv più appassionanti e originali che Netflix abbia prodotto negli ultimi tempi. Con il giusto mix di fantascientifico e filosofico, la serie tedesca è riuscita a superare i confini linguistici e geografici diventando un fenomeno internazionale.
Molto spesso una critica che è stata fatta alla serie riguarda la sua complessità: parlando di viaggi nel tempo, paradossi e teorie complesse che per secoli sono state oggetto di studio per filosofi e scienziati, Dark è sicuramente un prodotto che va seguito con la giusta e doverosa attenzione.
Ma è davvero così difficile da capire?
Come tutti i prodotti audiovisivi che ruotano attorno alla nozione di “viaggio nel tempo“, la serie si concentra su un numero limitato di protagonisti: quattro famiglie in una piccola cittadina tedesca si ritrovano a dover fare i conti con una serie di sparizioni misteriose. Quello che è un incipit da serie tv crime si rivela l’inizio di una storia che coinvolge più linee temporali e, successivamente, realtà parallele.
Sicuramente Dark è costruita con il fine ultimo di confondere lo spettatore: non solo i salti temporali, ma anche il montaggio lavorano in modo tale da rendere le rivelazione della trama nel modo più sconvolgente possibile. Già nella prima stagione le tre linee temporali rappresentano una vera e propria sfida per chi non è un appassionato di viaggi nel tempo. D’altro canto, però, la caratterizzazione della prima stagione permette in maniera abbastanza intuitiva di individuare i dettagli che ci posizionano rispettivamente nel 2019, 1986 o 1953: dalle acconciature al vestiario, dai dettagli scenici ai personaggi, tutto ci aiuta e riesce a collocarci nel tempo in una determinata scena o puntata.
La complessità delle linee temporali e dei collegamenti tra i protagonisti, poi, è crescente con il proseguire delle stagioni: la prima stagione è molto più facile da seguire della terza, ma questo fattore permette al pubblico di abituarsi a determinati meccanismi e ambientazioni riuscendo allo stesso tempo ad alzare in modo costante il livello di difficoltà. L’immersione dello spettatore in questo tipo di dinamiche è fondamentale per la riuscita della serie. Dark riesce a mantenere il precario equilibrio tra confondere e stupire lo spettatore senza fargli perdere il filo della trama.
Molte puntate sono costruite in maniera tale da ricapitolare spesso quanto appreso fino a quel momento tramite l’ausilio di monologhi extradiegetici che, in un certo senso, permettono di prendere respiro dalla trama in sè e soffermarsi sulle somiglianze e sui collegamenti tra i personaggi. Il casting, in più, è stato fatto con un’altissima attenzione alle somiglianze permettendo di individuare e riconoscere i personaggi nel tempo (di cui abbiamo fatto una classifica) grazie anche a questi fattori somatici.
Uno spettatore attento, infatti, non solo è in grado di notare questi dettagli, ma può persino anticipare alcuni colpi di scena basandosi principalmente sul proprio intuito.
In questo gli autori della serie sono stati bravi a construire con un ritmo serrato, ma non precipitoso i colpi di scena più importanti e meno “logici”: sarebbe stato assurdo rivelare il paradosso di Charlotte ed Elizabeth o la linea temporale di Eva prima del tempo e, anzi, avrebbe portato più domande che risposte. Queste rivelazioni, comunque, hanno sconvolto le “regole” interne di Dark già apprese dal pubblico, ma sono state costruite pian piano nelle singole puntate. Questi piccoli easter egg presenti nelle stagioni permettono, in più, alla serie di essere godibile anche in un rewatch.
Seguire stagione per stagione Dark è stata una modalità di fruizione sicuramente più difficile: guardando invece tutte e tre le stagioni ora che è conclusa (e ne abbiamo parlato qui) si risolvono molti problemi di comprensione anche per gli spettatori più sbadati.
Una serie di questo tipo, d’altronde, non è adatta come prodotto da consumare in concomitanza con altre attività, ma richiede la massima attenzione. Molto del suo successo deriva proprio da queste caratteristiche “ostiche” che vengono gestite con maestria e risultano godibili, anche se un po’ frustranti: il piacere maggiore deriva dalla possibilità di indovinare cosa succederà prima del tempo e questa caratteristica ha attratto un pubblico molto attivo che su Internet ha creato molteplici discussioni e teorie.
Dark oltre alle complessità di tipo fantascientifico presenta anche alcune tematiche di tipo filosofico ed etico: dalla questione della predestinazione ai dubbi sul libero arbitrio umano, dai paradossi ai richiami biblici, sin dal primo episodio lo spettatore viene guidato in un mondo complesso e in cui non esistono risposte facili.
Ogni azione, seppur minima e apparentemente insignificante, ha le sue conseguenze e come una valanga queste azioni si riversano sulla vita dei personaggi. Anche caratteristiche esistenti prima dell’inizio della serie trovano una risposta nell’arco delle puntate: ad esempio, la cicatrice che il personaggio di Helge ha sull’orecchio da anziano deriva da una serie di colpi inferti all’Helge bambino da Ulrich nel suo viaggio nel tempo. La scoperta di questo avvenimento è fondalmentale sia all’interno della trama sia per muovere emotivamente lo spettatore. Questi dettagli funzionano così bene anche e soprattutto perché rimangono coerenti nell’arco delle tre stagioni e questa qualità è fondamentale nella riuscita della serie.
L’obiettivo di Dark è stato dunque quello di attrarre un pubblico attento, appassionato e pronto a essere messo in difficoltà con sorprese e colpi di scena. Queste ambizioni hanno distinto la serie e l’hanno resa un fenomeno internazionale generando allo stesso tempo un pubblico molto più variegato che, di fronte a determinati meccanismi, si è trovato disabituato, confuso e in difficoltà.
Il problema di Dark non riguarda tanto la sua complessità, ma il bisogno un’attenzione superiore a quella richiesta da altri show altrettanto famosi: una serie che non tutti sono riusciti a portare a termine, ma che ha soddisfatto moltissime persone proprio per la sfida che ha rappresentato.