“Credevo di avere tempo”. Perché lo dicono tutti? Come puoi averlo se lui ti imprigiona”? – Dark
Nietsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero la ripetizione eterna di tutte le vicende del mondo, in Così parlo Zarathustra, soprattutto nel discorso intitolato “La visione e l’enigma”. Il filosofo narra di una passeggiata attraverso un faticoso sentiero di montagna, in cui un nano che prende “le cose alla leggera” segue Zarathustra fino a una porta carraia sulla quale è scritta la parola ‘attimo’. Questo scorcio, nell’opera ermetica e allegorica di Nietzsche, non è altro che il presente e l’eco impaziente della sua refrattarietà. Dinanzi agli occhi dei protagonisti del racconto, accanto all’attimo presente, si aprono due sentieri che, secondo il profeta, nessuno ha mai percorso. Il primo porta indietro, a scorgere il passato, e l’altro in avanti, verso il futuro. In questo istante, alla vista delle due tracce apparentemente parallele, Zarathustra espone un abbozzo dell’eterno ritorno: “Tutti, almeno una volta, dobbiamo ritornare in eterno”. Quelle due vie, futuro e passato, si incontreranno in un loop senza fine.
Nietzsche presuppone una visione ciclica del tempo in virtù di un rifiuto del pensiero cristiano moderno e di un percorso rettilineo in cui ogni attimo sembra un figlio che divora il padre. Per il pensatore tedesco tutto muore per tornare a fiorire, tutto crolla per essere di nuovo connesso alla ruota dell’esistenza che gira eternamente, senza pausa, senza il timore di tornare su sé stessa.
Questo crepa tra passato, presente e futuro viene ripresa in Dark, una serie in cui il tempo diviene al tempo stesso parte integrante della trama e spietato antagonista. All’interno della storia, la percezione del tempo rifiuta la concezione lineare come catena di momenti in cui ognuno ha senso solo in funzione degli altri, e guardando a Nietzsche, si sofferma su un tipo di nozione in cui non si riesce a definire bene cosa sia un inizio e cosa una fine. Nel cerchio infinito di Dark presente, passato e futuro non sono causa né conseguenza dell’altro ma solo l’eterna sanzione di una prigione che non riesce a liberarsi da sé stessa, e finisce per inglobare tutti. Così come per Zarathustra tutto va e tutto torna, in Dark non c’è modo di modificare una realtà in cui ogni cosa rimane uguale al suo rimando, proprio perché la linea temporale è costruita di attimi già vissuti e di date già tracciate. In Dark, Adam cerca in tutti i modi di alterare la percezione degli intervalli ma non riuscirà a vincere la ripugnanza soffocante del pensiero dell’eterno ritorno, finendo per viaggiare nel tempo come pellegrino errante attraverso mondi diversi e paralleli in cui si riconosce prima bambino e poi adulto, un Jonas dai mille volti. Un Jonas figlio e al tempo stresso padre del tempo.
Dark e il tempo come custode che ritorna anche in Harry Potter
Il leitmotiv di Dark è uguale alla sentenza pronunciata più volte all’interno della serie: il principio è la fine e la fine è il principio. Nella prigione deterministica della serie non ci sono vie d’uscita e, indirettamente, si accetta una dimensione in cui l’enunciazione metaforica di un centro ricurvo riflette le infinite combinazioni del mondo: Ad esempio, In Dark, Elisabeth è contemporaneamente madre e figlia di Charlotte. A questo modo di agire come se tutto dovesse ritornare si collega anche una parte del prigioniero di Azkaban, terzo volume dedicato al mago più famoso del mondo, Harry Potter. Nel libro, come nel film, Hermione riesce, incredibilmente, a frequentare più lezioni nello stesso momento e nella stessa classe, lasciando di stucco i suoi migliori amici, Ron e Harry. Se l’incredulità dei suoi compagni incarna anche la nostra, Nell’ultimo atto del Prigioniero di Azkaban il mistero è svelato e così scopriamo che Hermione ha alterato il tempo attraverso la giratempo, un oggetto donatole dalla professoressa McGranitt per permetterle di seguire più lezioni contemporaneamente rispetto a quelle che lo scorrere normale del tempo le consentisse. Così come succede in Dark, il passato torna a ruggire nella scuola di Hogwarts per mostrare una catena di eventi già vissuti.
Il congegno, usato per tornare indietro nel tempo, si rivela utile per salvare Fierobecco da morte certa e Sirius Black dal bacio del Dissennatore. È Silente( colui che spesso farà risorgere il passato attraverso il pensatoio ) a suggerirne l’utilizzo per deviare un percorso e un passato in cui ci sono state troppe vittime innocenti. Grazie a questo strumento, Harry del presente rivede sé stesso mentre invoca per la prima volta l’Incanto Patronus, nell’istante in cui combatte contro le meschine guardie di Azkaban e libera il suo affidabile padrino. La Giratempo viene poi consegnata al Ministero della Magia per volontà di Hermione perché, come suggerisce ella stessa alla fine del libro, quello strumento la stava facendo impazzire. È questo che succede a chi ‘gioca’ con il corso ordinario degli eventi: finisce per sgretolarsi, come Jonas in Dark, perso tra i mille rintocchi di un orologio mai fermo.
“Le conseguenze delle nostre azioni sono sempre così complicate, così mutevoli, che predire il futuro è davvero molto difficile” – Albus Silente
In Dark e Harry Potter, quindi, il tempo gioca il ruolo di assoluto protagonista e diventa molto più importante di un semplice schema a cui prestare attenzione ma, mentre nel secondo caso l’esito del suo stravolgimento ha un effetto per lo più positivo, in Dark, la rottura dell’equilibrio da parte di Thannhaus ha una duplice conseguenza, una molto amara. Jonas e Martha, per impedire la morte del figlio dell’anziano orologiaio, finiscono fuori dal ciclo temporale del mondo originale e spariscono in una sorta di vuoto senza destinazione. La salvezza del bambino, come se si concretizzasse soltanto dopo un’espiazione dei dolori, vuole il sacrifico proprio di chi ha alterato il tempo nel corso delle tre stagioni di Dark.
L’ultima scena, ricascando di nuovo nell’eterno ritorno, presuppone ancora un nuovo inizio: Hannah è incinta e dice di voler chiamare il proprio figlio Jonas mentre un eterno deja-vu irrompe nei pensieri come un flusso mai spento. Nietzsche avrebbe chiesto: vuoi tu questo ancora una volta e innumerevoli volte? Hermione avrebbe risposto di sì senza esitazione, a patto che nessuno incontri la sua versione passata o futura. Jonas avrebbe detto di no, perché essere schiavi del tempo porta solo alla crudele illusione di poterlo cambiare, mentre lui, cieco e crudele burattinaio, gioca con le sue marionette, anime in pena. Il tempo è un suggello che pesa come un macigno, forse il più grande macigno.
“La vita non è cento volte troppo corta per annoiarsi?”- Nietzsche