Jonas Kahnwald non sarebbe dovuto esistere. Forse è proprio in questa spietata affermazione che si cela l’essenza del protagonista di Dark. Un ragazzo in bilico tra l’essere e il non essere, tra il bene e il male e, soprattutto, tra la vita e la morte. Come ci si sente a essere un errore? Cosa si prova a scoprire di essere proprio una delle principali cause della mostruosa danza temporale che sconvolge le vite degli abitanti di Winden? A metà tra il senso di smarrimento e paura generato da queste domande e il coraggio con cui il ragazzo crea le sue risposte, si trova tutto il complicato fascino di questo personaggio. Eppure, per capire pienamente Jonas è necessario fare un passo indietro, a ritroso di tre stagioni. Perché all’inizio -se di inizio si può parlare riferendosi a Dark – lui sembrava (e pensava di essere) un ragazzo qualsiasi.
L’inconsapevolezza è il tratto distintivo del Jonas della prima stagione (interpretato da Louis Hofmann, qui tutto quello che c’è da sapere sull’attore). Quando lo vediamo, con il caratteristico impermeabile giallo, avventurarsi con gli amici nei pressi della caverna dove è nascosta la scorta segreta di droga di Erik, Jonas appare come un ragazzo assolutamente normale. Certo, dopo il suicidio del padre, la vita per lui non è stata facile. La depressione lo ha costretto a un periodo di terapia e al suo ritorno ha scoperto che il suo caro amico Bartosz si era fidanzato con Martha, la ragazza di cui lui era innamorato da tempo. Però si trattava di problemi usuali, quegli ostacoli che a volte la vita pone malvagia sul cammino di una persona. Jonas non aveva idea che il suo senso di disagio, l’impressione di sentirsi fuori posto, derivasse in realtà da qualcosa di più grande.
Con la sparizione di Mikkel, Jonas vede scatenarsi una girandola di eventi senza cogliere l’importanza e la pericolosità del proprio ruolo. Eppure, il bambino scompare proprio dopo aver lasciato la mano di Jonas: sembra un dettaglio insignificante, in quel momento, ma può essere interpretato come una metafora della storia intera. Tutto sfugge dalle mani di Jonas.
Quando il protagonista di Dark trova la mappa della caverna e cerca di capire come trovare Mikkel, comincia (o continua) un viaggio da cui non potrà più tornare indietro.
Il primo passo verso la consapevolezza è l’assurda scoperta che Mikkel e Michael, il padre morto suicida di Jonas, sono in realtà la stessa persona. Il trauma emotivo provato da Jonas è inimmaginabile. Provate anche solo a pensare: come vi sentireste scoprendo che un bambino a cui siete molto legati è in realtà vostro padre? Il mondo di Jonas è ormai irrimediabilmente sconvolto e il ragazzo deve trovare la forza di districarsi tra dubbi, paradossi e linee temporali. Dopo aver incontrato lo Straniero (o meglio, il sé stesso del futuro) Jonas sperimenta in prima persona il viaggio nel tempo. Dal 2019 finisce dritto dritto nel 1986. Ed è qui che Jonas compie la prima rilevante scelta.
Trovato Mikkel in un ospedale, il protagonista di Dark lo vorrebbe riportare nel 2019, ma grazie allo Straniero (qui trovate 7 curiosità sull’attore che lo interpreta) si rende conto che così Mikkel non incontrerebbe mai Hannah, non la sposerebbe e Jonas stesso non potrebbe nascere. Così, a malincuore, il ragazzo decide di lasciare il piccolo amico nel passato e ritorna da solo nel presente. Questa decisione però ha un peso non irrilevante, visto il collegamento tra l’esistenza di Jonas e il ciclo temporale. In quel momento, tuttavia, il ragazzo non si pone nemmeno il problema, anche se inizierà a farsi delle domande in merito quando sarà costretto a guardarsi allo specchio e scorgere un riflesso sgradito.
Seconda stagione, Jonas è finito nel 1921. Vorrebbe tornare nella sua epoca, ma raggiungendo la caverna scopre che il passaggio non è stato ancora ultimato. Il giovane Noah gli rivela che serviranno altri 32 anni per il completamento, poi lo conduce in una chiesa dove si trova il Noah adulto. Quest’ultimo conduce Jonas da Adam, un uomo dall’aspetto ripugnante che avvisa il ragazzo dell’imminente inizio dell’ultimo ciclo. Dal canto suo, Jonas vorrebbe porre fine a tutto quanto prima di restare intrappolato nell’ennesimo giro e non si trova particolarmente a suo agio in presenza di… se stesso. Perché Adam non è altro che una sua versione futura.
E uno degli elementi migliori di Dark è proprio questo: mostrare come nel futuro di ognuno possa esserci una versione di se stessi migliore, così come una peggiore.
Fino a quel momento Jonas era apparso come il buono di turno, colui che forse avrebbe salvato tutti. Adam, invece, dà subito l’impressione di essere un personaggio negativo. Qualcuno di subdolo e malvagio che punta al proprio tornaconto. E Jonas è costretto a fidarsi di lui, non vede altro modo per cercare di risolvere la situazione: Adam gli rivela che per fermare i cicli temporali è necessario impedire il suicidio di Michael, di modo che tutto quello che è accaduto in seguito non accada, nascita di Jonas compresa. Ma il piano non va a buon fine e Jonas capisce che bisogna cercare un modo per fermare Adam. La versione futura di Jonas, però, riesce a complicare ancora di più l’esistenza del se stesso giovane, uccidendo Martha proprio davanti ai suoi occhi. Lo scopo? Generare in Jonas tutto il dolore che lo avrebbe poi portato a diventare Adam.
Lo sgomento di Jonas davanti alla morte dell’amata ci permette di vedere ancora per qualche momento il ragazzo normale di inizio serie, un ragazzo che al di là dei cicli temporali è umano. E iniziamo a chiederci cosa abbia fatto di male per meritarsi ciò, perché debba patire tali pene, per quale motivo non si riesca a fermare tutto senza creare altra sofferenza al personaggio che, ci accorgiamo, non abbiamo mai visto sorridere.
Ma Joans lo meriterebbe, in fin dei conti, un happy ending? Nella terza stagione noi e Jonas stesso scopriamo che la questione non riguarda né un lieto fine, né un finale tragico. Perché Jonas nemmeno sarebbe dovuto esistere! L’unico modo per rendere lineare la vita di tutti gli altri è dato proprio dalla sua morte, dalla sua non esistenza. Lo scenario si allarga, entra in gioco addirittura un altro mondo, sembra tutto così grande e Jonas così piccolo a confronto. Eppure, lui è il cuore di tutto. Così come Martha, inconsapevole complice del disastro dei cicli temporali. La soluzione è soltanto una. Andare a monte e cancellare la loro esistenza, un destino che i due personaggi accolgono con coraggio.
Quando nell’ultimo episodio vediamo Jonas e Martha che si dissolvono, così come tutte le loro versioni delle varie linee temporali, proviamo un senso di disagio.
Non sono né vivi, né morti. Semplicemente non esistono più. E non esisteranno più. O forse sì? Non c’è soluzione all’enigma, perché Jonas è un gatto di Schrödinger. Nell’ultima scena vediamo Hannah a cena con gli altri personaggi adulti. La donna è incinta. Il suo sguardo cade su un impermeabile giallo. Non è di Jonas, perché Jonas non esiste. Ma… le chiedono come chiamerà suo figlio. E come se l’idea provenisse da un mondo lontano, da un passato che non esiste più, Hanna risponde: Jonas.
Ma sarà proprio il nostro Jonas? O un’altra persona con lo stesso nome? Entrambe le opzioni potrebbero rivelarsi corrette… finché non apriamo la scatola.
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