Secondo Rotten Tomateos, Dark è addirittura la serie tv Netflix più bella in assoluto (ve ne abbiamo parlato qui).
Primato o meno, non è un mistero che Dark sia proprio una delle serie tv più riuscite degli ultimi anni: è una storia avvincente, dai ritmi serrati, che è stata portata sullo schermo con grande maestria sia per quanto riguarda lo sviluppo della trama che per altri fattori non meno importanti quali la fotografia e la colonna sonora. Dopo due stagioni di alto livello, la serie tv tedesca si avvia verso la sua conclusione perché è in arrivo il terzo e ultimo capitolo.
Quel che ci si chiede è: Dark si manterrà sugli standard (elevati) delle prime due stagioni oppure c’è il rischio che tutto quanto finisca in caciara? Cerchiamo di analizzare la fonte di questi dubbi e ipotizzare quello che potrebbe succedere.
Noi siamo convinti che il tempo sia qualcosa di lineare. In realtà, la distinzione tra passato, presente e futuro non è niente altro che un’illusione. Ieri, oggi e domani non sono momenti che si susseguono, ma sono uniti in un circolo senza fine. Ogni cosa è collegata.
La tematica del tempo è, senza dubbio, la principale tematica di Dark. A introdurla è lo scienziato Tannhaus proprio nella primissima stagione. Si tratta di un tempo ben più complicato rispetto a quello a cui pensiamo comunemente e l’atmosfera tetra e inquietante che ci accompagna fin dai primi minuti dello show ne sottolinea l’estraneità. Non è il semplice tempo scandito dall’orologio, ma qualcosa di più, qualcosa che oltrepassa i confini della realtà per sfociare nello sci-fi. Sì, perché non si può dire che Dark sia una serie tv realistica, quello che accade è, fondamentalmente, impossibile. L’abilità di Dark però risiede nel fatto di rendere questo impossibile verosimile e credibile. Sembra un paradosso, ma tutto ciò che nella serie è al di fuori della concreta realtà assume ugualmente dei contorni che ci sembra di poter afferrare. Sci-fi e realismo si conciliano, sono bilanciati e proprio in questo bilanciamento troviamo la potenza della serie.
Questo è vero per quanto riguarda la prima stagione e gran parte della seconda (a proposito, qui trovate la spiegazione, un ripasso in vista della terza non fa di certo male). Inizialmente assistiamo a delle scomparse, in primis quella del piccolo Mikkel, che trovano una spiegazione diversa da quel che ci si sarebbe potuti aspettare all’inizio: la gente in questione non è semplicemente sparita, ma è passata in un’altra linea temporale. Veniamo così a conoscenza, piano piano, della questione del loop, un circolo in cui si susseguono tempi paralleli che esistono in completa dipendenza l’uno dall’altro.
In Dark, tuttavia, anche questi elementi di irrealtà seguono regole ben precise, quasi scientifiche, che danno un aspetto “reale” a ogni evento apparentemente fantascientifico.
Qualcosa però è cambiato nel finale della seconda stagione, ed è proprio questo cambiamento che genera una serie di dubbi e ipotesi su quel che potrebbe accadere nel capitolo conclusivo. Fino al settimo episodio della seconda stagione è stato un susseguirsi di dove e quando, ma il finale della scorsa stagione stravolge tutto introducendo un nuovo estremo da tenere in considerazione: quale mondo? L’impossibilità di distruggere il loop temporale all’interno della stessa linea di tempo porta a una soluzione esterna, ossia quella di una dimensione alternativa, un altro nuovo mondo.
In un certo senso, si spezza il gioco iniziale che intrecciava solo linee temporali ma una stessa dimensione, un mondo unico e che teneva in piedi la nostra sospensione dell’incredulità facendoci aggrappare alle regole ben precise con cui tutto era governato. Ma l’introduzione di un nuovo universo, un elemento ben diverso da quelli cardine delle prime due stagioni, cosa comporta? Il bilanciamento tra sci-fi e realismo che abbiamo elogiato a inizio articolo subisce un forte scossone, l’ago inizia a pendere verso lo sci-fi, ma non solo, rischia di posarsi su qualcosa ancor più al di là: il fantasy.
Questo cambiamento è personificato dall’arrivo di una Martha alternativa, una Martha che a colpo d’occhio ci fa capire che i giochi sono cambiati: a permetterle di arrivare dal suo mondo al nostro è stato uno strano oggetto, una sfera che, per quanto ne sappiamo, potrebbe addirittura essere magica. E come potrebbe essere questo fantomatico mondo da cui proviene? Se appartiene a un’altra dimensione, quindi non la nostra, potrebbe essere regolato da forze ancor più sovrannaturali? La magia più che la fantascienza potrebbe essere il suo fulcro principale?
Ci si auspica di no. Ci si auspica che anche il nuovo mondo possa restare in perfetto equilibrio tra realismo e sci-fi, senza cadere nel fantasy.
Questo non perché si sta denigrando il genere fantastico, ma perché in una serie come Dark qualcosa di simile sarebbe fuori luogo. Si rischierebbe di rovinare tutto il gioco: fino alla fine della seconda stagione lo spettature ha avuto il potere di comprendere gli elementi fantascientifici grazie alla logica. Entrare in territorio fantasy e magico impedirebbe al pubblico di fare ipotesi e cercare di ricostruire questo inquietante puzzle, proprio ciò che tiene lo spettatore incollato allo schermo.
Eppure, fino a ora Dark non ci ha mai deluso.
Se ci pensiamo, il caos ci ha accompagnati anche nel primo finale di stagione, per poi dipanarsi nella seconda (e arricchirsi, però, di nuovi dubbi e domande). Il livello si è mantenuto alto tutto il tempo e questo induce a una sorta di fiducia per quanto riguarda la terza stagione. Così come abbiamo fatto una sorta di salto nel vuoto la prima volta, atterrando poi su un terreno altrettanto valido, possiamo cercare di rilassarci e saltare anche in questo caso: saranno episodi ricchi di adrenalina che ci porteranno (forse) alla comprensione di tutto quanto.