Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Dark
“Il caso non esiste. Ogni percorso è predeterminato. Tutto accade quando deve accadere, nel momento giusto, nel luogo giusto. Come se il tappeto del mondo fosse un intreccio di fili infiniti, ognuno al suo posto. Ma pochi di noi sanno dove conduce il proprio viaggio”.
Pensiamo a una linea circolare priva di un punto di inizio e di fine, dimentichiamoci la filosofia alla base delle religioni occidentali per cui esiste la creazione e la fine dei tempi, e abbandoniamoci all’idea di vivere in un ciclo che si ripete infinite volte, in un loop temporale dove l’uomo è, esso stesso, schiavo del suo destino e della propria tragedia. È questo il progetto di fondo di Dark, una delle serie Netflix più intricate e ben scritte degli ultimi tempi, che strizza l’occhio alle teorie scientifiche e alla filosofia tedesca. C’è la teoria della relatività di Albert Einstein, secondo cui la distinzione tra passato, presente e futuro è “illusione ostinatamente persistente“. E c’è anche un rimando all’eterno ritorno di Nietzsche, per cui il tempo non è che la ripetizione infinita degli stessi eventi. Ma non solo. La teoria del ponte di Einstein-Rosen, elaborata nel 1935 dai due fisici, viene abilmente utilizzata in Dark per giustificare i viaggi nelle diverse epoche grazie ai wormhole, i buchi di materia e luce che permettono di oltrepassare lo spazio-tempo fino a un’altra dimensione temporale. Un concetto tanto affascinante quanto, per ora, teorico e fantascientifico. Ma che in Dark è funzionale sia per i viaggi temporali, sia per sdoganare il principio lineare causa effetto e affermare nuovamente la circolarità del tempo. Ciò che accade nel futuro, dunque, determina ciò che avviene nel passato e viceversa, in una ripetizione incessante e senza tregua. Ma più in generale, come vediamo nella terza stagione, anche un universo può influenzare o essere influenzato da altri universi, generando lo stesso loop infinito.
La possibilità di viaggiare nel tempo per modificare gli eventi del passato e dare un esito diverso al futuro, in Dark, non è possibile.
Perché il viaggio, nel tentativo di modificare il passato, diventa causa scatenante del corso degli eventi futuri che avranno come conseguenza il viaggio stesso. Un paradosso, appunto. Così, la citazione – iniziale – di Noah diventa sinonimo dell’impossibilità umana. Un’impossibilità di scelta. Dove tutto è stabilito e dove sciogliere gli intricati nodi, vuol dire fallimento. Tutto segue un ordine prestabilito e tutto è al suo posto, secondo un ordine più alto. Perché “così fu creato il mondo” – Sic Mundus Creatus Est.
Hanno Tauber. Classe 1904. Figlio di Bartosz e Silja e devoto servitore di Adam, il leader indiscusso di Sic Mundus, la setta segreta che opera nella cittadina di Winden dal 1921. Ribattezzato con il nome di Noah dallo stesso Adam, Hanno è uno dei personaggi più ambigui e spiazzanti della serie Netflix. Un nome, quello di Noah, la cui attribuzione non è fortuita, bensì voluta e legata simbolicamente al personaggio biblico di Noè e alla sua funzione di traghettatore dell’umanità. Come Noè viene incaricato da Dio di costruire l’arca e salvare l’uomo dal diluvio universale, Noah si fa portavoce del piano del suo leader di creare un nuovo mondo al di fuori del vincolo temporale, diventando egli stesso il traghettatore che conduce l’umanità verso la salvezza paradisiaca. Per compiere la profezia di Adam ed uscire dalla sofferenza che affligge Winden e i suoi abitanti, è necessario permettere e controllare i viaggi temporali. Questo il motivo per cui vediamo, nelle diverse epoche, il Noah adulto testare la macchina del tempo nel bunker, e il Noah giovane scavare nelle grotte di Winden per creare il tunnel spazio-temporale. In questo modo, secondo Adam, sarebbe possibile impedire un evento chiave – la nascita di suo figlio, considerato l’origine del male – e dare il via all’ultimo ciclo temporale che aprirebbe le porte alla dimensione a-temporale. Tuttavia, sappiamo che i tentativi di Adam e del suo fedelissimo Noah sono destinati a fallire continuamente e inconsapevolmente a causa dell’intervento dei viaggiatori di Erit Lux capeggiati da Eva che, dall’universo opposto, ne impediscono la fattibilità. Generando, appunto, quel loop infinito per cui passato, presente, futuro si influenzano reciprocamente, così come gli stessi due universi paralleli.
“È vero senza menzogna, certo e verissimo, che ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che in alto è come ciò che è in basso per fare il miracolo della cosa unica. […] Sic mundus creatus est.” La Tavola di Smeraldo
Questa frase venne incisa realmente su una lastra di smeraldo in Egitto prima dell’avvento del cristianesimo. Secondo alcuni studiosi, il testo è da attribuire ad Ermete Trismegisto e racchiude tutti i segreti dell’universo. Un testo che si lega alla corrente dell’ermetismo per cui gli avvenimenti che si producono ai livelli più alti del cosmo, influenzano anche quelli ai livelli micro, e viceversa. Una filosofia coerente con gli eventi narrati dalla serie e impersonificata da Noah stesso. Il tatuaggio sulla sua schiena, che rappresenta il ritratto della tavola di smeraldo, ne è la massima espressione. Il simbolo, quindi, dell’interconnessione degli eventi e della loro vicendevole influenza.
Noah non è solo vittima del tempo e del destino, come del resto tutti gli altri personaggi. Ma è anche schiavo del suo stesso mentore e capo Adam.
Accecato dalla promessa di salvezza e profondamente fedele al Sic Mundus, non è altro che una pedina, manovrata e manipolata, all’interno di uno scacchiere in cui si gioca una battaglia senza fine.
Ricordiamolo, anche Noah sta giocando la sua battaglia individuale: salvare sua figlia. Seguire pedissequamente gli ordini di Adam, vuol dire arrivare a Claudia Tiedemann, considerata la responsabile del rapimento della figlia. Dopo aver ucciso suo padre nel 1921, il giovane Noah viaggia fino al 2020 e sopravvive all’Apocalisse del 27 giugno 2020. Qui, conosce Elisabeth Doppler con cui concepirà Charlotte. Nel 2041, la neonata viene rapita e portata indietro nel tempo. Nel tentativo di scoprire cosa sia accaduto, il Noah adulto viaggia fino al 1920 per unirsi a Sic Mundus, dove incontra se stesso da giovane e Adam. Quest’ultimo, gli indica la via da percorrere per interrompere il ciclo e salvare la sua piccola.
Noah è, quindi, destinato a perpetrare il male per realizzare il bene, un dualismo che fa parte del sua stessa essenza. Una condizione necessaria che giustifica, quindi, anche i terribili crimini di cui si macchia, come il rapimento dei bambini per testare la macchina del tempo o l’uccisione di suo padre Bartosz. Uno stato di dannazione perenne, tanto quanto quello della figura mitologica di Caronte, il traghettatore degli inferi, condannato per l’eternità a condurre le anime nell’oltretomba. È proprio Noah, infatti, a presentarsi inizialmente come l’Anticristo. E il suo abito da prete non fa altro che alimentare l’alone di mistero che lo circonda, a generare ambivalenza tra ciò che appare e ciò che realmente è. In un eterno conflitto tra bene e male, tra realtà e religione, tra possibilità e l’impossibilità. L’impalcatura, del resto, su cui si fondano le tre stagioni di Dark.
“I pionieri perseguono il loro cammino, nonostante le avversità. Credono quando nessuno è disposto a farlo”. Noah – seconda stagione
E se nella prima stagione gli autori lo presentano come il villain, il pastore religioso che rapisce i bambini, che manipola suo padre Bartosz e al culto di Sic Mundus, e che influenza Jonas per dare inizio all’ultimo ciclo, il personaggio di Noah subisce un’evoluzione inaspettata sul finale.
Il concetto Nietzschiano dell’eterno ritorno e della morte di Dio, alla base di Dark, risuona ancora più forte con l’epilogo di Noah.
La fiducia massima verso Adam e, quindi, la fede assoluta in Dio, si spezza inesorabilmente quando Noah incontra Claudia e legge il suo diario. Le ultime pagine del diario, infatti, riportano che Adam sta mentendo e che Noah non è altro che uno strumento nelle sue mani. Che Charlotte, sua figlia, è stata inviata nel passato per rispettare il piano di Adam. Da qui, la perdita di ogni valore e certezza, la messa in dubbio dell’assoluto, ma anche e nuovamente, l’impossibilità del libero arbitrio e della morale, nel pieno trionfo del nichilismo e dell’eterno ritorno.
Un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole”. Schopenhauer – Terza stagione
La fine di Noah è – paradossalmente – l’unione e il disfacimento del dualismo che egli rappresenta. Nel tentativo amorevole di salvare sua figlia, Noah integra la sua natura benigna e quella maligna, l’amore e l’odio, l’essenza e l’apparenza, il libero arbitrio e il determinismo. Unisce, perciò, le varie sfumature della sua indole. Eppure, nel tentativo di fronteggiare Sic Mundus – dopo la menzogna – viene ucciso da sua sorella Agnes su ordine di Adam. Perché è così che deve andare. Dunque, quella natura sfaccettata, complessa e fallibile – di Noah e dell’intero genere umano – viene nuovamente piegata alle logiche del tempo, del destino, del determinismo. In un loop infinito e senza fine. Sic Mundus Creatus Est.