Daybreak – dieci veloci puntate che si guardano in fretta col sorriso sulle labbra – è uscito su Netflix il 24 ottobre e sta già facendo molto parlare di sé.
In un giorno come tanti, a Glendale in California, scoppia quella che sembra a tutti gli effetti una bomba atomica. Tutti coloro che hanno più di diciott’anni muoiono all’istante o si trasformano nei Ghoulies, che non sono dei veri e propri zombie, ma ci assomigliano molto. Vagano senza meta ripetendo l’ultima cosa a cui avevano pensato: quindi c’è chi ripete ossessivamente di dover comprare degli yoga pants perché sono in sconto, o chi vuole cancellare il proprio profilo di Facebook.
Si nutrono del corpo e del sangue dei vivi e se ti mordono sei spacciato.
I sopravvissuti, tutti liceali, si sono suddivisi in cani sciolti o in tribù, proprio come succede al liceo: ci sono gli atleti, i nerd, le cheerleader e tutti questi gruppi sono in lotta tra di loro per la supremazia.
In questo scenario apocalittico, Josh, il classico sfigato preso di mira dai bulli, cerca l’adorata fidanzata Sam per ricongiungersi con lei. Nell’impresa viene aiutato da una bambina, Angelica, a cui ha fatto da baby-sitter e Wesley, che un tempo era stato un bullo e ora si è reinventato in una specie di samurai gay che cerca di espiare le proprie colpe.
Con uno stile fresco e innovativo, Daybreak tratta un tema piuttosto comune, quello dell’apocalisse zombie, in chiave teen e lo fa davvero bene.
Spesso i protagonisti si rivolgono direttamente in camera, al pubblico che li sta guardando, altre volte interagiscono con la voce narrante, altre ancora vengono usate tecniche di commistione, come il fumetto. Non solo, Daybreak fa leva anche sull’immaginario collettivo di una generazione che parla di Fortnite, Beyoncé, Nicki Minaj e social media vari. Lo fa in modo intelligente, prendendo in giro anche i generi a cui fa riferimento, come il mondo post-apocalittico o quello più classico delle serie tv per adolescenti.
Approcciarsi a Daybreak con la velleità di trovare un dramma distopico sarebbe un grave errore e il modo più semplice per non apprezzarla. È un prodotto leggero e divertente che prende in giro tutti, a partire proprio da se stesso: non c’è nulla di drammatico, nonostante l’ambientazione, la premessa e lo svilupparsi delle vicende.
Contrariamente a quello che spesso accade nelle serie tv destinate unicamente a un pubblico di giovani, il cast in questo caso è di tutto rispetto: a partire dal protagonista, Josh, interpretato da Colin Ford che, molti di noi ricordano, purtroppo, in Under the Dome. Bravissimi anche l’attore che interpreta Wesley, Austin Crute e la piccola Alyvia Alyn Lind che, a soli 12 anni, riesce a essere credibile nei panni della piromane Angelica che vuole diventare una capo clan mafiosa.
Una curiosità: nei panni del preside del liceo di Glendale c’è Matthew Broderick che, oltre a essere sposato con Sarah Jessica Parker, ha anche una carriera di tutto rispetto. Per citare solo alcuni dei film sul suo curriculum, Godzilla, Ladyhawke e il recente Manchester by the Sea.
Strizzando l’occhio al più classico dei gore, con un tono sempre leggero (con una scena che renderà felici i fan dei Backstreet Boys e dei gruppi k-pop), Daybreak parla un linguaggio semplice, immediato, contemporaneo, che indulge nella cultura pop senza diventare stucchevole. È attuale, basti pensare che una dei personaggi usa il Dothraki come un linguaggio in codice.
Daybreak è anche un omaggio a Mad Max, The Walking Dead e Zombieland. Soprattutto da quest’ultimo trae una grande ispirazione per la leggerezza con cui tratta l’argomento.
Non è esente da pecche, certo, ma è uno dei prodotti migliori uscite su Netflix in questo periodo.
Daybreak non ha grandi aspirazioni se non quella di divertire. Forse, anche per questo è molto meglio di molti altri prodotti destinati a un pubblico di adolescenti che, forse, tendono a prendersi troppo sul serio.