Derry Girls, ah che serie straordinaria! Forse – e mi prendo tutte le responsabilità nel dirlo – è tra i migliori gioiellini seriali di questi ultimi anni. Una comedy degna di questo nome, una scrittura tremendamente esilarante e un umorismo brillante, scoppiettante, alle volte estremamente irriverente e proprio per questo geniale.
Nata dalla penna cruda di Lisa McGee, capace di rappresentare con estrema precisone, bravura e tanto umorismo nero le vicende dell’Irlanda del Nord degli anni ’90, è rimasta nascosta per troppo tempo. Qualche anno fa è riuscita a trovare un po’ di luce grazie al suo approdo sulla famosa piattaforma di streaming Netflix, ma neppure lontanamente quanta ne meritasse. Cosa può esserci di così tanto interessante e soprattutto divertente in una serie ambientata negli anni ’90 che parla di vita adolescenziale durante i Troubles (il conflitto nordirlandese) e che segue le vicende di un gruppo comunissimo di ragazzi? Più di quanto si potrebbe immaginare in realtà (qui quando la guerra non è l’unico problema).
Per chi non avesse avuto la fortuna di immergersi nelle normalissime e allo stesso tempo stranissime vicende di Derry Girls, la serie parla di Erin, Orla, Claire, Michelle e James, cinque personaggi che vivono la monotonia di una città di provincia che – per chi non lo sapesse – potrebbe essere l’ennesima località anonima sulla verdeggiante cartina dell’Irlanda, ma che in realtà è assai più importante di quanto il gruppo gliene dia credito. Sì, perché Derry era il centro nevralgico delle proteste del conflitto etico-nazionalista in corso, un conflitto durato dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’90.
Nonostante la questione tragica che fa da sfondo e contorno a questa comedy, Derry Girls è riuscita comunque a staccarsi dal tema impegnativo e a rappresentare con estrema accuratezza la realtà adolescenziale in un modo anche macchiettistico talvolta, ma senza mai cadere nella banalità. Sarà stato merito sicuramente di un cast ben scelto e di una scrittura eccellente, risultato ottenuto probabilmente grazie alla matrice biografica da cui deriva visto che l’autrice era un’adolescente a Derry durante i conflitti, cosa che ha saputo rendere magistralmente e in modo assolutamente veritiero attraverso la sconvolgente monotonia della vita adolescenziale in provincia anche quando di monotono c’era davvero poco.
Tuttavia, soffermiamoci su questo aspetto provinciale di Derry Girls e su quanto effettivamente sia facile identificarsi e rivedersi nei suoi personaggi, nei suoi luoghi e nei suoi stereotipi. La provincia come contesto può essere interessante, ma non per un gruppo di adolescenti perennemente annoiati dal vivere stesso. Per loro, sempre proiettati avanti, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di stimolante, di entusiasmante potrebbe risultare un po’ povera, soffocante, opprimente, monotona, carente di novità e – diciamocelo – anche di facce nuove.
Il nostro gruppo di ragazzi è così annoiato che addirittura i bombardamenti e gli attentati della guerra passano in secondo piano collocandosi sullo sfondo e diventando abitudine. Praticamente non sono un motivo abbastanza valido per mettere in pausa le proprie vite. C’è, invece, il desiderio di lasciarsi alle spalle la realtà del loro quotidiano, di rendere importanti ed entusiasmanti quei momenti, il che è un po’ il desiderio di qualunque adolescente, soprattutto quando sei confinato ai margini e ti sembra di non trovare una via d’uscita.
La serie si apre con una frase letta da Orla e scritta da Erin, frase che ci dice che a Derry non succede mai niente. Falso, ripetere le motivazioni storiche – a questo punto – sarebbe anche stupido, ma agli occhi di un gruppo di ragazzi che conosce solo questo da quando è nato, c’è quella voglia di evadere che è comune in chi vive in provincia. Inoltre, l’intera comunità rappresentata in Derry Girl rimanda a degli stereotipi che tuttora si possono trovare in situazioni tipicamente provinciali.
Banalmente tutti i ragazzi frequentano la stessa scuola, una scuola che è il fulcro delle relazioni interpersonali dei personaggi che si conoscono da sempre. La novità più esaltante, anche se solo per un istante, è l’arrivo di James, il cugino di Michelle, l’elemento nuovo che diventa subito poco interessante nel momento stesso in cui viene fuori che James è inglese e comincia a parlare mostrando il suo accento. Stessa identica cosa accade nelle rispettive famiglie, le quali – a loro volta – ricoprono degli stereotipi riconoscibili e facilmente identificabili anche dallo spettatore meno esperto. È proprio quello stile di vita quasi di paese, nonostante Derry non sia poi una città di provincia così insignificante e piccola come il termine ‘provinciale’ potrebbe far pensare, a rendere così facile ritrovarsi in questa serie se si è nati in provincia.
La rumorosa e imponente comicità accentua questo elemento; se pensiamo alla loro cerchia di amicizie, ai rispettivi nuclei familiari e al fatto che tra loro siano tutti collegati, o ancora all’unico locale di fish & chips dal quale le ragazze si fanno bandire. È tutto così familiare, è tutto così estremamente credibile che ricorda luoghi e persone comuni che abbiamo incontrato davvero nella nostra vita. Ciò che per prima cosa mi ha colpito di questa serie, dopo l’esilarante comicità, è la veridicità di ciascun personaggio. Tutti noi abbiamo incontrato almeno una volta nella vita Michelle, James, Erin, Orla e Claire. Tutti noi abbiamo incontrato almeno una volta nella vita un personaggio come la mamma di Erin o quella di Michelle o addirittura quella eccentrica, ma spassosa di Orla. Probabilmente, se non riuscite a riconoscete qualcuno in un personaggio, c’è una buona possibilità che quel qualcuno siate voi.
Derry Girls funziona perché sa di casa, nonostante non c’entri nulla con la realtà italiana… fatta eccezione per la questione del fanatismo religioso (si scherza). Se vi siete persi questo straordinario prodotto, vi consigliamo di recuperare al più presto. A maggior ragione se siete nati in provincia.