Nel panorama contemporaneo risulta sempre più difficile scrivere una sitcom che faccia davvero ridere i suoi spettatori: la competizione è ferrea, ma Derry Girls ha saputo sbaragliare tutti con un mix irresistibile di goffaggine, assurdità e adolescenza (anche se sembra nascondersi fin troppo bene nel catalogo Netflix).
Il segreto di Derry Girls? L’originale narrazione del conflitto nordirlandese.
Conosciuta dai più come The Troubles, la serie è ambientata durante gli anni Novanta nella cittadina di Derry, centro nevralgico dei conflitti tra protestanti e cattolici. Una guerra a bassa intensità che è durata oltre trent’anni e le cui motivazioni etno-nazionalistiche hanno spesso inasprito gli scontri. Come può uno sfondo così serio e tragico – con oltre 3500 morti – non contrastare con i meccanismi tipici delle sitcom adolescenziali?
Prima di tutto, Derry Girls parla sì delle difficoltà e delle paure di un territorio sempre teso e sempre pronto a rappresaglie, ma racconta il tutto dal punto di vista di un gruppo di adolescenti capaci allo stesso tempo di capire la gravità della situazione e continuare a vivere con urgenza tutti i problemi della propria vita quotidiana.
Erin assieme a sua cugina Orla e alle amiche Michelle e Clare sono delle comunissime ragazze del periodo: vanno a scuola, pensano ai ragazzi, ai vestiti e, soprattutto, alle boyband. Questa quotidianità è sicuramente dipinta con sapienza vista anche la matrice autobiografica da cui la narrazione prende molto: la creatrice della serie, Lisa McGee, è infatti una sceneggiatrice nata e cresciuta nella cittadina di Derry e il suo intento stava proprio nell’illustrare, con sottile ironia, come la periferia poteva essere allo stesso tempo centro nevralgico di scontri, soprusi e guerra, ma anche luogo comune, tranquillo e addirittura monotono se visto con gli occhi di un’adolescente qualsiasi.
Le due stagioni di Derry Girls – che scorrono in modo fin troppo veloce – sono caratterizzate non solo da dinamismo, ma anche da assurdità: nel primo episodio, che sicuramente fa un egregio lavoro nell’impostare il tono della serie, un avvenimento comune come la lettura del diario segreto della protagonista si trasforma in una situazione tragica che vede il gruppo di ragazze finire in punizione e, nel tentativo di recuperare un rossetto sequestrato, nella morte della suora 97enne incaricata di supervisionarle.
Ogni puntata infatti racchiude più nuclei narrativi: alcuni coinvolgono direttamente Erin e il suo gruppo di amiche – a cui presto si aggiunge James cugino di Michelle, unico studente maschio della scuola femminile di Derry – mentre altri riguardano più da vicino l’eccentrica famiglia della protagonista. Ogni situazione peggiora sempre nel modo più esilarante, ogni caratteristica dei personaggi viene portata all’estremo, insomma è difficile riuscire a mantenere un’espressione neutra di fronte questa serie.
Ben calibrato è il cast: a differenza di molti altri prodotti adolescenziali, in Derry Girls sembra tutto ripreso dalla vita reale. I personaggi non sono tutti esteticamente perfetti o palesemente attori adulti presi a rappresentare ragazzini.
Al contrario la loro mimica quasi infantile riesce a rendere ancora più divertente molte gag: il tono esplicito e ammiccante di Michelle, per esempio, risulta ancora più realistico e irriverente se accostato al trucco e parrucco tipico del periodo. Tra i vari attori spiccano sicuramente Saoirse-Monica Jackson e Nicola Coughlan (divenuta famosa per la sua parte in Bridgerton): la prima interpreta Erin, una giovane ragazzina innamorata della letteratura, ma completamente immatura, mentre la seconda è Claire, il grillo parlante del gruppo.
Le dinamiche tra le ragazze rappresentano al meglio quelli che sono i tipici problemi dell’adolescenza: i ragazzi, la crescita, i concerti. A questo però si aggiunge sempre un pizzico di pericolo tutt’altro che tipico: come per esempio il divieto di andare vedere in live i Take That per evitare un potenziale attentato (o l’attacco di un orso polare).
È infatti questa la vera chiave di Derry Girls: dimostrare come anche in un ambiente delicato come l’Irlanda del Nord del periodo fosse possibile vivere la propria adolescenza, riuscendo a coniugare il proprio percorso con quello irremovibile e spesso tragico della Storia.
Il conflitto nordirlandese non è certo l’unico evento tragico che viene utilizzato in Derry Girls come premessa narrativa: anche Chernobyl, per esempio, diventa lo spunto per far incontrare ragazzi irlandesi con ucraini e dare il via a un’esilarante serie di incomprensioni e disastri.
La matrice cattolica che è da subito visibile nella serie – le nostre protagoniste (e James) frequentano infatti un collegio cattolico amministrato da suore – rende la serie ancora più fruibile e godibile per gli spettatori italiani in particolare, poiché possono facilmente rivedersi nel contesto culturale. Sicuramente uno dei personaggi migliori della serie è la preside del collegio, Suor Michael: sarcastica, temuta dai propri alunni e particolarmente tagliente, è una donna che porta la tunica senza fanatismo o timore riverenziale, ma che anzi apprezza sotto i baffi lo spirito d’indipendenza del proprio corpo studentesco.
Non esistono antagonisti in questa serie, ma vi è comunque un personaggio mal sopportato da tutti (perfino da Suor Michael): Jenny Joyce è il prefetto della scuola e una ragazza ricca e snob. Lecchina e ipocrita, è molto spesso derisa dal gruppo di protagoniste per i suoi modi di fare tutt’altro che giovanili.
La comicità della serie deriva da molte caratteristiche, anche fisiche: le fattezze dei vari personaggi vengono sapientemente usate per fini ironici.
Dalle espressioni buffe ai movimenti tutt’altro che leggiadri, ma tipici degli adolescenti, nessuno è esente dalla caratterizzazione spiritosa tipica della serie. Pur parlando di ragazzini, però, il tono è molto adulto: con alcuni tratti irriverenti che richiamano serie come Shameless, i nostri personaggi devono fare i conti anche con i conflitti interni di classe e di religione che dividono e incattiviscono tutti gli adolescenti.
Nonostante questo continuo oscillare tra tragedia e commedia, Derry Girls sa mantenere uno spirito assolutamente leggero e simpatico: la narrazione procede spedita ed è difficile non affezionarsi al modo di fare caotico e senza freni del gruppo protagonista. Le due stagioni, composte da appena 6 episodi, volano letteralmente. Tutto merito del tono familiare e realistico con cui vengono trattati tutti gli argomenti che permettono allo spettatore non solo di sentirsi a casa e a proprio agio, ma aiutano anche nell’entrare e nell’abituarsi ai risvolti più assurdi e impensabili. Con questa semplicità la serie ha conquistato tutti e merita sicuramente un posto tra le sitcom più belle degli ultimi tempi.
La serie, disponibile su Netflix, è stata già confermata per una terza stagione, ma le riprese sono state intralciate e rinviate per via della pandemia. Abbiamo lasciato le nostre protagoniste in un momento iconico nella storia dell’Irlanda del Nord – la fine del conflitto e l’arrivo dell’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton -, ma la curiosità per la prossima irriverente stagione è alle stelle. L’unica cosa da fare è farsi un bel rewatch, un eventuale segno della croce e, per caricarsi, ripetere la mattina allo specchio “I am a Derry Girl“.