Non possiamo prevenire ciò che non possiamo predire -Mary Alice (Desperate Housewives)
David Lynch è il padre del perturbante. Il perturbante è lo stravolgimento di qualcosa di familiare in qualcosa che non è familiare. Per questo è un sentimento più tetro e pericoloso dell’angoscia. L’angoscia è più facile da codificare, mentre il perturbante è lo svelamento improvviso di un’indeterminatezza che credevamo non potesse esistere. Freud parla di un-heimlich ovvero tutto ciò che non è sereno, confortante, fidato. Ciò che rifuggiamo ci abita e le sensazioni che il regista ci fa provare nelle sue opere inducono tutte a rifuggire ciò che è familiare.
Questa espressione è la cifra nucleare e stilistica anche di Twin Peaks e si manifesta soprattutto attraverso il grottesco, il surreale. In un certo qual modo il perturbante è anche tutto ciò precede il pericolo vero e proprio. Nei primi episodi, quando i sospetti di concentrano principalmente su James Hurley, questo viene messo in carcere di fianco alla cella del fidanzato di Laura Palmer, Bobby Briggs, che lo minaccia con una risata canina che stride con il personaggio. È una scena marginale nel grande universo narrativo di questa serie, eppure rimane impressa, lascia un segno alla stregua di una visione di Sarah Palmer o di un gigante rivelatorio.
Per questo motivo, ancora oggi, non esiste nulla di neanche lontanamente paragonabile a Twin Peaks, una serie antesignana sotto molti aspetti e unicum sotto diversi altri. Soltanto Desperate Housewives ci si può timidamente avvicinare.
A dire il vero le due serie non hanno solo alcuni attori del cast in comune – su tutti, un grandissimo Kyle McLachlan che ci regala due delle migliori interpretazioni della sua carriera. Anche l’ambientazione è dello stesso tenore. Wisteria Lane e Twin Peaks sono due città di periferia in cui gli abitanti si conoscono tutti tra loro e che diventano le vere e proprie protagoniste delle due opere, attorniate come sono da misteri e dalla loro risoluzione. A tal proposito, in Italia le due città immaginarie degli USA vengono precedute dall’espressione “i segreti di” (nell’opera di Lynch il titolo viene proprio tradotto così, mentre in Desperate Housewives è il sottotitolo).
Strutturalmente l’influenza di Twin Peaks su Desperate Housewives è ancor più evidente e palpabile. Entrambe riprendono i canoni stilistici della soap opera, declinandoli in qualcosa di altro e trasformando i personaggi da archetipi a “multidimensionali”. Entrambe le serie partono da una morte traumatica (Laura Palmer e Mary Alice) per mettere in scena una serie di misteri che non si esaurisce con la risoluzione di quel primario caso. Entrambe le serie fanno un ricorso spasmodico (per quanto funzionale) al cliffhanger.
Molti di questi elementi sono comuni anche a un’altra serie famosissima, che potrebbe essere inserita nel discorso del perturbante, ovvero Lost. Lost è stata tante cose meravigliose ma il suo “perturbante” non è incisivo come le due serie di cui stiamo parlando. Lost ci presenta già una situazione angosciante come un incidente aereo, viene meno la rottura dell’idillio apparente, non c’è disvelamento della patina.
Il perturbante di Desperate Housewives è più canonico, ma non per questo arriva in maniera meno efficace allo spettatore
Una casalinga di Wisteria Lane svolge alcune commissioni, chiacchiera con alcuni vicini, mette in ordine la casa e poi, all’improvviso, si ammazza. Un’ex infermiera, per vendicare la morte della odiata cugina, mette in scena una serie di ritorsioni nei confronti di un altro cittadino, arrivando persino a tagliarsi delle dita. Zach Young e tutte le sue sfaccettature, le sue trasformazioni, il modo sempre sopra le righe con cui approccia agli altri personaggi.
Non c’è paranormale od onirismo in Desperate Housewives, a differenza di Twin Peaks. Eppure la routine di questa “accogliente” cittadina medioborghese viene sconquassata da eventi caricaturali; come nella serie di David Lynch, seppur senza il ricorso a entità maligne, possessioni, nani e Logge, in quel posto vanno a convogliare tutte le più oscure sfumature della nostra anima.
Un omicidio, un sequestro, un pedinamento sospetto, un uomo misterioso contrastano con il taglio leggero e comedy che sembra avere la serie. Anche le classiche soap, se ne avete mai vista qualcuna, hanno dei risvolti di trama altamente improbabili, che vanno al di là di qualsiasi sospensione d’incredulità. Basti pensare ai personaggi che risorgono dopo anni, alla quantità infinita di gemelli segreti che spuntano all’improvviso o a qualche altro stucchevole plot twist. E queste esagerazioni, volute, sono presenti anche nelle due serie di cui stiamo parlando. Ma non è questo il perturbante.
Il perturbante è qualcosa di molto più sottile, ambiguo e meschino che crea un ponte tra la serie e lo spettatore. Soprattutto non scende a compromessi, si manifesta senza filtro alcuno ed è esponenziale, ovvero si nutre delle emozioni dello spettatore. Una volta che si viene colti da questa sensazione non ci si abitua, anzi: la si accentua alla manifestazione successiva perché ormai siamo in quel loop e abbiamo capito che “i gufi non sono quello che sembrano“.
David Lynch ha permeato tutte le sue opere di questa filosofia, plasmando, di fatto, un nuovo genere letterario. Marc Cherry ne ha ripreso alcune caratteristiche, rendendolo però accessibile a tutti.
Il lavoro di Lynch è, ovviamente, più autoriale. Anche in un prodotto pensato per la televisione come le prime due stagioni di Twin Peaks, e dunque ben lontano dai picchi grotteschi di opere come INLAND EMPIRE o Eraserhead, è riuscito a rendere ben tangibile la sua impronta. Ciò che invece ha fatto Marc Cherry è rendere la sua serie più famosa su misura di un pubblico generalista, quanto meno in termini di fruibilità.
Questo non significa regalare al pubblico quello che esso vuole, ma solo offrire agli spettatori una cifra stilistica più semplice da codificare per lasciarli incollati allo schermo. Non a caso la serie di Lynch fu interrotta (anche) per calo di ascolti dopo circa 30 puntate, ovvero poco più di una stagione di Desperate Housewives. Cherery aveva obiettivi e target diversi, era funzionale a quello e va bene così.
Resta comunque interessante notare come si sia creato un ponte tra due prodotti televisivi nati a distanza di dieci anni e che a loro modo rappresentano un caso unico ancora oggi. Twin Peaks è un vero e proprio caposaldo, inarrivabile anche per se stessa, considerando le differenze stilistiche di The Return. Eppure, se vogliamo replicare quelle sensazioni di inquietudine, disagio premonitore e angoscia perenne possiamo virare su una serie con quattro casalinghe e i loro problemi di cuore.