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Parliamone come una serie: Detroit: Become Human

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Nel corso degli anni, i videogiochi hanno dimostrato di poter offrire molto di più del semplice gameplay. Infatti, molti dei titoli più amati del settore hanno conquistato i giocatori non solo per l’esperienza interattiva, ma anche per le trame ben costruite, i personaggi realistici e un taglio cinematografico che li ha resi ancora più immersivi. Grazie a questi elementi, il mondo videoludico ha acquisito una maggiore profondità, attirando così l’attenzione della serialità. Basti pensare a The Last of Us, un capolavoro per PlayStation il cui adattamento televisivo vedrà la partecipazione di HBO, Craig Mazin e Johan Renck. Così come il mondo post-apocalittico creato da Naughty Dog, anche quello iper-tecnologico di Detroit: Become Human potrebbe prestarsi al salto crossmediale.

Titolo di grande successo sviluppato dal visionario David Cage, Detroit è un’avventura grafica che unisce due grandi medium: il cinema e i videogiochi. Infatti, l’elemento interattivo si affianca a una forte struttura narrativa, contraddistinta dal vincente intreccio fra fantascienza e thriller.

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Nell’anno 2038, la multinazionale CyberLife ha cambiato radicalmente il modo di vivere della popolazione grazie alla produzione di androidi in grado di portare a termine qualsiasi tipo di mansione. Da sempre vista come semplice strumento al servizio dell’umanità, questa forma di intelligenza artificiale comincerà a seguire le proprie regole, affrancandosi dalla situazione di schiavitù e prendendo coscienza di sé. Da qui naturalmente sorge la domanda: i Devianti (gli androidi liberatosi dalla programmazione prestabilita) stanno imitando l’uomo o hanno veramente un’anima? Anche se non verrà mai data una risposta esatta, quello che sappiamo è che questi robot complessi provano tutto ciò che provano gli esseri umani, soprattutto il desiderio di essere vivi e liberi.

La premessa iniziale non è di certo una novità. Il concetto di androide è stato analizzato e approfondito ampiamente in diverse opere: i romanzi di Asimov, i film di Blade Runner, le 3 stagioni di Westworld. In ognuno di questi prodotti, il pubblico è stato messo di fronte al dilemma dello sviluppo della coscienza nelle macchine, spingendolo a domandarsi quale fosse la linea di demarcazione fra l’uomo e l’intelligenza artificiale. Detroit: Become Human ci pone di fronte alla stesso quesito, mostrandoci quanto in quei corpi sintetici possa esserci molta più umanità che nei loro creatori.

Attraverso il videogioco, David Cage ha messo in scena un racconto potente e rigoroso, che si sviluppa attraverso le diverse prospettive dei protagonisti: Marcus, un leader deciso a liberarsi del suo ruolo di schiavo e pronto a condurre la sua specie verso la libertà. Kara, un’androide dal forte istinto materno che farà di tutto pur di proteggere la piccola Alice da ogni pericolo. E Connor, il più avanzato modello della CyberLife che verrà affiancato allo scorbutico Tenente Hank Anderson per investigare sugli omicidi legati ai Devianti. Dall’intreccio di queste tre storie comincia a delinearsi la trama di Detroit: Become Human, un racconto sci-fi intimo e collettivo, in cui il percorso dei singoli individui finirà per influenzare il destino di una razza intera.

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Anche se contraddistinti da lineamenti caratteriali ben marcati, nel corso della storia i personaggi cambieranno in base alle scelte prese nelle varie situazioni. Se da un lato Kara non si allontanerà mai dal suo desiderio di proteggere quella figlia che ha sempre desiderato, dall’altro Markus si ritroverà di fronte a un bivio: optare per una ribellione aggressiva o un protesta pacifica. Lo stesso discorso vale per Connor, costantemente in bilico fra la necessità di portare a termine il suo compito e l’empatia provata per i suoi simili.

Così come nel mondo reale, anche in quello di Detroit: Become Human i personaggi sono costretti a prendere delle decisioni non sempre facili.

Ogni scelta, ogni dialogo, ogni azione non solo hanno un peso enorme sullo sviluppo degli eventi, ma svelano la profondità dei personaggi, mettendo in risalto la loro “umanità”, con tutti i loro dubbi, paure e insicurezze. Il loro percorso verso la consapevolezza prenderà forma nelle strade illuminate dalle luci al neon di Detroit. Una città in cui gli edifici ultratecnologici e i veicoli senza conducente si scontrano con zone periferiche al limite del fatiscente. Il contrasto fra il progresso e la realtà del passato ben si addice a una storia in cui l’umanità si oppone, o pensa di doversi opporre, allo sviluppo di una specie che non è poi così diversa da quella umana.

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La collaborazione fra Quantic Dream e David Cage ha portato a una storia intricata e appagante, ricca di momenti emozionanti che fanno riflettere su chi sia davvero il mostro della situazione. Anche se sono state esplorate già in passato, le tematiche affrontate riescono a lasciare il segno poiché analizzate attraverso gli occhi di nuovi personaggi che seguiamo dall’inizio alla fine. È vero, l’interattività del gioco e la possibilità di prendere numerose strade diverse non potrebbe essere replicata da una serie tv, ma ciò non toglie il fatto che sarebbe interessante vedere sul piccolo schermo questa meravigliosa storia che riflette su ciò che significa essere umani e sull’accettazione del diverso. Due tematiche decisamente attuali che dovremmo affrontare più spesso, soprattutto in questi tempi difficili.

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