Ammettiamolo: non ci fidiamo più degli spin-off, dei sequel, dei prequel eccetera eccetera perchè di delusioni ne abbiamo prese troppe. E quindi a volte sì, partiamo prevenuti. Stiamo lì, sulla difensiva, pronti a evidenziare il difetto, pronti a scovare la falla narrativa, pronti a dire che l’avevamo detto che sarebbe andata a finire male. A volte però non va a finire male. A volte escono fuori anche dei capolavori, come Better Call Saul (facile pensarlo adesso, difficile nel 2015, solo 2 anni dopo la sua fine, venire dopo quel pezzo di storia di Breaking Bad). Altre volte escono fuori dei prodotti interessanti, scritti bene, recitati bene e messi in scena egregiamente che magari non ambiscono al ruolo di capolavoro, non ambiscono a riscrivere il concetto di spin-off, ma si dimostrano assolutamente meritevoli del perseguire l’obiettivo di avere una propria dignità , una propria identità , di scrivere la propria storia dentro una storia già scritta. Riuscendo ad appassionarci e a farci complimentare con tutti coloro che hanno lavorato a un prodotto così minuziosamente realizzato. Sembra proprio questo il caso di Dexter: Original Sin, la serie spin-off prequel di Dexter disponibile su Paramount+ che è tornata questo venerdì con la sua terza puntata. E se 3 puntate sembrano comunque ancora troppo poche per dare un giudizio definitivo – del resto, nelle primissime puntate, Dexter: New Blood ci aveva illusi non poco – sono comunque più che sufficienti per farci affermare a chiare lettere che Dexter: Original Sin non è venuta a prenderci in giro, a farsi beffe della nostra nostalgia per la serie madre confezionando un prodotto raffazzonato e solo vagamente somigliante all’originale, a insultare la memoria di chi ha permesso che esistesse. Dexter: Original Sin è una cosa seria, e sembra fare assolutamente sul serio.
Lo avevamo detto nella scorsa recensione: se ben conosciamo Dexter, a una puntata riflessiva segue sempre una puntata con molta più azione. E così è stato. Anche in tal senso, Original Sin sembra voler replicare in piena regola le dinamiche dell’originale: in una puntata si agisce, nell’altra si pensa a come si è agito nella precedente e ci si prepara a come si agirà nella successiva. Pattern che segue sostanzialmente il modus operandi del protagonista, tanto razionale quanto al contempo feroce, e a volte entrambe le cose insieme. Dexter se lo era ripromesso: il suo prossimo obiettivo sarebbe stato Tony Ferrer, uno strozzino senza pietà che prima dissanguava economicamente e poi uccideva le sue malcapitate vittime. Dexter dà vita al suo classico piano d’azione: prima lo studia, poi ci si avvicina, e infine decide come e quando colpirlo mortalmente. La differenza col Dexter adulto, qui, sta però nel margine d’errore: molto più ampio nel giovane Morgan, tanto famelico quanto inesperto. Nella caccia a Ferrer, infatti, Dexter commette molti più errori di quanti ne commetteva nella serie originale, e questo restituisce al contempo sia tensione che credibilità alla narrazione.
Rispetto al suo primo omicidio, però, Dexter riesce a conferire maggior ritualità alla preparazione dell’atto, dando per la prima volta ampio spazio al confronto con il mostro condannato a morte, elencandogli le sue malefatte e mettendolo davanti a tutto ciò che di crudele aveva fatto nella vita. Dexter tortura psicologicamente la propria preda in modo più veemente e fisicamente rabbioso del Dexter adulto, più abituato alla ritualità dell’operazione e più tendente a utilizzare un’inquietante pacatezza comunicativa con le sue vittime. L’intento chiaro, qui, è quello di rappresentare un serial killer alle prime armi, sia sul piano dell’autogestione emotiva che su quello meramente pratico, e Dexter: Original Sin riesce perfettamente nell’obiettivo confermandosi una serie che ha studiato a dovere tutto quello che deve fare per essere considerata un prodotto di livello, senza lasciare nulla al caso.
Un’attenzione maniacale ai dettagli che ritroviamo anche quando ci viene presentata un’altra vecchia conoscenza nella sua versione giovane: è Maria LaGuerta, che avevamo conosciuto ai tempi come una donna in carriera che era un riferimento per tutto il dipartimento e qui ritroviamo trentenne e nelle prime fasi della sua scalata. La Guerta è esattamente come ci aspettiamo che La Guerta sia: ambiziosa, determinata, fiera, attraente, talentuosa e già evidentemente molto capace. Lo spin-off strizza l’occhio alla sua connessione di vecchia data con Angel Batista con un classico sketch alla Dexter – serie che non rinuncia mai ai momenti più leggeri per stemperare la tensione, e il prequel segue pedissequamente questo trend – e ci presenta nel resto della puntata, a sprazzi intermittenti, un personaggio che sappiamo bene sarà sempre più centrale nella narrazione. Meno centrale, in questa puntata, è stato Harry Morgan e questo ci spiace: vedere Christian Slater in questo ruolo è una gioia per gli occhi, gli sembra cucito addosso su misura. Pur avendo poco screen-time, comunque, Harry smista un paio di consigli importanti al suo pericoloso figlio, come quello di smetterla di pensare a collezionare trofei delle sue vittime perchè sono prove che potrebbero distruggerlo. Al contempo Harry vorrebbe approvare ogni mossa futura di Dexter: se nella prima puntata avevamo lamentato un’assenza di background sul famoso codice, va detto che in quelle successive gli si sta dando comunque sempre più spazio e questo compensa in parte la mancanza iniziale.
Debra Morgan invece è ancora ben lontana dalla Debra Morgan futura che abbiamo conosciuto: per adesso la sua parte di storia è relegata a una dimensione teen, con la sua inseparabile amica che bacia Dexter e ci regala quello che per ora è già il momento più cringe della serie, col protagonista totalmente incapace di reagire a quel bacio in modo socialmente accettabile (anche in questo, sceneggiatori assolutamente perfetti). Tornando a cose serie, la storyline principale del bambino rapito rimane in questo episodio sullo sfondo, ma dalla costruzione e collocazione di ogni singolo frame che le viene dedicato siamo sicuri che prenderà sempre più piede, determinando probabilmente degli sconvolgimenti emotivi prepotenti anche in Dexter: il protagonista ha sempre dimostrato una certa sensibilità verso i bambini, essendo stato lui il primo ad aver subito un trauma in tenera età , e nell’attuale stato di subbuglio giovanile in cui si trova sicuramente questa parte di narrazione potrebbe avere un forte impatto.
Insomma, di carne al fuoco ce n’è veramente parecchia: non sappiamo bene fin dove narrativamente si possa spingere questa serie, se sia pensata come un prodotto-ponte tra Dexter: New Blood e Dexter: Resurrection destinato quindi a esaurire il suo corso in una sola stagione o se ci sia margine per farne di più. Lo scopriremo presto: per ora non possiamo fare altro che applaudire in modo convinto e con sguardo compiaciuto chi ha confezionato Dexter: Original Sin, promettente al punto tale da sorprendere anche i più scettici. Anche chi pensava che fosse solo un altro tentativo di spremere il vecchio Dexter finchè non ne poteva più, e si ritrova oggi sorpreso di assistere a quella che per Dexter è, letteralmente, una seconda giovinezza.
Vincenzo Galdieri