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La sottovalutatissima seconda stagione di Dexter

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Ci sono serie che, nonostante tutto, restano con noi per sempre, diventando un po’ la nostra coperta di Linus: ritorniamo da loro quando abbiamo bisogno di conforto, ritorniamo da loro perché le conosciamo ormai talmente bene che è un po’ come tornare a casa. Una di queste è sicuramente Dexter, che non solo è diventata un cult ma sta anche per ritornare con una nuova stagione a sorpresa di cui abbiamo anche le prime immagini. Eppure, nonostante questo, in ogni amore c’è sempre qualche spina e per Dexter la seconda stagione è sicuramente una delle più pungenti. Esempio lampante è il fatto che uno dei personaggi più importanti di questa stagione, Lila Tournay, è anche nella nostra lista dei personaggi peggiori della serie.

Ma la seconda stagione è davvero così terribile? Analizziamola insieme.

Dexter

Riuscire a creare una seconda stagione all’altezza di un esordio fantastico è sempre difficile. Dexter, in particolare, è riuscita a fare il botto per due motivi molto precisi: un’idea di base nuova e un cattivo da manuale con un background interessante. Vale la pena sottolineare, infatti, che Dexter è stata una delle prime serie tv ad avere come protagonista un serial killer, riuscendo a compiere l’impresa non affatto facile di farci empatizzare con lui. Non contenta, la stagione alzò il tiro offrendoci due serial killer imparentati, entrambi letali ma con una profondità tale da permettere l’immedesimazione nelle motivazioni per le loro azioni.

La prima stagione è stata un lavoro da manuale: un ottimo bilanciamento tra la presentazione dei personaggi, la storia in itinere, un fantastico villain e un background solido. Tutto calibrato alla perfezione, senza eccessi, sbrodolamenti o perdite di ritmo.

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Nonostante l’arduo compito, la seconda stagione è riuscita a creare un forte senso di continuità con la prima, recuperandone alcuni degli elementi lasciati in sospeso. Innanzitutto, grazie alla fantastica figura di James Doakes: il sergente che già nella prima stagione dimostra di non fidarsi affatto di Dexter e che, nella seconda, ne rappresenterà uno dei principali nemici. Doakes si dimostra fin da subito una spanna sopra i suoi colleghi, riuscendo a collegare tutti i dettagli per capire che Dexter non è ciò che sembra. Fin dalla morte del Killer del Camion Frigo, infatti, Doakes si rende conto che Dexter ha nascosto elementi importanti per le indagini, oltre a essere un abile combattente e un vero calcolatore.

Nel corso della stagione, Doakes non solo non abbocca a nessuno dei depistaggi di Dexter, come quello in cui finge di essere un ex tossicodipendente, ma continua a mettere insieme i puntini grazie ai discorsi dei colleghi, da Debra a LaGuerta all’agente speciale Lundy. Doakes rimane senza dubbio uno degli agenti più lungimiranti e abili dell’intera serie, uno dei pochi veri “cattivi ma buoni” (quelli per i quali non dovremmo tifare, ma tifiamo), nonché una figura estremamente tragica. Il suo discorso per convincere Dexter a costituirsi e l’excursus nel passato del serial killer rimangono uno dei punti più alti della serie.

Di Doakes ammiriamo il lavoro di ricerca e l’ossessione per il suo lavoro, ci scopriamo a fare il tifo per lui man mano che gli altri lo denigrano, ma soprattutto ci scopriamo tristi per la sua fine.

Accusato di essere il vero Macellaio di Bay Harbor, muore in modo terribile e con un’accusa infamante a marchiarlo, senza nessuno che lo pianga per il brillante lavoro fatto in vita. La verità sepolta per sempre, una tragicità degna di qualsiasi capolavoro seriale.

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E Doakes non è l’unico grande personaggio che ha sfornato la seconda stagione, perché ricordiamoci che è anche quella dell’agente speciale Frank Lundy. In pratica, la seconda rimane l’unica stagione in cui ci sono ancora poliziotti degni di questo nome e nella quale la centrale di polizia non si è ancora trasformata nella parodia di se stessa (a parte l’ottima LaGuerta).

Lundy è un’altra figura molto interessante, perché come Doakes concentra in sé più elementi: una forte etica del lavoro, un’alchimia particolare con Dexter e un’interessante relazione con un personaggio secondario (Debra per Lundy, LaGuerta per Doakes). Questo ha permesso di creare delle storyline secondarie solide e avvincenti, che nelle stagioni successive diventeranno sempre più futili, vuote e noiose. Le prime stagioni si caratterizzavano da sceneggiature funzionali, nelle quali le trame secondarie defluivano nella principale come un fiume nel mare: la storia di Debra e Lundy non è solo struggente, ma fondamentale per la crescita di Debra e per i piani di Dexter, che sfrutta la situazione a suo vantaggio.

Lundy è un ottimo personaggio a 360°, nonché uno dei migliori rivali di Dexter. Un altro personaggio per cui fare il tifo, un buono che nel mondo a contrario della serie diventa cattivo.

Morirà nella quarta stagione, ancora una volta in modo geniale e spiazzante.

Lila

Continuando con la galleria dei personaggi, uno che ha sicuramente lasciato il segno nel bene e nel male è Lila Tournay. Io lo confesso qui: sono una delle poche a cui Lila sia davvero piaciuta. Un mix tra femme fatale e Darla di Fight Club, Lila è stata la prima donna della serie a essere convincente come contraltare prima positivo e poi negativo dell’oscuro passeggero, quello che hanno cercato di essere Miguel Prado nella terza e Lumen nella quinta ma con molta meno incisività. Conosciuta ai Narcotici Anonimi, Lila è dapprima un convincente contrasto di Rita, al punto da affascinare sia Dexter che noi e portando a chiederci se per caso non sia possibile trovare un’anima gemella nel contesto della pulsione omicida. Col tempo si trasformerà nella variante caotica, senza controllo e pericolosa del passeggero oscuro, offrendoci per la prima volta un’alternativa più dannosa dello stesso Dexter.

Lila è efficace come primo sguardo alle diverse varianti di una stessa pulsione, come primo vero passo di Dexter verso emozioni “normali” (tra cui la passione) e prima presa di consapevolezza che devono comunque esserci delle regole, anche nell’omicidio.

Esattamente come Doakes e Lundy, la sua storyline è fondamentale per la trama originaria e la sua ossessione per Dexter si lega a doppio filo con Doakes, del quale causa la morte.

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Da questa disamina risulta chiaro quanto ottimi personaggi (scritti bene, chiaro Quinn e Batista?) siano una delle chiavi di volta per una stagione coi fiocchi. Laddove la prima giocava sulla novità e su una trama con pochi protagonisti, solida e diritta come un treno, la seconda riesce a inserire un bel gruppo di personaggi nuovi, equilibrando il tutto in funzione di una trama orizzontale fortissima. Se la prima vede il focus decisivo e totale su Dexter e Brian Moser, la seconda divide il palco tra ottimi comprimari, che francamente non fanno rimpiangere per nulla il Killer del Camion Frigo. La seconda stagione resta l’esempio più sottovalutato, ma anche più brillante di tutto ciò che funzionava in Dexter e che, purtroppo si è andato a perdere nel tempo:

Il perfetto cocktail di sociopatia ed empatia, l’equilibrio giusto tra trama orizzontale e verticale, personalità complesse e psicologie interessanti, quel pizzico di macabra ironia e di sentimentalismo tragico.

Il tutto in una cornice data da una sceneggiatura calibrata al dettaglio e quasi senza sbavature. Nulla è lasciato al caso, ogni tassello si inserisce perfettamente nel disegno.  

Tutto ciò che era Dexter, tutto ciò che ci ricorderemo sempre di Dexter. E tutto ciò che ricerchiamo quando torniamo a vederlo, per l’ennesima volta.

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