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Ho finito la terza stagione di Dexter e sono innamorato pazzo

Dexter
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Sono colpevole, me ne rendo conto. Colpevole senza possibilità di appello. Avevo vent’anni quando approcciai per la prima volta a Dexter. Una malattia ostinata ed emotiva mi aveva trascinato a letto. Presi in mano questa serie in maniera incerta e sconclusionata, fortemente condizionato da quel dolore che mi accompagnava da qualche settimana. Passata la malattia quel ritaglio di tempo che prima c’era veniva meno. Dexter giaceva in un incerto momento della seconda stagione. Sarebbe rimasta lì per anni, colpevolmente dimenticata e seppellita da mille impegni e dalla volontà di lasciarmi alle spalle quel brutto momento della mia vita.

Poi, qualcosa: un lampo, un’istantanea.

Dexter mi richiamava a sé, lo faceva, come spesso avviene nella vita, nel modo più assurdo e inaspettato. Ripensavo a quel tempo, a quella storia che mi ero lasciato indietro e provavo nostalgia. Sentivo che c’era qualcosa di inespresso: un vuoto che andava colmato. La vita, dicevo, è incredibilmente inverosimile. Così accade che un click troppo frettoloso mi riporti indietro di anni. Mi riporti a un momento doloroso e rimosso. Mi riconduca, insomma, al pilot di Dexter.

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Avete mai provato a rileggere un libro a distanza di anni? Non era lo stesso, vero? Banalmente potremmo dire che la ragione è semplice. Non è lui a essere cambiato ma noi. A volte, più spesso di quanto si creda, è questione di tempistiche. Un amore può sbocciare solo se si ha la maturità per saperlo vivere, per riconoscerne l’importanza e sentirne la profondità. Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Così è capitato a me con Dexter. Così come non credevo possibile.

Non sono qui per tracciare un quadro completo e conclusivo di questa serie. Non potrei farlo perché sto continuando a viverla, a emozionarmi con lei, a esserne trasportato. Sono qui perché, come spesso capita agli innamorati, voglio comunicare al mondo il mio sentimento. Un amore appena nato, incerto, carico di alti e bassi e che vive di quell’eccitazione straordinaria delle prime settimane. Ve lo ricordate com’era amare per la prima volta? Ricordate i dubbi, la frenesia, il trambusto interiore che non vi permetteva neanche di mangiare? Ricordate il momento in cui avete conosciuto “lei”? Provateci per un momento.

Era lì, incerta e bellissima, fragile ma dannatamente vibrante. La ascoltavi più o meno attentamente, senza aspettative, senza pretese. Eppure, sapevi già che c’era qualcosa di diverso anche se non riuscivi a coglierlo in maniera del tutto consapevole. In lei era una fatale e inebriante attrattiva. Dexter questa attrattiva me l’ha restituita da subito. In quell’originalissimo e atipico punto di vista fortemente contraddittorio. Dexter Morgan non è semplicemente un anti-eroe, non è solo un dannato incapace di vivere a pieno la sua vita. Dexter Morgan è vittima e carnefice, mostro e angelo.

È, più di ogni cosa, forse anche più di noi stessi, uomo.

Uomo eternamente proteso verso il desiderio, quasi un bisogno, di divenire angelo e l’irrimediabile condizione di diavolo. In lui convivono queste due anime senza che nessuna riesca pienamente a rivalersi sull’altra. La lotta tutta interiore tra inferno e paradiso vive giorno dopo giorno una nuova puntata. Noi ci caliamo in quell’intimità senza sapere bene cosa è giusto provare, da che parte stare. Siamo osservatori partecipi di un dramma che qualcuno ha deciso di condividere con noi.

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L’amore segue logiche imperscrutabili, impossibili da prevedere. Capita così che man mano che approfondiamo il racconto iniziamo a diventarne parte. Che, insomma, diventiamo partecipi di quell’interiorità. Un cuore si sta aprendo a noi e ora, d’improvviso, ci accorgiamo che quello che era un semplice interessamento si sta trasformando in una partecipazione emotiva.

Iniziamo a comprendere le perverse logiche di Dexter, iniziamo a sentire su di noi il suo peso, la difficoltà di vivere una quotidianità sotto mentite spoglie. Lo capiamo perché anche noi, ogni giorno, volenti o nolenti ci ritroviamo a indossare una maschera senza la quale non potremmo confrontarci col mondo. Oppressi dalle convenzioni sociali e dalla distanza che ci separa dagli altri la nostra giornata si appesantisce di un ruolo che siamo costretti a rivestire. Quella maschera proprio non possiamo calarla perché ci mostrerebbe nella nostra nudità più brutale e imbarazzante. Perfino nella nostra disumanità.

Dexter Morgan non ha colpe per quello che è.

Può solo prendere atto e assecondare il suo essere. Quando prova a rinnegare se stesso, quando viene meno ai suoi bisogni, una parte di sé ne risulta inevitabilmente smarrita. In quei momenti l’immagine di Dexter si annebbia in una foschia di incertezza e vacuità. Il vero Dexter non è lì. Ma non è neppure nell’atto brutale in sé, nell’uccisione senza rimorsi. Il vero Dexter è nel mezzo, nel desiderio di vivere senza il peso dell’inganno provando emozioni autentiche che sembrano però a lui irrimediabilmente precluse.

Quello di Dexter è un percorso che iniziamo a compiere anche noi. Ci affianchiamo nel suo cammino incerti ma desiderosi di condividere ogni momento. L’amore si sta per schiudere. Ma è ancora poco più di un’infatuazione. Per l’amore più profondo serve tempo, serve crescita. Nell’arco di tre stagioni si respira qualcosa, qualcosa di profondo ma che dentro di sé nasconde anche una mortifera malinconia.

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Sembra quasi che Dexter rivolga una preghiera al suo Dio e quella preghiera sia concretamente accolta. Così nella season 1 conosce un fratello, Brian, con cui può essere se stesso. Nella seconda stagione un amore, quello di Lila, col quale condividere la propria natura. Nella terza un amico, Miguel, che lo appoggia e asseconda. Eppure, c’è un eppure.

In ognuna di queste relazioni, di quelli che dovrebbero costituire i più autentici e soddisfacenti rapporti che potrebbe avere c’è un’aura di morte.

Una contraddizione perversa e insuperabile. Così quel fratello è nient’altro che un mostro incontrollabile, quell’amore un rapporto morboso e ossessivo, quell’amicizia un utilitaristico scambio di favori. Dexter paradossalmente prova le emozioni più autentiche della sua esistenza in queste relazioni. E non potrebbe essere diversamente. Perché è in quei momenti che può essere se stesso. Ma il rapporto fraterno si trasforma in delusione, l’amore in persecuzione, l’amicizia in rabbia e ostilità. Dexter prova emozioni. Ma queste emozioni sono tutte drammaticamente negative.

Quel passeggero oscuro che porta dentro di sé ammanta di morte ogni cosa. Ogniqualvolta si rivela, con chiunque si manifesti la conclusione è la peggiore possibile. Nel mezzo tanto dolore e fallimenti. Dexter può essere se stesso, o meglio una parte di sé, quella più oscura e segreta, solo con qualcuno con cui non è disposto a scendere a patti. Con un mostro simile a lui, e anzi peggiore, perché privo di quel codice che relega Dexter stesso ad angelo caduto.

E ora, alla fine della terza stagione, in quel sangue che macchia il bianco di una purezza che non fa parte della natura di Dexter, posso finalmente dire di essermi innamorato.

Innamorato di una serie che fa della profondità di sguardo il suo punto di forza. Che ci parla di rapporti mostrandoci le contraddizioni della nostra natura. Del nostro essere, in fondo, tragici diavoli che provano costantemente a nobilitarsi dandosi una morale, un codice di valori che possa ricacciare indentro la nostra perversione più incontrollata e distruttiva.

Dexter

Nella consapevolezza che non potremo mai liberarcene ma che forse saremo in grado di imparare ad amarci per come siamo. Senza smettere mai di tendere verso qualcosa. Di insistere, per provare qualcosa. Per provare quell’autentica emozione che parli al nostro cuore e ci trasformi, per un momento almeno, in angeli.

Che cosa farebbe il tuo bene se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra, se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi  e tutto quanto c’è di vivo per il tuo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco.
Michail Bulgakov – Il Maestro e Margherita

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