Vi ricordate le scuole medie? Quella parentesi imbarazzante fatta di Topexan per i brufoli, profumi di Aquolina allo zucchero a velo e improbabili scelte d’abbigliamento sicuramente audaci, ma proprio di scarso buon gusto. Bene, oggi vi condurrò in un viaggio che ci riporta indietro nel tempo, proprio ai tempi delle scuole medie. Perché mai? si starà chiedendo la maggior parte di voi e francamente una risposta a questa domanda io proprio non ce l’ho. Vorrei dirvi di averla, ma non ce l’ho proprio. Però di una cosa potete star certi, la scuola media non manca nemmeno a me, ma siamo qui per parlare di Di4ri e quale modo migliore per farlo se non provando a riportare alla memoria ricordi che credevamo svaniti dei nostri tre anni di arresti domiciliari anche noti come “scuola media”
Ammetto che guardare questa serie è stato difficile come accettare che i 2003 parlino e stanno prendendo la maturità, come processare che il 2015 non era l’anno scorso e come espellere un calcolo biliare. Sicuramente il mio quoziente intellettivo, già non particolarmente speciale, si è abbassato di qualche punto dopo la visione di Di4ri, eppure me la sono guardata tutta in un momento di massimo sadismo tra un esame e l’altro all’università.
Ma torniamo a noi e a questa serie di Netflix made in Italy, ma lo diremo a bassa voce perché se considerassimo il modo in cui è fatta, non è che ci sia tanto da vantarsi, ma questo penso sia argomento per un’altra volta. In questo articolo proveremo a dimenticare per un attimo gli orripilanti tentativi di recitazione di parte di questo cast innanzitutto perché si tratta di ragazzini e non vogliamo di certo offenderli, proveremo a dimenticare l’orribile decisione della produzione di riportare Stella Rotondaro sui nostri schermi, ma non farla cantare irritando tutto il pubblico che si cibava di Grandi Domani (ve la ricordate? Qui le 9 serie tv di cui ci siamo dimenticati) e amava follemente Sara come la sottoscritta. Dimenticheremo anche la scrittura rivedibile di questa serie e il fatto che i ragazzi di terza avevano tipo quarant’anni e un lavoro a tempo indeterminato e quindi non erano per niente credibili come adolescenti a meno che a Marina Piccola i genitori non crescano i figli a pane e steroidi e dunque per l’età di tredici anni questi vengono fuori alti come orchi con la voce di Mario Biondi e andremo invece a focalizzarci sull’aspetto umano, lasciando quello tecnico davvero da parte.
Perché umanamente Di4ari o meglio, questa cronaca romantica dei ragazzi della 2D, riesce a risvegliare l’unica parte del mio cuore non completamente immunizzata ai deliri e alle scenate dei preadolescenti e li guarda con una certa tenerezza, riuscendo a riconoscere in alcuni atteggiamenti, quelli che una volta erano i miei o quelli dei miei amici. Certo, noi non ci interessavamo così tanto alla nostra scuola da volerla occupare alle medie senza neppure sapere cosa sia un’occupazione né come si faccia. E certo, da noi i tornei di sport li organizzavano i prof. tra tutte le classi e mai nella loro vita avrebbero acconsentito a farci da arbitri durante delle stupidissime faide di classe fuori dall’orario di lezione. Ai miei tempi il solo pensiero di sostituire il calcio al basket era qualcosa di semplicemente blasfemo.
Inoltre il preside – diversamente da quanto accade in Di4ri – non aveva la più pallida idea di chi fossimo e nessuno di noi studenti sapeva chi fosse il preside dato che cambiava con la stessa velocità con cui decido di spendere tutti i miei soldi in roba inutile quando sono da Tiger. Ma in quelle difficoltà a relazionarsi con gli altri, provando sempre un po’ a cambiare te stessa per capire se la nuova versione che stai proponendo possa piacere o possa essere accettata come succede ai ragazzi della 2D c’è un po’ di ognuno di noi.
Avevamo tutti in classe un’Arianna che credevamo fosse l’essere umano più inetto a vivere perché così tanto insopportabile e pieno di cattiveria che quasi ci faceva meravigliare di quanto un ragazzino potesse essere spiacevole, solo per poi scoprire che quell’atteggiamento non era altro che una corazza, un metodo di protezione di una persona che – proprio come noi – stava capendo come muoversi in un mondo che corre troppo in fretta per permetterti di abituarti al cambiamento e che, una volta capito che eravamo tutti allo stesso punto, tutti confusi e spaventati, bisognosi di farci accettare da chissà chi, si toglieva quell’armatura mostrandosi – di solito solo a pochi eletti – in tutta la sua fragilità.
Conoscevamo tutti il combinaguai della classe, quello che per una battuta o per uno scherzo deficiente ci faceva finire nei guai. Quello, insomma, che tutti prendevano a parole quando portava i prof disperati a minacciarvi di non mandarvi in giro, quello che spesso detestavi, soprattutto se c’era la possibilità che fossi vittima dei suoi scherzi, ma di cui non potevi fare a meno perché alleggeriva l’atmosfera e riusciva a farti credere che in fin dei conti non c’era bisogno di essere sempre composti e perfetti a scuola e che ogni tanto ci si poteva concedere un po’ di sano divertimento anche in quel luogo che ci incuteva un terrore pazzesco. Nella mia classe di questi tipi ce n’erano almeno quattro o cinque e fortunatamente – a parte in certi casi particolari – andavamo molto d’accordo. In Di4ri sarebbe Giulio.
Poi c’era il figo della classe, il Pietro della situazione e seppure io fossi la fusione tra una Livia e una Monica, per fortuna lui lo trovavo ripugnante. Tra l’altro faceva parte del gruppo degli imbecilli perciò, seppure fosse vagamente accettabile allo sguardo – per quanto potessimo essere accettabili noi adolescenti degli anni ’90 – non aveva di certo lo stesso effetto ai miei occhi del bel ragazzino della classe in fondo al corridoio, uno dei pochi ad essere più alto di me in tutta la scuola e a sapere chi fosse Chuck. Sì, mi riferisco proprio alla spia del Buy More di Zachary Levi. E che ve lo dico a fare, dopo aver parlato del nostro amore per la questa serie, ero sicura che ci saremmo sposati.
Insomma in questo gruppo di personaggi e persone così diversi e – proprio per questo – così necessari e indispensabili l’uno per l’altro, ho rivisto gran parte della mia infanzia. Ho rivisto quegli amori sbocciare nei corridoi della scuola, quei baci imbarazzantissimi che ai miei tempi ci scambiavamo timidamente dietro il convento delle suore vicino scuola prima di entrare, convinti che nessun professore mai sarebbe passato di lì.
Ritrovare l’ansia per le prime volte, la prima uscita in gruppo da soli, le prime cotte, i primi baci. Un po’ come succede a Isa che voleva raggiungere l’obiettivo di dare il suo primo bacio così tanto da averlo dato a un ragazzo che poco dopo non avrebbe neppure calcolato. Come succede con Daniele che si prende una cotta per il suo amico più stretto in quel momento e che non sa come gestirla perché lui non prova gli stessi sentimenti. E allora la delusione, la separazione solo per ritrovarsi poco dopo più uniti di prima.
La difficoltà nel riconoscere chi davvero sono i nostri amici, chi tira fuori il meglio di noi, a chi piacciamo così come siamo anche se in quel periodo non abbiamo la più pallida idea di chi sia quella persona, un po’ come capita a Livia che non riesce a lasciarsi andare quasi mai, ma che vorrebbe così tanto farlo che a volte starla a guardare fa più male che osservare criticamente la sua recitazione e lei, bisogna dirlo, è una delle meno peggio. E ancora le insicurezze di Monica, così intelligente, così brillante, ma presa in giro dai compagni chissà per quale assurdo motivo.
Insomma, Di4ri non sarà mai la serie migliore di Netflix, ma sicuramente è un prodotto carino per i ragazzini che ci offre la possibilità di dare uno sguardo alle nuove generazioni, al loro modo di approcciare quel mondo in bilico sull’adolescenza e allo stesso tempo di guidaci alla scoperta della attività sentimentali della 2D con tanta leggerezza. Anche perché diciamocelo, quali drammi seri si possono avere a tredici anni? Probabilmente nessuno.
E sì, forse Di4ri ha tanti problemi strutturali, ma tutto sommato è una serie senza impegno che si può guardare in qualche giorno e che potrebbe avvicinare tanti ragazzini al meraviglioso mondo delle serie tv, ragazzini che forse non hanno mai avuto rappresentanza sullo schermo.