Diavoli, la serie italiana di Sky dal respiro internazionale, torna con una seconda stagione (dal 22 aprile su Sky Italia e NowTv. Nella serie duellano e si inseguono due veri fuoriclasse della recitazione: Patrick Dempsey, idolo indimenticato di Grey’s Anatomy, nel ruolo del banchiere spregiudicato Dominic Morgan, e Alessandro Borghi, immenso talento italiano, in quello del suo pupillo Massimo Ruggero. La prima stagione di Diavoli era uscita nel 2020: a due anni di distanza la serie torna a parlare, dolorosamente, dell’attualità. Ecco dove eravamo rimasti: la nostra recensione degli ultimi episodi.
All’anteprima stampa, organizzata da Sky Italia a Milano, c’erano tutti: i pilastri della serie, Alessandro Borghi e Patrick Dempsey, gli sceneggiatori e i registi, oltre naturalmente alla rappresentanza di Sky Italia.
La prima stagione di Diavoli è uscita quando l’Italia era in pieno lockdown, ad aprile 2020: c’era da aspettarsi che le sorti della seconda stagione, scritta nel corso della prima ondata e girata durante la terza, si sarebbero intrecciate con il dramma mondiale del Covid-19. Ma la serie non parla solo di questo, anche se le primissime immagini della puntata in anteprima mostrano una Milano deserta, e non per esigenze di set: quelle immagini sono un crudo documento del momento più buio della prima ondata e cozzano decisamente con il panorama di una Piazza Duomo nuovamente gremita di gente, due anni dopo.
Si è trattato di un lavoro particolarmente sfidante per gli sceneggiatori (Franz Spotnitz, James Dormer, l’autore del romanzo da cui la serie è tratta, Guido Maria Brera, Naomi Gibley e Caroline Henry). Non solo per il difficile compito di rendere affascinante e appassionante un tema difficile e ostico come l’alta finanza, ma anche perché le condizioni nelle quali la serie è stata sviluppata erano drasticamente cambiate rispetto alla prima stagione.
Il mondo si è letteralmente rotto, osserva Guido Maria Brera: dopo due anni di pandemia è arrivata una guerra a lacerare ulteriormente gli equilibri e il fallimento della diplomazia, insieme all’instabilità economica e sociale, fanno apparire l’immagine del mondo di ieri un ricordo sbiadito, come la luce di una stella spenta.
I temi che Diavoli affronta nella seconda stagione sono di straziante attualità, in entrambe le finestre temporali in cui è ambientata: il mondo che si affaccia sull’orlo dell’abisso con il diffondersi della pandemia e i giorni convulsi e incerti del referendum della Brexit, che ha lacerato l’Europa dall’interno.
Perché non era ancora stata scritta una serie come Diavoli, così capace di raccontare il nostro tempo? Forse perché, spinti da una fantasia prolifica, preferiamo guardare troppo avanti, immaginando scenari distopici e apocalittici ma ci dimentichiamo che il presente, o il futuro prossimo, sono molto più indecifrabili e complessi da raccontare.
Franz Spotnitz spiega che la vera sfida di Diavoli è raccontare il mondo dell’alta finanza, spiegando anche i suoi aspetti più tecnici, in una maniera semplice e che possa appassionare. Non c’è dietrologia, in Diavoli: i fatti vengono esposti per come sono. Si tratta di dati, come viene ricordato spesso nella serie.
Il contributo degli attori presenti è stato particolarmente illuminante per capire dove sarà condotto lo spettatore in questa seconda stagione. Per Alessandro Borghi, che nella serie esibisce un impeccabile aplomb e un accento inglese perfetto, tornare a recitare in Diavoli è come tornare a casa: l’accoglienza che gli ha riservato Patrick Dempsey e tutto il cast fin dalla prima stagione, dichiara, lo hanno ripagato di tutti gli sforzi.
Alla nostra domanda su quale aspetto dell’evoluzione del suo personaggio preferisca in questa seconda stagione, Alessandro Borghi non ha dubbi:
“Il cinismo di Massimo è il risultato di una serie di traumi, accumulati nella prima stagione. Personalmente, quando preparo un personaggio, non sono uno di quegli attori che pianifica in anticipo: mi baso molto sulla scrittura, che in questo caso è di altissimo livello, e colgo ogni occasione possibile di studio. Ad esempio, grazie a Guido Maria Brera abbiamo avuto la possibilità di passare dei giorni in Morgan Stanley a studiare i broker. Anche solo vederli al desk ti dà l’idea di che tipo di vita facciano. Mettendo insieme questo e i traumi di Massimo nella prima stagione i casi erano due: o scappava da tutto e si metteva ad allevare cavalli in campagna o tornava nel mondo della finanza, ma con un altro obiettivo, nascondere tutte le sue fragilità”.
Il punto di forza di Diavoli è il livello del cast, osserva Borghi: a differenza di altre produzioni in cui spiccano solo i protagonisti, qui anche chi ha una sola posa ha la possibilità di distinguersi. Patrick Dempsey osserva come la serie riesca a raccontare l’aspetto umano delle persone che lavorano nell’alta finanza, che cercano di emergere spintonandosi a vicenda o scendendo a compromessi inimmaginabili.
L’attualità, sostiene il divo, è la cifra stilistica della serie, ciò che la caratterizza rispetto a molte altre e pone interrogativi molto pesanti sul futuro: riusciremo a invertire la rotta verso cui sta navigando il mondo? Riusciremo a riportare l’attenzione dei governanti sulle persone e non solo sul potere?