Dietland è una serie tv davvero molto particolare, creata e diretta da Marti Noxon (Buffy l’ammazzavampiri) e basata sul romanzo giallo di Sarai Walker.
Tratta della storia di una trentenne obesa che lavora come ghostwriter per una rivista di lifestyle, genere che nuoce alla sua già scarsa autostima. La vita di Plum – interpretata da Joy Nash nel suo primo ruolo da protagonista, già apparsa nella terza stagione di Twin Peaks – è quella di una donna grassa che non si sente altro. Il cibo è il nemico e l’obiettivo verso cui rivolgere tutte le risorse è l’intervento di bypass gastrico. Questo viene visto come il momento clou dell’esistenza, in cui tutti problemi saranno risolti: le donerà magrezza, bellezza, sicurezza di sé e vita sociale intensa. Ma come ci insegna Insatiable questo non è detto, anzi.
Il grasso è uno scudo protettivo dietro cui rifugiarsi. Una volta che non c’è più come ti difendi dagli altri?
Intimidita dalla società e inebetita dal loop della sua quotidianità, Plum si ritrova inseguita da una misteriosa ragazza goth che le scrive sulla mano “Dietland“. La prima di tante stranezze. Come il fatto che per la città iniziano a cadere cadaveri di stupratori dall’alto. O ancora, il capo di una setta che offre alla protagonista diecimila dollari in cambio di sedute con lo scopo di farle cambiare lo sguardo su se stessa. Anche se scettica, con il solo proposito di incassare l’assegno, Plum riesce ad allargare i suoi orizzonti.
Quando emerge un gruppo terroristico chiamato Jennifer, Plum è inizialmente disturbata, poi incuriosita, infine ispirata. Man mano che la portata di Jennifer si espande Dietland diventa complessa.
Dietland sbeffeggia e mette in discussione non solo la cultura dello stupro e il mondo della moda, ma ogni settore industriale volto ad alimentare l’insoddisfazione degli individui.
In tutta la vita ho cercato di trasformarmi in una preda migliore!
Nell’arco di una singola scena Dietland è capace di passare dall’essere divertente a devastante, con osservazioni puntuali e illuminanti sulla quotidianità per poi rappresentare allucinazioni o proporre elementi animati. Nel terzo episodio Plum non sa veramente cosa le sta succedendo, e nemmeno noi. Dopo aver improvvisamente interrotto l’assunzione di antidepressivi, osserva sbigottita una tigre uscita dalla TV che la incoraggia a mangiare una montagna di cibo e a fare sesso con lei (?).
Il problema maggiore di Dietland non è rappresentato tanto dai cambi di registro quanto dalla struttura che appare casuale e confusa a fronte di un’alta densità di contenuti. Volendo considerare solo i due principali filoni narrativi, la storia di Plum e quella di Jennifer, non si può dire che si intreccino armonicamente. Che la narrazione di Dietland sia forte, sovversiva e sopra le righe appare chiaro (qualcosa ci era stato anticipato qui), ma l’invito al pacifismo lo è altrettanto?
Il messaggio non arriva in maniera chiara, diretta, univoca, semplificata se volete. In sostanza pare un prodotto per élite culturale, tant’è che la seconda stagione è stata cancellata per il basso tasso di ascolti.
Dietland non è la serie perfetta, come non è un impeccabile manifesto del femminismo o la bandiera ideale contro il fat-shaming. Ma è una buona erede di prodotti come Mr. Robot, dalle trovate registiche geniali e molto cerebrale, illuminante per chi resiste alla sua dispersività.