Da ormai più di 100 anni Walt Disney è sinonimo di sogno e magia. Da più di un secolo il celebre studio d’animazione, fondato dal visionario cineasta, accompagna grandi e piccini nei più disparati mondi incantati, facendogli vivere esperienze indimenticabili. Il punto forte della produzione Disney è sicuramente rappresentato dai Classici, lungometraggi d’animazione che hanno scritto la storia del grande schermo. E che continuano, oggi, a regalare profonde emozioni agli spettatori di tutto il mondo.
I Classici Disney hanno una storia lunghissima (potete trovare qui la lista completa). Il primo capitolo di questa strepitosa avventura risale al 1937, con la produzione dell’iconico Biancaneve e i sette nani, prima grande dimostrazione della potenza narrativa ed estetica che gli studi avrebbero mantenuto per gran parte della loro esistenza. Da quel momento in poi sono stati realizzati ben 62 film, fino al discusso Wish dello scorso anno (potete recuperare qui la recensione). Film celebrativo dei 100 anni della Disney. In mezzo c’è una quantità di storie esorbitante, alcune delle quali, anzi molte delle quali a dire il vero, sono entrate a pieno titolo nell’immaginario collettivo globale. Ripercorriamo, dunque, la lunghissima storia dei Classici Disney andando a scoprire interessanti curiosità relative ad alcuni dei migliori film realizzati dallo studio d’animazione.
Sottolineiamo che i 15 lungometraggi scelti non costituiscono un indice di merito, ma abbiamo semplicemente selezionato alcuni dei migliori e più amati titoli della Disney, le cui curiosità ci sono sembrate particolarmente interessanti. Viene da se che molti titoli rimarranno fuori e ciò non esclude il fatto che possano comunque rientrare tra i migliori prodotti degli studi. Fatta questa premessa, cominciamo questo viaggio tra i segreti della narrazione più magica della storia del cinema.
1 – Il primo Classico Disney: le statuette di Biancaneve e i sette nani
La rivoluzione targata Disney ebbe inizio nel 1937. Biancaneve e i sette nani è, come abbiamo scritto in fase d’introduzione, il primo lungometraggio degli studi animati, ed è un film che ha rivoluzionato completamente il mondo del cinema. Fino a quel momento l’animazione viveva di cortometraggi, per cui l’operazione di Walt Disney rasentava la follia. Per di più, il tono dei corti animati era largamente comico, mentre in Biancaneve e i sette nani è il dramma a farsi spazio. Alleggerito, certamente, soprattutto dalla presenza degli amatissimi nani. Ma comunque ben evidente e fondante dell’intera costruzione narrativa.
Biancaneve e i sette nani ha rappresentato una rivoluzione che, come di rado accade in casi del genere, è stata colta sin dal momento stesso in cui si è manifestata. Il film, infatti, dopo aver ricevuto una candidatura ai premi Oscar nel 1938 per la migliore colonna sonora, ha ricevuto l’anno successivo, nel 1939, l’Oscar onorario, di cui è stato insignito lo stesso Walt Disney. Un premio volto a celebrare l’opera dell’animatore, che si presenta con una curiosa veste. Per l’occasione, infatti, la classica statuetta è stata affiancata da sette più piccole. Un richiamo più che evidente al film.
Vi starete chiedendo come mai, per premiare Biancaneve e i sette nani, è stato assegnato l’Oscar onorario e non un premio direttamente al film. Il motivo è che, semplicemente, all’epoca non esisteva la categoria del miglior film d’animazione. A stento esistevano proprio i film animati prima di Biancaneve e i sette nani. Ci sarebbe voluto parecchio tempo prima di vedere comparire questa categoria, oggi tra le principali, nei premi dell’academy. Il primo Oscar al miglior film animato è stato assegnato nel 2002, e curiosamente non è stato vinto dalla Disney.
A conquistare la prima statuetta della storia in questa categoria, infatti, è stato Shrek. Per vedere un successo della casa di Topolino si è dovuto attendere il 2004, col trionfo di Alla ricerca di Nemo. Il primo classico, però, a vincere un Oscar come miglior film animato è stato addirittura Frozen nel 2014. Prima di allora, solo film Pixar erano riusciti nell’impresa, oltre ad altri titoli di altri studi.
Prima del 2002, il rapporto tra gli Oscar e la Disney non si era limitato a questo particolare riconoscimento per Biancaneve e i sette nani. Nel 1991, La Bella e la Bestia riuscì nella storica impresa, mai replicata da alcun film animato, di ottenere una nomination come miglior film. Nel 1995, invece, Toy Story fu insignito di uno Special Achievement Academy Award.
2 – Le diverse ispirazioni per i personaggi de Il Re Leone
Dopo aver parlato del primo Classico Disney, passiamo ad analizzare le curiosità relative a quello che, secondo il parere di molti, è il miglior lungometraggio dello studio d’animazione. O comunque uno dei migliori. Il Re Leone raggiunge un grado di compiutezza e complessità narrativa incredibile. Tocca temi importanti, con un tono capace di oscillare dal solenne al divertito, conservando l’incanto e la magia della narrazione Disney, ma avventurandosi anche in terreni più impegnativi. È sicuramente una delle pellicole più toccanti ed emozionanti realizzate dalla casa di Topolino, e il suo successo è dovuto a diversi fattori, tra cui lo sviluppo di protagonisti iconici e delineati alla perfezioni.
Parliamo, proprio, della genesi di alcuni dei personaggi de Il Re Leone. Il protagonista più complesso è con tutta probabilità Scar, l’avido fratello di Mufasa, che si è imposto come uno dei villain più crudeli della storia del cinema. Dietro al perfido leone si rintracciano diverse influenze, fra cui un rimando a un celebre personaggio della letteratura: il re Claudio dell’Amleto di Shakespeare.
Nella tragedia del Bardo, Claudio è il fratello del defunto re di Danimarca, e zio del protagonista Amleto. Dopo la morte del sovrano, Claudio ha preso in moglie la moglie del fratello, Gertrude, regina di Danimarca e madre proprio di Amleto. Proprio quest’ultimo scopre, dall’apparizione del fantasma del padre, che è stato suo zio Claudio a ucciderlo, con del veleno nelle orecchie. Inizia così la missione di Amleto, che intende vendicare suo padre e uccidere il re usurpatore. Nella storia di Claudio si rintracciano, alla perfezione, gli echi della vicenda di Scar. Anche lui, con l’inganno, ha posto fine alla vita del fratello, usurpandone il trono. Inoltre, si può rintracciare una similitudine, questa più forzata, tra l’apparizione del fantasma del padre ad Amleto e quella dello spirito di Mufasa a Simba.
Quest’ultima, come detto, sembra essere un po’ meno convincente, soprattutto perché Mufasa non incita nemmeno lontanamente Simba a vendicarsi. Ma potrebbe anche essere la patina genuina della narrazione Disney ad agire. Sicuramente, il parallelo tra Scar e il Claudio dell’Amleto funziona ed è estremamente verosimile che dall’opera del leggendario drammaturgo inglese sia arrivata l’ispirazione per il tremendo villain de Il Re Leone.
Meno, complessa, invece è l’ispirazione relativa al look di Simba, la cui criniera richiamerebbe la folta chioma della rockstar Jon Bon Jovi. Molto popolare, in conclusione, è diventata anche la teoria secondo cui pure la cicatrice sul volto di Scar abbia un’origine celebre. Nel dettaglio, sarebbe il richiamo a quella di Tony Montana, il leggendario protagonista di Scarface interpretato da Al Pacino. Ad ogni modo, come vedremo anche più avanti la Disney ha spesso preso ispirazione da attori e personaggi famosi per disegnare i propri protagonisti e Il Re Leone ne è una prestigiosa testimonianza.
3 – Dal mito alla Disney: le diverse storie dietro Megara in Hercules
Le ispirazioni per i Classici Disney vengono dalle più disparate fonti. Le fiabe, sicuramente, ma anche il mito (se siete amanti dell’argomento, vi proponiamo la recensione di Kaos, la serie Netflix incentrata sulla mitologia greca), da sempre fucina estremamente florida per la produzione sul grande e piccolo schermo. Hercules in tal senso è uno dei prodotti più iconici, capaci di far convivere la maestosità del mito greco e il candore della narrazione Disney. Chiaramente, il lungometraggio animato non pretende di essere una rappresentazione fedele della tradizione ellenica, ma ci sono diversi riferimenti davvero entusiasmanti e curiosi.
Uno dei personaggi su cui si è lavorato maggiormente è stato quello di Megara. Innovativa come figura femminile nei Classici Disney, la donna racchiude in sé gli echi di diverse donne che si sono susseguite nel mito ellenico. La vera Megara era secondo la tradizione la figlia di Creonte, il re di Tebe, divenuta la prima sposa di Ercole dopo che lui riuscì a difendere la celebre città da un feroce attacco. La versione confezionata dalla Disney di Megara, però, richiama anche altre donne. Tra queste Deianira, altra sposa dell’eroe, che fu salvata dalle grinfie del centauro Nesso proprio da Ercole. Nel cartone animato, vediamo il protagonista imbattersi in Megara proprio perché attaccata da Nesso, ed è quindi evidente il richiamo a quest’altra figura.
Più vago, invece, è il rimando a Ebe, dea della giovinezza e figlia di Zeus ed Era. La sua caratteristica peculiare era quella di ricoprire il ruolo di coppiera degli dei, versando nettare e ambrosia agli abitanti del Monte Olimpo. Una condizione di asservimento che ritroviamo anche in Megara, che proprio nel cartone della Disney finisce per ricoprire a un certo punto il ruolo di coppiera per Ade. Questo sembra essere, come detto, un richiamo un po’ più esile, ma comunque significativo. È evidente come Megara sia stata concepita come un personaggio unico, slegato dal mito, destinato anche a rivoluzionare per certi versi le figure femminili presenti nei classici Disney. La donna presenta, infatti, una certa ambivalenza che la distacca dalle precedenti principesse dello studio animato e che ha contribuito in maniera significativa al suo successo presso il grande pubblico.