Distopia è la rubrica in cui ci immaginiamo i futuri distopici delle Serie Tv, provando a proiettare le storie tanti anni dopo la loro conclusione. Oggi è il turno di Sense8, la serie sci-fi affidata da Netflix alla penna delle sorelle Lana e Lilly Wachowski. Quello che abbiamo immaginato è uno scenario in cui i membri del cluster vengono rapiti da un gruppo di uomini misteriosi che ha in serbo per loro dei piani tanto precisi quanto inquietanti.
Il laboratorio è un posto cupo e freddo, asettico come le stanze d’ospedale con le loro pareti così bianche da fendere la vista. Anche il soffitto da cui Riley è sovrastata è dello stesso colore fastidiosamente abbagliante. Se scosta lo sguardo in modo da allargare i bordi della sua visuale, riesce a scorgere sagome rivestite da camici immacolati.
Di come sia arrivata lì, Riley non ha memoria.
Libero.
Come attivati dall’indicazione immessa direttamente nei loro pensieri, Will e Wolfgang si muovono lungo il corridoio deserto. Nomi ne segue gli spostamenti attraverso una delle prospettive offerte dallo schermo davanti a cui è piantata. Il sistema di sicurezza non è stato facile da arginare, ma nemmeno proibitivo come altri circuiti che si è ritrovata a dover bypassare. Ora ha una panoramica completa dell’edificio, distribuita lungo tanti riquadri quante sono le sezioni in cui è diviso il monitor. Il suo sguardo ha accesso a ogni locale, a ogni angolo, a ogni segnale di pericolo. Tutto ciò che deve fare è prendere nota di ciò che i suoi occhi assorbono e dirigere l’azione.
Lei impartisce le istruzioni, gli altri le eseguono.
La missione è al sicuro con loro.
L’ultimo ricordo a cui riesce a risalire è composto dagli occhi terrorizzati di Will e dal dolore lancinante esplosole violentemente dietro la nuca, figlio di un colpo sferrato a tradimento. Dopo essersi liberati di Whispers hanno vissuto al sicuro per anni, ma poi qualcuno ha preso a dargli la caccia. Di nuovo. Avrebbe dovuto immaginarlo. Avrebbe dovuto saperlo. La vita gliel’ho insegnato con la più dura delle lezioni: le cose belle non sono destinate a durare in eterno.
Quando Riley si è risvegliata, dopo un lasso di tempo non meglio definito, ha provato istintivamente a muoversi; è nel contesto di quel tentativo fallito che ha scoperto di avere polsi e caviglie bloccati dalla presa di legacci a cui è stata assicurata mentre era ancora priva di conoscenza.
I medici hanno continuato ad affaccendarsi attorno allo schermo.
Nessuno di loro le ha rivolto la parola.
Pericolo a ore 15.
Will e Wolfgang si voltano per puntare le pistole nella direzione indicata. Gli agenti avvistati da Nomi appaiono in fondo al corridoio pochi istanti dopo, le divise cucite addosso e le armi a loro volta spianate. “Abbassatele!” grida uno dei due, rinsaldando la presa sul calcio con fare intimidatorio. In tutta risposta, Wolfgang esplode un primo colpo. Seppur rallentati dalla sorpresa, gli uomini riescono a scansare il proiettile. Si rifugiano dietro la porzione di parete da cui sono spuntati e per un lungo momento la situazione si mantiene in totale stallo, quasi come se si fosse cristallizzata. Poi, all’improvviso, dei rumori si levano dal punto in cui i due agenti hanno trovato riparo. Si tratta di un miscuglio di colpi secchi e imprecazioni sputate tra i denti, con in mezzo scricchiolii prodotti da ossa che vengono spezzate. Nomi abbassa lo sguardo e incontra l’immagine di Sun impegnata a mandare al tappeto gli agenti. Quando prende possesso delle loro armi e fa per attraversare il corridoio, Nomi spedisce a Will un incitamento deciso.
Va’.
Will rinfodera la pistola e si allontana a grandi falcate, dirigendosi verso l’obiettivo preposto. La sua figura si è appena dileguata quando Wolfgang viene attaccato da un terzo agente di cui Nomi non aveva rilevato la presenza. Dev’essersi mosso mentre era intenta a monitorare Sun. L’uomo manca Wolfgang per un soffio e approfitta dello sbigottimento che il boato gli ha procurato per avvicinarlo e propiziarsi un secondo tentativo più facile da mandare a segno. Wolfgang ha il tempo di compiere un’unica, provvidenziale mossa: con un riflesso pieno di prontezza colpisce il braccio dell’agente che perde in un colpo solo arma ed equilibrio, franando sul pavimento. Nella caduta riesce ad agganciare Wolfgang e a disarmarlo a sua volta. Lo scontro va avanti a suon di pugni sferrati, scansati e incassati fino a quando Wolfgang non sfodera un’agilità apparentemente inconciliabile con la sua stazza.
Se non la mutuasse da Sun, non sarebbe mai in grado di sprigionarla.
È lei quella capace di destreggiarsi nei corpo a corpo, mentre Wolfgang e Will hanno nelle armi da fuoco la loro specialità. È grazie a Sun che Wolfgang riesce a scaricare il peso del suo avversario e ad alzarsi con un balzo che riesce addirittura a sembrare aggraziato, come è grazie a Wolfgang che Sun può centrare l’agente con precisione chirurgicamente letale appena quello si tira in piedi a sua volta, convinto di andare incontro a un supplemento di scontro anziché al proiettile che si conficca al centro della sua fronte. Nomi vede il foro che si apre nella carne, il rivolo di sangue scuro che scorre fino alla punta del naso, il tonfo pesante con cui il corpo senza vita si accascia al suolo, come se fosse fatto di pezza anziché di muscoli e carne ed ossa. Vede tutto questo, e non prova assolutamente nulla.
La posizione in cui è bloccata non le consente di accedere a una panoramica completa del suo corpo, ma la pressione che avverte all’altezza delle tempie e contro la fronte lascia ben poco spazio all’immaginazione: l’attrezzatura che ha attaccata alla testa è collegata allo schermo che emette un ronzio incessante e bip periodici a pochi passi dalla superficie di ferro a cui è legata. Il morso della paura le azzanna lo stomaco. Non è soltanto la sua paura ad assalirla; nel tumulto che le scoppia dentro Riley riconosce quella sfrenata e irrazionale di Lito, quella rabbiosa di Wolfgang, quella vivida e agitata di Kala, quella smussata di Sun e quella angosciata di Nomi. Riconosce la paura trattenuta di Will, che cerca sempre di controllare le proprie emozioni per non sovraccaricare gli altri, e soffre fisicamente per il fatto di non potergli allungare una carezza rassicurante. Tutti hanno paura per se stessi, per gli altri e per ciò che gli verrà fatto. Riley non sa di cosa si tratti, ma sa di potersi aspettare soltanto il peggio dalle premesse che sta vivendo.
L’ostacolo successivo si presenta con le sembianze di una donna. La pelle sotto la divisa ha il colore dell’ebano e gli occhi che sondano i paraggi sono così grandi da dominare l’intera forma del viso. Per qualche motivo, il suo aspetto riesce a fare breccia nel muro di impassibilità dietro cui Nomi è posta. Lo fa suscitandole una sensazione di familiarità che Nomi si ritrova a provare senza motivo per quella che non è la prima volta. Le è capitato di sentirla sbocciare nel petto davanti alle visioni più disperate: una marca di biscotti che è solita mangiare, un’immagine della torre Eiffel, i titoli di coda di una commedia romantica che a conti fatti non le è piaciuta poi tanto. Una volta, davanti a una panchina di pietra su cui è certa di non essersi mai seduta in vita sua, quel sentore l’ha travolta con tanta forza da mozzarle il respiro.
È come un puzzle che non riesce a ricomporre ma di cui intuisce il disegno; vorrebbe riuscire a incastrare i pezzi per ottenere una visione nitida e trovare una risposta alle domande da cui è assillata, ma non è in grado di farlo. Ogni volta che la sua mente si applica per provare a metterli insieme, finisce avvolta da una nebbia fatta di incertezza e confusione. Per un momento Nomi si lascia tentare dall’idea di non notificare la presenza dell’agente, ma poi il pensiero della missione torna a prevalere, prepotente e perentorio, e la spinge a contattare Sun per metterla in guardia.
Quando Sun mette fuori gioco la donna senza toglierle la vita, Nomi prova qualcosa di inspiegabilmente simile al sollievo.
Comprensione, controllo e creazione: i tre capisaldi del programma.
Comprensione
Una lunga fase di studio dell’attività cerebrale degli homines sensoria atta a tracciare un identikit neurologico della connessione e a ottenerne piena padronanza dal punto di vista teorico.
Controllo
Passaggio a una padronanza di natura pratica. La connessione è veicolata da una volontà esterna che guida gli homines sensoria in maniera eterodiretta. Essa fa sì che sia sufficiente esercitare il controllo su un unico membro per governare l’azione della cerchia.
Creazione
Capacità di impiantare la connessione nell’apparato neuronale degli homines sapientes, creando artificialmente nuove cerchie di homines sensoria. I soggetti da sottoporre alla sperimentazione saranno selezionati sulla base di conoscenze e competenze sfruttabili in commistione con quelle altrui. Il rischio di danni cerebrali è sussistente ma calcolato.
E adesso?
Ci penso io.
Will muove sul pannello mani che in quel momento appartengono a Nomi più che a lui. Le combinazioni da digitare passano dal cervello di Nomi al suo e si riversano direttamente nelle dita che tiene poggiate sui tasti, guidandole verso quelli da selezionare.
L’accesso viene sbloccato. Will afferra la valigetta e la prende in custodia.
Missione riuscita.