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Doc – Nelle tue mani è una Medical Dimension che ci ha creduto abbastanza

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A febbraio il mio problema principale era scegliere la destinazione per le vacanze di Pasqua. Opzioni: casa di mia madre – con flebo di polpettone attaccata alla bocca – o località esotica ‘X’ per un antipasto d’abbronzatura. Poi niente, il Covid-19 mi ha tolto l’imbarazzo. Ma alla riapertura delle frontiere ho approfittato dello smart working per trascorrere del tempo a casa come non accadeva da anni. E tornando in Italia ho scoperto tre cose interessanti. Sergio Muniz fa ancora tv, Barbara D’Urso si presenta in diretta con una caffettiera spesso abbinata ai vestiti (?), e Doc – Nelle tue mani bloccava le serate di burraco a casa mia.

Al solo sentire il titolo, Doc – Nelle tue mani, ho pensato subito all’ennesima, immancabile, porcheria italiana acchiappa-famiglie.

Doc - Nelle tue mani

Ma quando ho visto metà dei miei amici, colleghi e praticamente tutta la mia famiglia, mobilitarsi per la fiction di Rai 1 il giovedì sera, mi sono detta “mah, perché non provare a capire di cosa si parla”. E devo ammetterlo: tutto sommato non me ne sono pentita. Perché al netto di alcune sensazioni pericolosamente vicine a quelle provate per Gli Occhi del Cuore, Doc – Nelle tue mani non è la cosa peggiore che si sia mai vista in tv. Anzi. La fiction con protagista Luca Argentero in realtà di pregi ne ha diversi. Anche se tra questi sicuramente non vi è Luca Argentero.

Non fraintendetemi: io gli voglio bene, e si scherza. Semplicemente lo preferisco in foto piuttosto che davanti alla camera dopo la parola “azione”, per quanto ovviamente non si tratti di un attore di basso livello. Ma ok, assodato che il cast della serie non concorra per gli Emmy Awards, non ho potuto non riconoscere svariate virtù a questa Doc – Nelle tue mani. Prima fra tutte, l’intuizione di aver utilizzato un’avvincente – quanto triste – storia vera cui ispirarsi. È chiaro che la tragica vicenda del dottor Pierdante Piccioni – da cui la storia è liberamente ispirata – debba aver scaturito negli italiani quello stesso sentimento che ha spinto la mia collega di Bari a dirmi “meh, ij m la voc vdé”.

Ma il mondo della tv e del cinema è ormai pieno di prodotti ispirati ad avvincenti storie vere che ci ricordano come la realtà possa spesso superare la fantasia. Allora cos’è che ha salvato Doc – Nelle tue mani dalla rovinosa caduta nel vortice stilistico de Gli Occhi del Cuore?

Ilaria Spada non basta. E nemmeno l’innegabile bellezza di Luca Argentero. In fondo, per quanto carina e accettabile è pur sempre una fiction nostrana dal chiaro tono “troppo italiano”. In cui i flashback sembrano Instagram Stories nelle quali s’è forzata la mano con il filtro bellezza, e la sceneggiatura sembra esser stata scritta dimenticando come il fatto che dopo dovesse anche esser “recitata”.

In questo articolo avevamo già provato a farci un’idea. Poi pensando a come l’insuperabile Boris sia riuscita a centrare il nocciolo “creativo” di ogni medical drama italiano, mi sono ricordata di come la serie abbia raccontato anche del frustrante tentativo di qualche regista nostrano di mettere in scena, ogni tanto, qualcosa di “qualità”.

I fan di Boris non possono mai dimenticare quel “Medical DimenZion” servito da specchietto per le allodole, in cui Sergio Vannucci ha puntato al sole anche solo per finta. Di quel disperato tentativo di René Ferretti di creare qualcosa di davvero apprezzabile da offrire al pubblico italiano. Tra uno scarto dopo l’altro, una fotografia politica e una zinnona di tanto in tanto a ricordare quel tipico profumo di set italiano tanto distante da quello ameriano.

Ma nella serie di Mattia Torre Medical Dimension la luce non l’ha mai vista. A differenza di Doc – Nelle tue mani, che invece, tra uno scricchiolìo e l’altro, è riuscita a conquistare il cuore del bel paese e non solo.

Perché al netto di un’esterofilia che non abbandona quasi mai il cuore dell’italiano medio quando è il momento di giudicare il proprio, la fiction di Jan Maria Michelini e Ciro Visco ce l’ha fatta a sfondare. E i risultati lo confermano. Non solo infatti la serie è stata senza dubbio l’evento televisivo del 2020 italiano, ma ha conquistato anche il cuore di quegli stranieri tanto ammirati da Stanis La Rochelle.

Doc – Nelle tue mani al momento è già in onda in Spagna e Portogallo, a breve lo sarà in Francia e in Inghilterra, e presto volerà oltreoceano sulle ali della Sony che ne ha acquistato i diritti internazionali dalla Lux Vide. Lei sì che ha puntato ar sole insomma. Mike Wald, vicepresidente esecutivo della sezione Distribution and Network di Sony Pictures Television, si è finanche espresso in questi termini:

“Doc è una storia umana dal fascino internazionale. Il successo e l’apprezzamento che ha ricevuto in Italia, in gran parte senza precedenti negli ultimi anni, è un segno della sua unicità ed originalità. Non vedo l’ora di portare questa produzione originale italiana sul mercato internazionale, e di lavorare con i nostri partner in giro per il mondo, compreso qui negli Stati Uniti, per sviluppare degli adattamenti locali.”

Insomma un successo tutto italiano che di italiano sembra avere ben poco. Che fa quasi tirare un sospiro di sollievo al pensiero che finalmente gli spettatori d’oltreoceano vedranno una produzione italiana di qualità esulare dai soliti temi legati a mafia e criminalità.

Doc - Nelle tue mani

Dunque nessun inutilmente-agognato-telegatto per Doc – Nelle tue mani. Bensì quella soddisfazione che in Boris non siamo mai riusciti a vedere negli occhi di un disilluso Ferretti. Lui che in Medical Dimension ci stava mettendo tutta la passione di velleità artistiche rimaste tristemente tali.

Niente scene girate senza prova, niente “apri tutto!”, niente locura. Ma una sorpredente prova di narrazione in grado di stupire diversi detrattori delle produzioni nostrane. Gli stessi detrattori sconfortati da fiction che adorano strutturare il racconto attraverso il solito, inflazionato medical drama, più simile a una Incantesimo raccontata dalla Premiata Teleditta, che a una serie tv decente.

Il velato omaggio a Dr. House, un bilanciamento sorprendentemente positivo tra romance e altre storyline, e la capacità di catturare l’attenzione del pubblico con tematiche trattate con un tono non troppo banale, hanno sancito per Doc – Nelle tue mani un meritato apprezzamento. E hanno fatto sì che la serie riuscisse – almeno in parte – a competere persino con i più famosi medical drama americani. Certo, è facile dirlo dopo la tredicesima stagione di Grey’s Anatomy. Ma non è altrettanto facile farlo quando il panorama televisivo italiano ha pullulato per anni di incubi come La Dottoressa Giò.

Doc - Nelle tue mani

Poi per carità. Parliamo sempre di una produzione italiana che, come tale, deve affrontare i suoi demoni.

Se chiudo gli occhi posso sentire la voce del regista dietro il combo sussurrare all’orecchio dell’assistente un “cagna maledetta” ogni volta che un attore del cast non troppo ferrato dà una battuta in pieno stile Dottor Corelli. Così come immagino la richiesta di roba un tanto ar kilo per ogni scena girata con la luce smarmellata.

Ma non me la sento di pensarci troppo. In fondo anche Medical Dimension, nonostante i numerosi sforzi, non aveva potuto liberarsi del sempiterno Stanis La Rochelle che tanto piace alle nonne. O delle scenografie spesso traballanti, delle comparse pescate all’ultimo secondo per trentamila lire e di qualche altro intoppo qua e là. D’altronde è tutto parte della “tipica atmosfera da set italiano”. Con la differenza che stavolta, quando il regista ha urlato Dai Dai Dai! quelli di Doc – Nelle tue mani ci hanno creduto davvero.

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