ATTENZIONE! L’articolo contiene SPOILERS dei primi due episodi della quattordicesima stagione di Doctor Who.
Who are you?
I’m the Doctor
Doctor Who?
– Intro
Cosa succede quando, in Doctor Who, la regia sensibile di Russel T. Davies incontra la sceneggiatura sconcertante di Steven Moffat? Ne esce fuori un episodio come “Boom”. La terza puntata della nuova stagione di Doctor Who (che potete vedere sul catalogo Disney+ qui) riesce, infatti, a combinare perfettamente le due inclinazioni principali di questi straordinari showrunner. Entrambi, seppur con le loro abissali differenze, hanno ridato vita allo show della BBC sancendone il successo globale e lo status di culto pop. Da un lato, Davies con la sua particolare attenzione alle relazioni tra il Dottore e i personaggi circostanti, propenso, quindi, a umanizzare l’alieno proveniente da Gallifrey soffermando sugli aspetti più delicati ed emotivi del protagonisti. Prima con Nine e poi con Ten, Davies ha prediletto storie semplici in cui il focus rimaneva fondamentalmente il rapporto a due tra il Dottore e questa o quell’altra companion.
Con Moffat, i companion hanno altrettanta importanza. Anzi, sia i Pond che Clara Oswald (ecco qui 10 motivi per amarla) giocano un ruolo epico nella lore del Time Lord. Tuttavia, lo showrunner opta per una trama più verticale. Ogni episodio rappresenta un tassello di una storia molto più complessa e ingarbugliata. Nell’arco di Steven Moffat c’è la predilezione per il colpo di scena, per il cliffhanger e per l’inaspettato che mette sempre il Dottore in posizioni difficili e moralmente ambigue. Eleven e Twelve sono, in tal senso, figure più solitarie ed enigmatiche che, pur essendo circondate da persone amate, ci sembrano sempre essenzialmente sole. Alle prese con i propri demoni e colpe del passato.
L’episodio “Boom” rappresenta un punto di incontro tra queste visioni di Doctor Who drasticamente opposte. Il risultato è grandioso.
Dopo “Blink” (che rimane forse il miglior episodio di sempre di Doctor Who) e “Silence in the Library/ Forest of the Dead”, Steven Moffat torna a scrivere un episodio che è molto più di quello che sembra. Un grido d’aiuto. Un pianeta divorato dalla guerra. Il Dottore arriva sempre nel posto giusto al momento giusto e, anche stavolta, non può fare a meno di rispondere alle urla d’agonia che sente da lontano. Catapultatosi fuori dal TARDIS, senza nemmeno prendersi il tempo di capire come, quando, dove e perché, il Dottore corre a per di fiato in mezzo alle macerie, nel tentativo di vedere oltre la polvere che ricopre ogni cosa.
Nella sua corsa disperata, però, una disattenzione fatale rischia di costargli ogni cosa. In mezzo al fango e alla terra, infatti, sono nascoste delle mine e Fifteen ne calpesta accidentalmente una. In un battito di ciglia, il Dottore si ritrova in precario equilibrio sopra una di esse, con pochi minuti a disposizione per trovare una soluzione che impedisca di farsi esplodere.
Dal momento in cui il Dottore calpesta la mina, l’episodio si fa improvvisamente claustrofobico. Con il trascorrere del tempo, sia quello fittizio della narrazione che quello reale della puntata, la tensione cresce. Seppur una parte di noi sia assolutamente certa che nulla di male possa accadere, un’altra piccola vocina nel nostro cervello non riesce a pensare lucidamente facendoci temere per la vita di Fifteen e di Ruby. Soprattutto di Ruby, che, in fin dei conti, rimane una fragile umana. Come se non bastasse, quel sadico di Moffat, che detesta i lieto fine a quanto sembra, non ci pensa due volte a ridurre in cenere due dei personaggi secondari in questa puntata di Doctor Who. Uno di questi è John Francis Vater, il padre della piccola Splice.
Dopo questo breve inciso, non possiamo non lodare un terzo episodio che scuote, spaventa ed emoziona pur senza far muovere il Dottore di un millimetro.
Su Kastarion 3 si sta combattendo una guerra devastante in cui un algoritmo diabolico decide chi vive e chi muore.
Al Dottore bastano pochi secondi per rendersi conto della crudele verità che determina la guerra. L’algoritmo di Villengard, la più grande compagnia d’armi dell’universo, ha inscenato un conflitto a tavolino per assicurarsi maggiori profitti. L’algoritmo in questione bilancia costi e profitti, decidendo quali soldati possono o meno continuare a combattere e quindi rappresentare una fonte di guadagno duratura. Ma su Kastarion 3, quindi, non esiste alcun nemico nascosto nel fango, come i soldati anglicani credono. I soldati stanno combattendo contro loro stessi e i loro dispositivi militari, tra i quali le maledette mine anti uomo.
Sopra quella mina, il Dottore rappresenta una minaccia più grande di quanto non si pensi. Data la sua natura non umana, infatti, un’esplosione non si limiterebbe alla zona circostante ma a quasi metà del pianeta. Nel tentativo disperato di salvare se stesso, Ruby e tutti gli altri, Fifteen fa appello all’umanità di ciò che resta del povero John Francis Vater. Ricordandogli i suoi doveri di padre, il Dottore riesce a riaccendere la scintilla di umanità nell’intelligenza artificiale di Vater inviandolo come virus all’interno dell’algoritmo di Villengard per disattivarlo una volta per tutte. Una volta riuscito nell’impresa, anche la guerra su Kastarion 3 viene interrotta.
“Boom” è un episodio che, pur senza momenti di gloria o battaglie epiche, riesce a parlare della guerra in tutta la sua crudele insensatezza. L’algoritmo decide chi vive e chi muore adattando in chiave sci-fi una verità che riguarda anche il nostro mondo. Mai come gli oscuri tempi che stiamo vivendo, Moffat è stato in grado di raccontare della deumanizzazione del conflitto bellico e della sua assurdità. Un tema che Doctor Who ha affrontato in più di un’occasione e sotto chiavi di lettura diverse. Eppure questo caso, soprattutto, ci sembra spaventosamente attuale e vicino.
Ncuti Gatwa regge la tensione, ci rende partecipi della situazione d’impasse in cui si trova il Dottore riuscendo a trasmetterci la paura, l’ansia e l’angoscia del suo protagonista per tutta al durata di questa puntata di Doctor Who.
Con questo episodio di Doctor Who, le prime impressioni circa il quindicesimo Dottore stanno trovando conferma. Fifteen è una versione del Dottore che sente tutto in maniera particolarmente intensa. Per lui nulla è nuovo ma allo stesso tempo è tutto eccitante. Lontano dalla joie de vivre di Eleven e dal senso di responsabilità cosmico di Twelve, Fifteen è molto più simile a Ten di quanto non sembri. Con il Dottore di David Tennant condivide il carisma, l’entusiasmo e quell’ammiccante abilità persuasiva. C’è moltissimo anche di Rose in Ruby Sunday, companion dall’animo grande e dai segreti ancor più profondi (qui trovate la nostra recensione dell’episodio “The Church on Ruby Road”).
Anche sul finire della quarta puntata d Doctor Who, infatti, ritorna la neve e il mistero relativo alla vera identità di Ruby. Per amore della ragazza, ridotta in fin di vita, il Dottore rischia il tutto e per tutto per sconfiggere l’algoritmo. Non può trattenersi dal proteggerla e dal prendersi cura di lei ma esiste anche una parte di lui, quella più scientifica e cinica, che probabilmente è solo segretamente affascinato dal segreto di Ruby. C’è una pulsione alla scoperta che spinge il Dottore a rischiare mettendo in pericolo la sua vita e quella che gli sta attorno. È già successo in passato, non sempre è finita bene.
“A sad, old man once told me, what survives of us is love”
– Il Dottore
L’easter egg più appetitoso, tuttavia, riguarda la frase con la quale il Dottore ci lascia prima di salutarci.
La citazione, che abbiamo riportato sopra, rimanda all’ultimo verso di una poesia di Philip Larkin intitolata “The Arundel Tomb” e risalente al 1956. Considerata una delle creazioni migliori del poeta, sembra che Larkin scrisse la poesia dopo aver fatto visita alla tomba di Richard di Fizalan, conte di Arundel, e a quella della sua seconda moglie Eleanor Lancaster. Di fronte all’effige che ritraeva i due sposi uniti per mano, anche dopo la morte, il poeta rimase particolarmente toccato dalla potenza dell’amore. Sentimento in grado di superare il tempo e persino la morte. Ma c’è un’altra strofa che risulta particolarmente rilevante per il mistero riguardante Ruby Sunday, ovvero quella che recita:
“Rigidly they persisted, linked, through lengths and breadths of time. Snow fell, undated.”
-The Arundel Tomb
Che tradotto in italiano significa più o meno: “Rigidamente persistevano, legati, attraverso lunghezze e ampiezze di tempo. Cadeva la neve, senza data”. Negli scorsi episodi di Doctor Who (qui trovate la nostra recensione) abbiamo semplicemente scalfito l’enigma di Ruby. In “Boom”, invece, un indizio particolarmente rilevante potrebbe essere stato nascosto in bella vista.