Doctor Who è tra gli show più longevi della televisione, tornato in gran stile con il suo revival del 2005. Da allora, la serie tv britannica continua a raccogliere fan da tutto il mondo, nonostante alcuni scivoloni lungo la strada. A Christoper Eccleston spettò il compito di riportare in vita il Dottore, ma ci hanno pensato David Tennant e Matt Smith a far sì che ottenesse un enorme successo e venisse conosciuto anche oltreoceano. Peter Capaldi ha caricato il personaggio di una profondità più cupa mentre Jodie Whittaker ha fatto la storia come primo Dottore donna. Con l’avvicinarsi di una nuova era, l’arrivo di Ncuti Gatwa nei panni del Dottore e il ritorno di Russel T. Davies in quelli di showrunner, è arrivato il momento di fare una retrospettiva su queste passate tredici stagioni. Tra Daleks, Angeli piangenti, il Maestro e molto altro ancora, quale sarà stata la stagione peggiore in assoluto e quale invece la migliore? Questa è la nostra classifica, ma siamo molto curiosi di scoprire cosa avreste cambiato e su cosa invece siete d’accordo.
Una cosa è certa però: ogni stagione di Doctor Who è stata un viaggio straordinario attraverso le pieghe del tempo e dello spazio.
13) Stagione 11
L’annuncio di un Dottore donna per la prima volta nella storia della serie tv ha alzato un polverone degno di una tempesta di sabbia nel deserto. Tra chi ha accettato molto volentieri questo drastico cambio di direzione e chi, invece, si è opposto strenuamente all’idea di un dottore di sesso femminile. Jodie Whittaker si è ritrovata, così, al centro di una discussione accesissima con un’enorme responsabilità sulle spalle: trovare la propria voce e la propria personale interpretazione, come già avevano fatto i suoi predecessori, mantenendo però vivo lo spirito dell’alieno più famoso della tv. A prescindere da quale sia stata la nostra e la vostra posizione nei confronti del casting è, purtroppo, un dato di fatto che l’undicesima stagione sia stata una delusione totale. Il cambio radicale di interprete, showrunner, trama e companion avrebbe potuto ravvivare ancora una volta la storia di Doctor Who, proiettandoci in un’era tutta nuova. Sfortunatamente, al di fuori di alcuni episodi sporadici (“It Takes You Away”), l’undicesima stagione è stata particolarmente lenta, piatta e monotona con personaggi secondari solo superficialmente raccontati e storyline banali.
12) Stagione 13
La tredicesima stagione chiude l’era di Chris Chibnall al timone di Doctor Who e quella di Jodie Whittaker nei panni del tredicesimo Dottore.
Ma la conclusione è stata infine degna? Nì. Se da un lato, l’attrice ci ha regalato la sua miglior performance nei panni di Thirteen, dall’altro la trama orizzontale non è stata all’altezza del compito. Flux viene presentata come una miniserie, una storia breve in sei episodi che cambia tutte le carte in tavola. Dopo le straordinarie rivelazioni della stagione precedente, con Flux gli appassionati di lunga data dello show speravano di ricevere finalmente delle risposte. Anche in questo caso, però, i risultati non sono stati dei più efficaci lasciando le loro speranze disattese. Flux è un intricato labirinto all’interno del quale i nostri protagonisti faticano a trovare una via d’uscita mentre minacce dal passato fanno la loro silenziosa comparsa. Santoran e Angeli piangenti sono tra i nemici formidabili contro i quali il Dottore deve scontrarsi, tra un colpo di scena e l’altro, ma quando crediamo che qualcosa di straordinario sta per accadere ecco che dobbiamo subito ricrederci. Un addio molto dimenticabile, insomma.
11) Stagione 12
Sembra un complotto, lo sappiamo, ma rispetto alle ere di Steven Moffat e Russel T. Davies, quella di Chris Chibnall purtroppo si conferma come la peggiore della longeva storia di Doctor Who dal 2005 in poi.
La dodicesima stagione è la migliore del trio ma rimane, in ogni caso, in fondo alla classifica. Ci troviamo di fronte a un netto miglioramento rispetto all’undicesima ma non è abbastanza. Anche in questo caso sono presenti dei casi isolati notevoli come “Fugitive of the Judoon”, ma nel complesso è come se la dodicesima stagione avesse tirato il freno a mano da sola, impedendosi di esplorare e approfondire trame dall’enorme potenziale. Quel “The Timeless Children” ha sganciato una bomba troppo grande sulla lore di Doctor Who, tale da aver spinto moltissimi fan ad abbandonare delusi lo show. Nel season finale, infatti, viene rivelato come il Dottore non sia realmente originario di Gallifrey ma sia stato invece trovato e adottato. Non solo. Un’altra scioccante rivelazione ha mostrato come il primissimo Dottore non sia stato quello interpretato da William Hartnell. Prima di lui sembrerebbe ci siano state altre tre rigenerazioni, i cui ricordi sono stati rimossi. Insomma, un cliffhanger non da poco che ci ha lasciati interdetti, confusi e non del tutto sicuri sulle scelte di Chris Chibnall che, con queste nuove informazioni, resetta in qualche modo tutto ciò che davamo per scontato sul passato di Doctor Who.
10) Stagione 10
La decima stagione verrà ricordata come probabilmente la peggiore del periodo di Capaldi, pur rimanendo, nel complesso, un piccolo intoppo all’interno di un percorso magnifico. Ai lati negativi, rappresentati soprattutto da episodi filler poco incisivi e da una companion come Billie non molto carismatica, si contrappongono numerosi lati positivi: la presenza di Missy, l’altro Maestro, il ritorno del primo Dottore, un finale di stagione mozzafiato e l’interpretazione impeccabile di Peter Capaldi. Dopo tre stagioni nei panni del Dottore, l’attore scozzese non ha mai smesso di superare sé stesso approfondendo la propria interpretazione e arricchendo il personaggio di nuove sfaccettature. La sua rigenerazione è la più fragile e stanca, quella che, a un certo punto, smette di combattere e vuole solo farla finita. La fine per Twelve è dunque una liberazione, molto lontana dall’accettazione sorridente di Eleven o dall’attaccamento alla vita di Ten. Così il finale di stagione, “Twice Upon a Time”, ci mostra un Dottore più umano che mai, un uomo vecchio, solo e stanco pronto a dirci addio.
9) Stagione 3
Anche l’impeccabile trilogia di David Tennant non è esente da difetti e c’è una stagione che, purtroppo, non riesce a brillare come le altre due. Se escludiamo “Blink”, che rimane uno degli episodi più belli dell’intera serie tv, la terza stagione di Doctor Who non è stata poi così entusiasmante e lo scorrere del tempo ha agito in maniera impietosa. Rispetto al dolce romanticismo della seconda o alle montagne russe di emozioni della quarta, la terza stagione rimane in una zona di grigio che non ce la fa odiare ma neppure amare. Anche in questo caso, come per il punto precedente, ci sono diversi elementi, sia positivi che negativi, che si scontrano tra loro. Martha Jones è una compagna di viaggio intelligente e caparbia ma spesso fuori luogo, fastidiosa e insistente. L’alchimia tra Freema Agyeman e David Tennant non è fortissima, il che aumenta il divario rispetto alle altre companion amatissime ovvero Rose Tyler e Donna Noble. D’altro canto, assistiamo all’introduzione del Maestro nell’era moderna di Doctor Who, arcinemico del nostro protagonista e interpretato tra umorismo e sadismo da John Simm.
8) Stagione 1
Non è di certo invecchiata benissimo ma ha un valore sentimentale e storico tale per cui non avremmo mai potuto darle una posizione più bassa in classifica. Ha segnato il ritorno di Doctor Who in tv riuscendo ad adattare la formula classica dello storico show di fantascienza ai nuovi tempi moderni. Una serie tv che, quindi, riesce a coniugare passato e presente, omaggiando la tradizione ma creando le basi per una storia completamente fresca e nuova. La più grande amarezza rimane la partecipazione limitata di Christopher Eccleston e le modalità, per nulla felici, con i quali l’attore e i produttori si sono lasciati. Nel ruolo del Dottore, Eccleston ha preso sulle sue spalle una responsabilità non indifferente dovendosi rivolgere sia ai fan di lunga data ma anche a un pubblico di giovanissimi che non avevano mai visto la serie originale. Oggi quella prima stagione è stata oscurata da ciò che è venuto dopo ma rimane il primo tassello fondamentale per la storia e la fortuna del nuovo Doctor Who, con episodi indimenticabili come “Dalek” o “Bad Wolf”.
7) Stagione 8
L’arrivo di Peter Capaldi come dodicesimo Dottore non è stato dei più facili. Dopo le acclamate interpretazioni di David Tennant e di Matt Smith, le prime reazioni del fandom non sono state molto calorose preoccupate dalla freddezza con la quale Capaldi si è inizialmente approcciato al ruolo. I primi episodi, infatti, lungi dall’essere accattivanti, come nel caso delle rigenerazioni precedenti nella seconda e nella quinta stagione, non hanno convinto proprio tutti. Il dodicesimo dottore si presentava fin da subito come uno scorbutico, burbero e poco affabile alieno dal cuore di ghiaccio. Serioso e più vecchio rispetto ai suoi predecessori, il Dottore di Capaldi ha avuto bisogno di un po’ di tempo per carburare ma quando l’ha fatto ce ne siamo innamorati follemente. Tra un inizio stentato e un proseguo privo di episodi emozionanti e particolarmente sconvolgenti, l’ottava stagione si va a piazzare in quella zona di grigio dove trova a farle compagnia la terza. Inoltre il finale di stagione è reputato tra i più brutti di sempre, elemento che ha inciso sulla valutazione complessiva.
6) Stagione 7
Per un Dottore che arriva, un altro deve uscire di scena. L’era di Steven Moffat ci ha regalato alcune delle storyline più complesse e visivamente affascinanti, con un Dottore in lotta contro i propri demoni e il proprio passato, alle prese con una moglie, due companion eccezionali e la fine dei tempi. Tre stagioni unite tra loro da un unico filo rosso e da un mistero che, puntata dopo puntata, ci tiene incollati allo schermo. La struttura a matrioska delle stagioni di Moffat non ha però messo d’accordo tutti. Alcuni hanno infatti criticato l’eccesiva complessità della trama, imputando lo showrunner di aver reso Doctor Who troppo intricato e meno godibile rispetto al passato. Si tratta indubbiamente dell’era con meno episodi autoconclusivi, culminante con quella settima stagione e la celebrazione del cinquantesimo anniversario dello show. Negli episodi speciali “The Day of the Doctor” e “The Time of the Doctor”, Matt Smith ci saluta con il suo solito sorriso e tantissime lacrime chiudendo un cerchio, forse imperfetto, ma in ogni caso strabiliante.
La settima stagione verrà ricordata come una delle più ambiziose della storia di Doctor Who, riuscendo a superare certi problemi di produzione e regalandoci uno speciale che ha fatto la storia.
5) Stagione 9
In quinta posizione abbiamo deciso di inserire la nona stagione perché almeno una delle stagioni con protagonista Peter Capaldi meritava senza dubbio di piazzarsi in alto nella nostra classifica. D’altronde la nona stagione contiene uno dei finali migliori di sempre, con un Dottore in trappola e costretto a confrontarsi con il proprio dolore. L’animo più oscuro del Dottore viene alla luce dopo la “morte” di Clara. La ragazza non è mai stata una semplice companion, ma piuttosto una figlia surrogata e, soprattutto, la ragazza speciale che l’ha salvato almeno in dodici vite. In una corsa disperata contro il tempo, Twelve cerca di cambiare il destino di Clara ma ci sono cose che non possono essere modificate. La sorte di Clara è segnata, si può solo trovare una scappatoia. In un confronto straziante è Twelve a dimenticarsi infine della ragazza, a non conservare di lei nemmeno un ricordo, solo una sensazione che si tramuta in canzone. Capaldi è in stato di grazia per tutta la durata della stagione ma è in questo episodio che ci lascia un ricordo indelebile del suo percorso nei panni del dodicesimo Dottore.
Lo speciale di Natale con River Song, poi, è un’ulteriore riprova della bellezza di questa nona stagione di Doctor Who e della sua meritata quinta posizione.
4) Stagione 6
Abbiamo già detto come l’approccio utilizzato da Steven Moffat si sia distinto rispetto a quello degli altri showrunner. La sesta stagione di Doctor Who è l’esempio vivente di questa nuova direzione intrapresa. Gli episodi, infatti, vanno a costruire un arco narrativo molto ampio in cui le puntate stand alone sono praticamente inesistenti. Già dall’inizio di stagione abbiamo l’impressione di trovarci di fronte a una storia molto diversa rispetto a quanto visto finora. “The Impossible Astronaut” si apre con il Dottore che riceve una misteriosa lettera dal futuro e si ritrova a Washington D.C. per incontrare i suoi compagni Amy, Rory e River Song. Durante l’incontro, però, un astronauta lo uccide, almeno una versione di lui. Proprio da questo mistero si sviluppa la sesta stagione, ricca di colpi scena inaspettati e di rivelazioni importanti. Chi ha ucciso il Dottore e perché? Un enigma che si incastra nella trama di Doctor Who mentre vari personaggi vengono esplorati e approfonditi. In particolar modo, la stagione esplora ulteriormente la relazione tra il Dottore e River Song, che è un personaggio chiave nella storia di tutte le incarnazioni dell’alieno di Gallifrey.
3) Stagione 2
Dopo l’amarissimo addio di un Christopher Eccleston che è rimasto troppo poco (e che si è pentito infatti negli anni a venire), il pubblico di Doctor Who deve già dare il benvenuto a un nuovo interprete. Stesso ruolo ma attore completamente diverso nello stile, nei modi e persino nell’accento. L’inglese operaio di Eccleston lascia il posto allo scottish di David Tennant che ci sorride lasciando trasparire nella sua interpretazione tutta la gioia vera dell’attore. Il sogno, fin da piccolo, era proprio quello di vestire i panni del suo idolo e, pensate un po’, non solo ce l’ha fatta ma segnerà la storia tornando nuovamente nei panni del Dottore quest’anno. Non sappiamo ancora molto sul ritorno di Tennant che, comunque, andrà a incarnare un’altra versione del Dottore e non quindi quella di Ten. Ma torniamo a noi. Terza posizione per quella seconda stagione che entra finalmente nel vivo della trama e semina un po’ di misteri lungo il percorso. Tra i grandi punti di forza c’è indubbiamente l’alchimia profonda tra Tennant e Billie Piper, che veste i panni dell’iconica companion Rose Tyler. I due fanno scintille sullo schermo, tanto da aver dato vita a una delle ship più belle della storia della televisione.
2) Stagione 5
David Tennant è stato il protagonista più amato di Doctor Who, ma è per merito del suo successore che lo show ha ottenuto enorme risonanza al di fuori dei confini britannici.
Il volto infantile, spensierato e buffo di Matt Smith, con il suo corpo esile e le sue movenze “giraffesche” (chi sa sa) hanno alimentato l’icona del personaggio, facendolo conoscere anche a chi non aveva mai sentito prima parlare dello show. Proprio la quinta stagione, dunque, non può che meritarsi il secondo posto all’interno di questa classifica. Matt Smith è stato un interprete d’eccezione. La sua giovane età e inesperienza gli hanno permesso di plasmare un Eleven completamente da zero, senza eccessivi metri di paragone. C’è del comico, del bizzaro e dell’istrionico, soprattutto in questa quinta stagione dove il nostro Dottore è come un bambino che guarda affascinato le stelle. “The Eleventh Hour” è un inizio con il botto che ci mostra, fin da subito, gli ambiziosi progetti di Moffat e il talento camaleontico di Matt Smith, attore dall’enorme potenza scenica e in grado di spaziare da ruoli comici a drammatici, dall’eroe al villain con assurda facilità. A completare il quadro ci sono pensano i Pond, sicuramente tra i companion più apprezzati dal fandom.
1) Stagione 4
Eccoci arrivati dunque alla prima posizione. Un primo posto ambitissimo e difficilissimo e, quasi sicuramente, non tutti i nostri lettori saranno d’accordo con questa scelta. A maggior ragione, siamo curiosi di sapere quali stagioni avreste messo voi sui podio e chi tra queste si aggiudicherebbe la medaglia d’oro. Noi abbiamo scelto la quarta stagione di Doctor Who, anche se il divario qualitativo tra questa e la quinta è davvero molto sottile. Diciamo che sarebbero arrivate prime a pari merito. La quarta stagione è un’avventura colorata ed esaltante, in cui il nostro Ten deve affrontare nemici di ogni sorta, in compagnia di una donna eccezionale, Donna Noble. Si tratta della stagione con i migliori episodi stand-alone, con la migliore chimica tra Dottore e companion e, a differenza dell’era Moffat, procede in maniera semplice e lineare senza complicazioni varie ed eventuali. Una semplicità che, però, non è mai sinonimo di banalità. Le storie sono in grado di trasmetterci emozioni e lezioni profonde, toccandone le corde del nostro cuore con poche semplici frasi. David Tennant dona cuore e anima in questa incarnazione e il suo addio è, ad oggi, probabilmente il più straziante mai visto.