Un attore dal forte pedigree teatrale, con alcuni importanti ruoli secondari in TV e in rampa di lancio ma non ancora una star affermata: queste sono le caratteristiche di chi solitamente viene scelto per essere il protagonista di Doctor Who, un’istituzione della TV britannica e non solo. Ncuti Gatwa le rispecchia tutte e, allo stesso tempo, riesce ad andare oltre e a essere una scelta innovativa e grandiosa. Lo ha dimostrato nell’ultimo speciale con David Tennant, in cui finalmente è apparso, seppur per poco, nei panni di Fifteen in una maniera che non sveleremo in questa sede. Ma per chi l’ha visto, non può che esser già conquistato da questo nuovo Dottore e, soprattutto, dal suo scoppiettante e sorprendente – ma fino a un certo punto – interprete, che fa ricredere anche i più scettici. Certo, di fronte ha una prova difficilissima, considerando l’importanza del ruolo e il venire dopo Tennant, il più amato di sempre nei panni del Dottore, che, tra l’altro, è anche il preferito di Gatwa, come rivelò al The Guardian:
“Sembra che il cerchio si sia chiuso, perché David è stato il mio Dottore e una grande ispirazione per me come attore. […] David aveva un che di scozzese, quasi selvaggio, ed è quello che mi piaceva. Ho sentito un’affinità con questo. Quindi per lui, tra tutte le persone, passare il testimone – sembra davvero surreale”
Lo stesso David Tennant ha accolto con entusiasmo l’arrivo di Ncuti Gatwa nelle vesti di un personaggio che ama profondamente, dicendo:
“Lui è una forza della natura. Ho potuto vederlo un po’ al lavoro ed è piuttosto eccitante. […] Si può vedere che Ncuti ha così tanto talento ed energia, è così ispirato e carismatico”.
E già qui l’investitura (e la pressione) è tanta per Gatwa in Doctor Who. Ma andiamo per gradi.
Per chi non lo sapesse, Ncuti Gatwa è nato in Rwanda nel 1992 e la sua famiglia si è stabilita in Scozia quando lui era ancora un bambino, per sfuggire al terribile genocidio ordito contro la popolazione dei Tutsi. L’attore ha trovato subito un legame con la storia del Dottore, un alieno che è sopravvissuto a una sanguinosa guerra che ha distrutto il suo popolo. Entrambi, dunque, hanno sperimentato un fatto traumatico, hanno combattuto per integrarsi e hanno forgiato sé stessi in modo da rendersi più resistenti alle intemperie. Gatwa stesso disse a questo proposito: “Questa persona è sopravvissuta a un genocidio. Questa persona si inserisce ovunque e in nessun luogo. Io sono il Dottore. Il Dottore è me. Ho deciso che dovevo ottenere questo ruolo“. Tuttavia, i pronostici non erano a suo favore. Insomma, guardando ai suoi predecessori, non ci avrebbe scommesso una lira. Anzi, un penny. Però, Doctor Who è sempre stata capace di fare della diversità, del rinnovamento e della varietà i suoi punti di forza. Davies rimase così folgorato da Gatwa che, dopo pochi secondi, gli aveva già consegnato le chiavi del TARDIS.
Prima, però, facciamo un passo indietro, così da capire meglio che cosa Gatwa possa apportare al personaggio del Dottore (e alla serie tv stessa).
L’attore ha faticato terribilmente per affermarsi, tanto che per lui ogni singola audizione non era solo lavoro ma un’ancora di salvezza dalla fame e dagli stenti. Sex Education rivoluzionò la sua intera esistenza. Il suo Eric Effiong non era il protagonista, eppure quando compariva rubava la scena, grazie alla poliedricità, alla presenza, all’energia, all’ironia, al quel suo essere un giovane saggio e al carisma di Gatwa (non a caso ha vinto dei premi per la sua interpretazione). Tutte qualità del Dottore, non trovate? Con Eric ha mixato quella sua comicità arguta e spavalda con momenti più emotivi affrontati con grande umanità, grazia e profondità. Eric ha dovuto elaborare, anche sbagliando, molte cose, tra cui la sua sessualità, la sua fede, la sua identità, i legami con gli amici e la famiglia, portandosi un grande peso sulle spalle e risultando uno dei ritratti adolescenziali più efficaci per merito della naturalezza del suo interprete, sebbene non sia stato un ruolo così semplice come lui lo faccia apparire. E spesso Sex Education si affidava proprio a questa sfaccettata forza della natura per rendere ancor meglio l’emozione di una data scena.
Ciò è la prova che ha fatto comprendere a tutti che l’attore poteva portare avanti uno spettacolo da solo. Anche se quella serie si chiama Doctor Who, un palcoscenico ostico sì ma perfetto per mettersi in gioco e per crescere ulteriormente. Soprattutto per chi, come Gatwa, le caratteristiche del Dottore le possiede tutte. In più, avrà dalla sua una ricca casa produttrice come Disney, cosa che aveva già sperimentato nella sua frizzante parentesi rosa in Barbie, che l’ha arricchito ulteriormente da questo punto di vista (e, come ammise lui stesso, l’ha fatto perdere negli occhi blu di Ryan Gosilng, come biasimarlo!).
Come abbiamo detto all’inizio, Gatwa è vecchio e nuovo allo stesso tempo per Doctor Who. Concentriamoci ora sul secondo aspetto.
Oltre ad attrarre un pubblico giovane e a svecchiare la show, lui è il primo protagonista afrodiscendente di Doctor Who (Jo Martin, infatti, l’aveva interpretato per poche puntate) e il primo appartenente alla comunità queer. Ed ha perfettamente senso. Non è solo un adattarsi ai tempi odierni, pensiamoci bene: il Dottore ha molteplici identità, quindi come può qualcuno con più di mille anni ritrovarsi sempre con il solito aspetto – eccetto Jodie Whittaker e Jo Martin – e sperimentare sempre il solito tipo di attrazione etero mentre si muove attraverso tutto il tempo e lo spazio? Inoltre, andrebbe a riempire una carenza della serie britannica, le cui relazioni e persone queer sono poco rappresentate (a memoria, ci sono solo Jack e Ianto, Madame Vastra e Jenny o personaggi come Billie e Rose Noble). Ecco che il potenziale di questo Dottore diviene enorme e Doctor Who può imparare da se stesso mentre imbocca nuove e audaci direzioni ed esplora un personaggio complesso e meravigliosamente ancora da scoprire dopo ben 60anni. Fifteen è in grado di portare una nuova prospettiva che non è mai stata condivisa prima e questo è esattamente ciò di cui la saga ha bisogno.
Vogliamo che Doctor Who torni quella serie che ci ha fatto innamorare e Gatwa ci ha già mostrato che con lui è possibile. In The Giggle si percepisce subito che è il Dottore. Ha l’umanità di Paul McGann (Eight) e di Tennant 1.0; la presenza vivace di Matt Smith (Eleven), la calma durezza di Colin Baker (Six) e di Sylvester McCoy (Seven) e la fresca speranza di Peter Davison (Five). Eppure è diverso, non vacilla, non pare instabile, ma sa già chi è e non ha niente da nascondere. Ricorda Peter Capaldi, ma non sfocia nel suo cinismo; pare che tutto sia forgiato dall’empatia e da una comprensione di sé stesso così profonda che rappresenta una scelta innovativa. Anche la sua fisicità è interessante perché, accanto all’espressività esplosiva di Tennant, Gatwa è più autorevole e fermo; mentre Ten, Eleven e Thirteen erano iperattivi, lui è controllato. Almeno per il momento. E non ha più nemmeno quella rabbia tipica delle versioni sopravvissute alla Guerra del Tempo, preda del Flux o dell’abbandono dei companion.