La storia dell’era moderna di Doctor Who inizia con il Nine di Christopher Eccleston. Un Dottore diverso da tutte le altre rigenerazioni passate (ma anche future), soprattutto perché il tempo trascorso dalla sua ultima versione, l’Ottava, è parecchio: dal 1996 al 2005 sono passati ben nove anni. Di conseguenza, non c’era una vera e propria controparte con cui confrontarsi e quella era un’opportunità più unica che rara di fare un qualcosa che rompesse decisamente con la tradizione. E, manco a dirlo, venne colta al volo.
Nine non si presenta come il tipico dandy britannico, né con abiti eccentrici o vistosi: il suo modo di vestire con quei semplici jeans e giacca di pelle nera, il suo modo di parlare e di comportarsi sono molto umani.
Quella che abbiamo davanti in Doctor Who è l’incarnazione dello straordinario in un corpo ordinario.
A prima vista il Nono Dottore è spensierato, prende tutto con calma e la fiducia in sé stesso rasenta l’arroganza. Ama la vita, affrontandola con dolcezza e leggerezza, cercando di trovare divertimento e umorismo anche nelle situazioni più buie. Come ha sempre fatto. Eppure scopriremo ben presto che, dietro quell’apparenza felice e serena, si nasconde ben altro ed emerge in particolare quando si trova di fronte all’ultimo Dalek esistente, faccia a faccia con la creatura che ha sterminato i Signori del Tempo ma che condivide con lui lo stesso beffardo destino: essere gli unici sopravvissuti della loro specie. Quell’oscurità che nascondeva dentro il suo cuore emerge in maniera prepotente, senza che Nine possa fermarla. Il suo odio nei confronti del Dalek è intensissimo ma, allo stesso tempo, ne ha una paura profonda, molta di più di quella che provavano le sue rigenerazioni passate.
In quell’istante la maschera del Dottore cade e il confronto con il suo nemico storico rivela la vera personalità di Nine, l’entità del suo danno emotivo e quella sicurezza in sé stesso così ostentata si scioglie come neve al sole. In lui è presente un grandissimo senso di colpa e un’incertezza acuta, causata dall’incapacità di salvare il suo pianeta natale dall’attacco dei Dalek. Lasciandogli una cicatrice ancora troppo fresca. Ed è per questo che la frase del suo nemico lo colpisce così nel profondo:
“Saresti un buon Dalek”, gli dice quella creatura.
In quella affermazione c’è tutto il timore del Nono Dottore di diventare esattamente come la sua nemesi: freddo e spietato, senza pietà o compassione. Allora finse di essere fiducioso, di avere il controllo quando in verità non credeva più in quello che faceva o nella sua moralità. Avevamo davanti un’anima persa, un uomo arrabbiato, oscuro, addolorato, più di ogni sua altra incarnazione in Doctor Who. Quel dolore è parte integrante di lui, con quel fuoco pronto ad accendersi da un momento all’altro e incendiare tutto quello che incontra sul suo cammino.
Quei dubbi, però, li deve nascondere e imbottigliare dentro di sé fino a dimenticarsene, fino a farli scomparire nel nulla, mettendosi la maschera con cui lo abbiamo inizialmente conosciuto. Del resto, a chi poteva raccontare tutto questo? Di chi poteva fidarsi? E soprattutto chi poteva capirlo? Ecco perché non parla del suo passato, nemmeno con Rose: oltre a vergognarsi profondamente delle sue azioni, ha paura che non l’avrebbe più accettato così com’è, danni e tutto il resto. Non sapeva come la ragazza avrebbe reagito e non voleva perderla. Anzi, non poteva.
Rose è fondamentale in Doctor Who: aiuta Nine a fare i conti con i suoi demoni, diventando il suo modo per andare avanti.
La ragazza è coraggiosa, capace, determinata e non ha paura di affrontare il pericolo. Certo, all’inizio è impulsiva, cosa che Nine non riesce a sopportare perché non ha tempo per gli sciocchi. La sua rabbia e il suo dolore per la Guerra del Tempo sono ancora troppo forti, vivide nella sua mente, ma con Rose ritrova la gioia di mostrare a qualcuno l’universo. Piano piano il suo carattere si ammorbidisce nel corso dei viaggi con lei, una semplice umana che, nonostante la sua unica vita, non si tira mai indietro e riesce persino a salvagli la vita un paio di volte.
Per questo il Nono Dottore l’ama, e non c’è dubbio che anche lei lo ami, sebbene i due non se ne resero conto per parecchio tempo.
Entrambi avevano bisogno dell’altro: il Dottore per non essere più solo, Rose per vivere una vita ben oltre i suoi sogni più sfrenati. Man mano le loro avventure proseguono, la ragazza diventa sempre più sicura di sé e Nine scopre in lei un’amica con il quale confidarsi. Grazie a Rose la visione dell’umanità del Signore del Tempo cambia in positivo. All’inizio di Doctor Who rispettava questo popolo, lo proteggeva, ma era riluttante a farsi coinvolgere da qualsiasi essere umano a livello personale. Il rapporto con la sua companion lo aiuta ad aprirsi e a imparare ad amare nuovamente il prossimo. Che sia umano o alieno.
Un Dottore che, alla fine del suo mandato, si trova di fronte allo stesso dilemma che l’aveva completamente distrutto. Ciò che nel Bambino Vuoto era riuscito a evitare, esclamando con tutta la gioia che aveva in corpo: “Tutti vivono, Rose. Solo per questa volta, tutti vivono!” E vediamo come un grande peso venga tolto dal suo cuore. Purtroppo i Dalek tornano e lui deve scegliere: ripetere la soluzione apocalittica impiegata durante la Guerra del Tempo e spazzare via i Dalek una volta per tutte (distruggendo la Terra e ogni essere vivente su di essa nel processo), o permettere ai Dalek di vincere ma salvando così l’umanità?
Incapace di prendere una tale decisione con Rose al suo fianco, il Dottore la induce con l’inganno a tornare al suo tempo, felice che, qualunque decisione prenda, almeno la ragazza sarà al sicuro. Ma, come ben sappiamo, lei non ci sta. Perché, durante la sua breve vita, questo Nono Dottore ha ispirato gli altri a raggiungere il loro vero potenziale. È significativo quindi che il coraggio di Rose costringa il Dottore a rischiare la propria vita per salvarla, sfidando quelle paure che aveva sempre mascherato di fronte alla sua companion e che continua a nascondere, con chiacchiere semplici e spensierate, rimandando la rigenerazione fino alla sua ultima epica frase:
“Sei stata fantastica…e sai cosa? Anch’io lo sono.”
Un momento estremamente significativo dato che tutta la vita di Nine è stata definita dall’angoscia e dal rimorso. Nel tempo con Rose – e anche con Jack – ha imparato a valorizzarsi e ad accettarsi perché, nonostante pensi di essere un mostro, un fallimento, non lo è. Lui è geniale, buono, semplicemente fantastico.