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Il finale di Doctor Who e la difficoltà dell’inevitabile cambiamento

Doctor Who
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Siamo giunti alla conclusione. O meglio quasi, perché prima di dare l’addio definitivo a questa era di Doctor Who dovremmo aspettare l’episodio di Natale, ma senza dubbio di un certo tipo di conclusione possiamo parlare vedendo questo episodio. La fine della storia di Bill, di Nardole e forse anche di Missy ma soprattutto una fine, una caduta fisica e figurata per il Dottore di Peter Capaldi.

The Doctor Falls riprende le fila del precedente episodio con Missy ed il Maestro dalla stessa parte contro il Dottore e Bill trasformata nel primo vero Cybermen. La lotta sulla nave diventa una corsa contro il tempo per la sopravvivenza, con i Cybermen adesso programmati per uccidere chiunque abbia due cuori.

Ho riflettuto molto su come dover scrivere questa recensione, essendo stata via non ho potuto lavorarci prima e adesso a distanza di una settimana penso sia superfluo parlare di cose che voi avrete già letto e riletto. Scrivo le righe che seguono con il cuore in mano, con tutto l’affetto per questa Serie Tv, il suo showrunner ed il suo interprete.

Doctor Who sta per concludere un pezzo consistente della sua storia, un periodo che ha celebrato il 50° anniversario, che ha visto nascere nuovi incredibili mostri e si è connotato per uno stile fuori dalle righe e spesso contestato.

L’ultimo episodio della decima stagione mostra un aspetto del Dottore sempre presente ma molto spesso dimenticato: la fragilità.

Doctor Who

Steven Moffat, tra le tante cose che è, è sicuramente un fan di Doctor Who e l’ha dimostrato ampiamente con quella sua capacità di scavare nella psiche del personaggio e tirarne fuori il meglio ed i peggio. Moffat con la sua narrazione fatta di colpi di scena, di genio e di non-sense dimostra di conoscere il Dottore e di volergli bene come ad un caro amico.

Una puntata quindi che regala grandi emozioni, che fa scendere qualche lacrimuccia e che si conclude con un sonoro BANG! Rimangono solo piccole rimostranze per un episodio altrimenti ottimo.

The Doctor Falls è una metafora sulla crescita, sul cambiare e sull’accettare questo cambiamento il più delle volte per niente facile. Il nostro gridare di fronte al tempo inesorabile che non risparmia nessuno, la paura dell’ignoto e della strada sconosciuta di fronte a noi e del volto allo specchio che assomiglia sempre di meno al nostro.

Doctor Who

Ma d’altronde che cosa è Doctor Who se non una parabola sul crescere e diventare grandi? La rigenerazione visibile del Dottore è il cambiamento che avviene impercettibilmente in noi, giorno dopo giorno. In questa puntata il cambiamento riguarda tutti i personaggi: Nardole che è chiamato ad una grande prova; Bill intrappolata in un corpo che non è più il suo; Missy che affronta letteralmente il proprio lato oscuro e ne esce vincitrice; il Dottore che di fronte all’ennesimo cambiamento, si ribella.

È una lotta che ogni personaggio ha in primis con sé stesso, i Cybermen vengono infatti relegati in secondo piano, sono un nemico atteso che fa la sua comparsa solo alla fine.

Doctor Who

I loved being you. Every second of it. Oh, the way you burned like a sun, like a whole screaming world on fire. I remember that feeling. And I always will. And I will always miss it.

La lotta sicuramente più sentita negli ultimi episodi è quella che si svolge nell’animo di Missy, che di fronte alla psicopatica e terribile rigenerazione di John Simm vive una vera e propria crisi esistenziale. In Missy il pentimento e la colpa sembrano davvero avere la meglio e ciò la porta ad uccidere sé stessa in una scena che rimanda quasi ad un’immagine di stoica memoria.

I colori freddi dell’intero episodio urlano a gran voce “fine” ed anche le fiamme dell’esplosione non riescono a riscaldare il gelo che fa da cornice a tutto.

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THAT IS NOT ME

L’unica vera pecca di questo episodio è Bill, essere diventata un Cyberman era un destino tragicamente perfetto che ancora una volta ricalcava quell’inevitabile punto di arrivo che accomuna le companion. Per la seconda volta Moffat ha invece, all’ultimo minuto, optato per il lieto fine e questo non mi sta bene. Il parallelismo con Clara è inevitabile.

Non solo anche Clara è stata, ben due volte, intrappolata dentro un corpo estraneo (Daleks), ma come ben sappiamo la sua fine all’interno della Serie Tv è stata pressocché identica a quella di Bill. La mia impressione è che Moffat non abbia voluto rischiare per paura di inimicarsi ulteriormente i fan o semplicemente per il desiderio di voler dare una sorta di lieto fine. Sbagliato in entrambi i casi.

Tutta la parte di Bill come Cybermen perde così potenza ed importanza, un quadro altrimenti perfetto. L’amore non può essere la soluzione a tutto, non nel mondo di Doctor Who. Una Serie Tv per bambini, è vero, che deve però avere il coraggio di rischiare scegliendo anche strade scomode.

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Who I am is where I stand, where I stand… is where I fall. 

Ci sono alcuni momenti, immancabili per ogni Dottore. Le prime parole con le quali il nuovo interprete deve innanzitutto dare vita fisica alla nuova rigenerazione. La “presentazione” – potremmo chiamarla così – che non avviene mai subito ma comunque all’interno del primo episodio (vedi Ten quando finalmente esce fuori dal Tardis in pigiama in Christmas Invasion, Eleven e la cena a casa di Amelia e Twelve che si specchia in un barile d’acqua); una sequenza divertente, che serve a noi tutti per iniziare a capire chi abbiamo di fronte.

Poi c’è quello che io chiamo la “rivelazione”, un monologo che una volta per tutte appunto rivela il Dottore, la versione che abbiamo di fronte ci dice “questo sono io”, come in Human Nature, The Rings of Arkathen, Death in Heaven sono solo alcuni esempi.

E poi c’è questo:

Winning? Is that what you think it’s about? I’m not trying to win! I’m not doing this because I want to beat someone! Because I hate someone, or because I want to blame someone! It’s not because it’s fun. God knows it’s not because it’s easy! It’s not even because it works, because it hardly ever does! I do what I do because it’s RIGHT! Because it’s decent! And above all, it’s *kind*. It’s just that. Just kind.

If I run away today, good people will die. If I stand and fight, some of them might live; maybe not many, maybe not for long. Hey, you know, maybe there’s no point to any of this at all, but it’s the best I can do. So I’m gonna do it, and I will stand here, doing it, until it kills me.

E dopo averle sentite capiamo di aver sempre saputo queste parole, le stavamo solo aspettando.

Twelve si dimostra ancora una volta il Dottore apparentemente più sicuro ma in realtà il più fragile, un Dottore che non ce la fa più ma che continua ad andare avanti quando fermarsi e perdere per una volta sola sarebbe un sollievo.

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Where there’s tears, there’s hope.

Ancora una volta la speranza ed il bene perseguito in virtù del bene stesso. Senza testimoni. Senza ricompensa.

Ed ecco avvicinarsi l’ultimo momento, la rigenerazione. La morte e la rinascita, il passaggio di testimone e per noi lo straziante addio ad un altro, ennesimo Dottore di cui ci siamo innamorati pian piano e che non vogliamo lasciare andare.

In un crescendo, Twelve recita le ultime memorabili battute di Ten e Eleven dimostrando sempre l’attenzione al passato mentre sullo schermo scorrono i volti dei companion. Ma la rigenerazione viene interrotta dallo stesso Dottore, stanco di cambiare, di essere sempre qualcun altro e ricominciare tutto daccapo.

Never again! I can’t keep on being somebody else! Wherever it is, I’m staying! No! I will not change.

La caduta per Twelve è quindi una liberazione, la fine definitiva alla quale vuole lasciarsi andare. Non è il positivo sorriso di Nine, o l’attaccamento alla vita di Ten e nemmeno la serenità di Eleven che nella sua accettazione lascia anche un messaggio a Clara per aiutarla ad andare avanti. No, qui parliamo di tutt’altro.

La vittoria contro i Cybermen è in realtà una sconfitta per il Dottore, ignaro del destino di Bill o della scelta finale di Missy. Lui sente di aver fallito, e per quello che gli è dato sapere sa di aver fallito.

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Il sarcastico, machiavellico, scozzese Dottore di Peter Capaldi non vuole più saperne di andare avanti e nell’ultima incredibile scena la sua decisione si intreccia con quella del Primo Dottore, l’originale, ancora una volta portato sullo schermo dall’immortale Peter Bradley.

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Peter Capaldi realizza così tutti i suoi sogni: gli occhiali da sole sonici, la chitarra, i mondasian cybermen, il Dottore vittoriano, Gallifrey, ed ora finalmente l’incontro con il Primo Dottore. Una grande performance per un grande attore che prima di ogni altra cosa ha voluto giocare ad essere il Dottore e lo è diventato veramente.

Peter Capaldi ci regala una penultima grande performance in attesa dell’episodio di Natale, lo fa con i suoi grandi occhi tristi e le sopracciglia iconiche. Lo fa con amore e rispetto per Doctor Who.

Un ultimo passo per ritrovare la forza di andare avanti e soprattutto accettare il cambiamento. In qualche modo iniziare di nuovo e noi con lui.

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