Nuovo appuntamento questa settimana con il Dottore, Bill e Nardole… Nardole? Nardole non pervenuto. In questo episodio di Doctor Who (scritto da Mike Bartlett), dopo aver esplorato passato e futuro, torniamo al presente e soprattutto torniamo sulla Terra, dalla quale “in teoria” Twelve non dovrebbe spostarsi.
Bill e i suoi amici cercano una casa in cui trasferirsi e l’occasione giusta sembra presentarsi quando un misterioso guardiano propone loro un contratto d’affitto davvero conveniente. Già , fin troppo conveniente.
Strani avvenimenti che attirano l’attenzione del Dottore cominciano ad accadere, e quando il Dottore è in mezzo, non promette nulla di buono. Nel legno si annidano strani insetti alieni e aleggia nell’aria un segreto che riguarda il guardiano ed un membro della sua famiglia.
Knock, Knock – Who’s there? – Doctor – Doctor Who? – Correct
‪‪There’s no living puddles, weird robots, big fish it’s just a new house and people you don’t know. Not scary at all.‬
L’episodio di questa settimana di Doctor Who trova un precedente diretto nell’ottava puntata della settima stagione “Hide”, con Eleven e Clara, ed un riferimento indiretto agli esseri-alberi di “The Doctor, the Widow and the Wardrobe”. Prendendo ispirazione dai classici film horror, l’episodio si dipana seguendo uno schema visto e rivisto: un gruppo di amici, strani rumori, la luce che salta, insetti, stanze segrete.
Ma siamo pur sempre di fronte al Dottore e non possono certo mancare umorismo, “awkward moments” e l’analisi scientifica che porta alla soluzione finale.
La casa stregata in cui i poveri ragazzi vengono ad uno ad uno mangiati dagli insetti (Dryads) sembra uscita direttamente da un episodio di Scooby-Doo. Il tono creepy c’è, anche se non abbastanza, ed è reso molto bene dal CGI utilizzata per Eliza e il poveretto dentro il muro. Complimenti a tutta la divisione di effetti speciali e make-up.
Come sempre, è comico vedere come in una situazione potenzialmente mortale il Dottore riesca a fare del sarcasmo ed essere semplicemente il più intelligente nella stanza.
Tutti gli elementi sono presenti e nel complesso è un episodio riuscito; purtroppo il cocktail finale poteva venire molto molto meglio. Troppe le domande che rimangono irrisolte, una trama con potenzialità inesplorate che ci lascia così… a metà di una storia di fantasmi.
– Come ha fatto Eliza a dimenticare suo figlio?
– Perché gli insetti non mangiano Eliza come gli inquilini?
– In base a cosa gli insetti tengono in vita Eliza?
Knock, Knock riesce su diversi livelli – regia, effetti speciali, atmosfere – ma nel complesso la trama scricchiola come le mura della casa. Non c’è il coraggio di fare davvero paura, di addentrarsi nel genere. Evidente anche dalla decisione di far ritornare in vita tutti gli amici di Bill: una scelta che stona e ci lascia perplessi.
Molti riferimenti anche questa volta, relativi al Classic Doctor Who (Harriet Jones ad esempio), che fanno sorridere i fan e sottolineano sempre il lungo percorso che è stato fatto in questi più di 50 anni. Tra i più sottili Harry, l’amico di Bill, che non sarebbe altri che il nipote di Harry Sullivan, companion del quarto Dottore, ma non dimentichiamo anche i riferimenti velati a Susan.
Viene da pensare se tutti questi rimandi improvvisi alla nipote del Dottore non siano solo una coincidenza o ci sia altro dietro.
Un cameo d’eccezione in questa puntata. David Suchet, alias Herculet Poirot dal 1989 al 2013, interpreta il cattivo-non-tanto-cattivo di Knock, Knock. Già , anche in questo episodio quello che apparentemente ci viene mostrato come villain in realtà non lo è. Il guardiano ha solo preso una decisione estrema mosso dall’amore per la madre in un interessante parallelismo con Norman Bates e sua madre. Un figlio disposto anche ad uccidere per amore, che perde contatto con la realtà e pur di fare vivere la madre, smette egli stesso di vivere.
What’s the point of surviving if you never see anyone, if you hide yourself away from the world?! When did you last open the shutters?
Un sentimento che il Dottore conosce fin troppo bene: lui stesso è prigioniero e non parlo solo della promessa fatta. È prigioniero da duemila anni dei suoi demoni, delle sue paure e speranze.
Hope is its own form of cruelty. Prigioniero di una gabbia invisibile creata su misura per lui, da lui.
Per questo motivo Bill ci piace tanto, è una companion che porta un po’ di normalità e leggerezza nella lunga e oscura vita del Dottore. Una companion che ci fa sorridere, capace di sdrammatizzare sugli aspetti più solenni della storia di Doctor Who.
Bill: Time Lord? What’s that your job?
Doctor: No, it’s my uh … my people, my species
Bill: Doesnt’ sound like a species, sounds posh like “yes my Lord”, doff my cap
Doctor: Oh well, that’s why I gave it up. Run away
Una companion soprattutto che ci tiene a tenere distinte le due vite, contrariamente da quanto fatto dalle precedenti, che vede la bellezza di viaggiare con il Dottore ma allo stesso ne riconosce i rischi. Bill è la companion che si fida e lo ascolta, ma cerca anche di essere indipendente e normale, magari trasferendosi con i suoi amici.
Peccato che quando si parli del Dottore, è improbabile che qualcosa avvenga in maniera normale.
Peter Capaldi continua a regalarci un’interpretazione stupenda unendo tragicità ed ironia in quel poliedrico e vario individuo che è l’alieno di Gallifrey.
In questi giorni ho avuto modo di recuperare “Fortysomething”, in cui Capaldi divide la scena con un altrettanto brillante dottore ovvero Hugh Laurie, e Twelve è già lì. Undici anni prima di indossare i panni del Dottore, Capaldi l’aveva già creato e questa decima stagione è solo il coronamento di una rigenerazione old but good.
Il Dottore che tenta di fare il giovane, di essere cool, e il Dottore che custodisce gelosamente i propri ricordi e i propri segreti.
Il vault, il dannato vault che ci tormenta da quattro settimane ormai, al cui interno si fa sempre più forte la convinzione che ci sia il Meastro di Simm. Le domande continuano, eppure non è un rapporto di puro odio, altrimenti il Dottore non ci entrerebbe mai dentro.