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Doctor Who e il “capitalismo nello spazio”

Doctor Who
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La premessa che faccio a questa nuova recensione di Doctor Who è che il quinto episodio mi è piaciuto moltissimo. Ancora una volta, in questa stagione, viene utilizzato un contesto sci-fi per parlare di argomenti seri e sociali. Una puntata che racchiude in sé il meglio che questa Serie Tv può offrirci: suspence, humour, sentimenti, avventura, colpi di scena, grandi monologhi e lotta.

Si lotta, perché è la lotta il vero, grande motore del Dottore. Una lotta contro i cattivi, i mostri e contro la paura che potrebbe portarci a prendere la strada più semplice, fuggire. Invece, la sfida sta nel rimanere saldi sui propri piedi, rispondere comunque alla chiamata consapevole del rischio che così facendo si corre. Un rischio che il Dottore affronta sempre con una battuta sagace sulle labbra e che in questo episodio si rivela più tragica del previsto.

Per chi non avesse visto la puntata vi consiglio di tornare ad episodio finito,
l’articolo contiene SPOILER

Dopo lo scorso episodio, il setting cambia di nuovo e stavolta ci ritroviamo nello spazio. “Oxygen”, scritto da Jamie Mathieson (“Flatline”, “Mummy on the Orient Express”), vede il Dottore, Bill e Nardole alle prese con delle tute assassine nello spazio profondo, che cercano di sopravvivere mentre l’ossigeno scarseggia.

Un bel respiro profondo tutti insieme, non trattenete!
I vostri polmoni potrebbero esplodere e …. ESPIRATE

Doctor Who

Questo quinto episodio è quello che mi è piaciuto di più, a dimostrazione del fatto che non bisogna farsi fuorviare dai promo.

Uno degli elementi che ho maggiormente apprezzato è stato il discostarsi dalla piega che fino ad ora aveva preso Doctor Who in questa decima stagione. Cioè un cattivo che non è cattivo e che in realtà fa pure pena. Qui tutto cambia, abbiamo un’azienda senza scrupoli che non guarda ai suoi impiegati come essere umani ma come fonte o meno di profitto.

Nel momento in cui gli uomini sull’astronave non riescono a portare guadagno non solo sono sacrificabili ma anzi, devono essere eliminati per evitare ulteriori perdite.

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Space, the final frontier. Final, because it wants to kill us. Sometimes, we forget that.

Bellissimo riferimento a Star Trek ad inizio episodio e bellissimo il modo in cui Mathieson l’ha modificato per renderlo adatto per il Dottore.

Il tema dello spazio o delle tute non è certo nuovo a Doctor Who, d’altronde dopo cinquant’anni di storia è difficile che qualcosa lo sia. Inoltre questa stagione sembra davvero volere ripercorre un po’ le tappe base, se ci riflettiamo. Abbiamo visto il futuro, il passato, il presente con la tipica casa infestata e adesso voliamo nello spazio.

Il prossimo episodio (scritto da Moffat il Pazzo Furioso) dovrebbe rompere questo scherma ma di certo non possiamo dire che “Oxygen” non riservi qualche sorpresa e trovi un modo tutto suo di raccontare una storia ormai nota.

Quelli che probabilmente sarebbero gli ingredienti principali della ricetta chiamata Doctor Who trovano in questo episodio una voce chiara nella critica al capitalismo. Capitalismo che va inteso non solo in senso economico, ma anche etico.

The end point of capitalism. Bottom line where human life has no value at all. We’re fighting an algorithm, a spreadsheet. Like every worker everywhere, we’re fighting the suits.

L’accumulo di denaro, l’arroganza del ceto borghese ma anche l’azzeramento della libertà umana e del suo valore. Tanti piccoli omini messi in fila che perdono la propria individualità e servono un mostro più grande e senza scrupoli.

Ecco l’era Daevisiana che si riaffaccia con forza e si rivela attraverso le tute killer high-tech.

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Ancora una volta Capaldi ci regala un monologo bellissimo, degno del suo Dottore.

Un monologo che sottolinea la rabbia ed il dispiacere per un Universo che, per quante volte salvi , non ne vuole sapere di cambiare.

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The universe shows its true face when it asks for help, we show ours by how we respond.

Peter Capaldi è il bambino che a nove anni faceva finta di essere il Dottore nel giardino di casa sua. Beh, il Dottore lo è diventato. Un Dottore che, non mi stancherò di dire, è arrivato al momento giusto. Dopo l’istrionico Matt Smith, Capaldi ha riportato un po’ di classicità soffermandosi sui lati meno piacevoli dell’alieno di Gallifrey.

Burbero ma allo stesso tempo rock, freddo e generoso, logico e capace di un amore senza riserve: questo è Twelve, il Dottore che l’attore scozzese ci ha regalato e che dopo tre stagioni ci dirà addio in modo straziante.

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Are you out of your mind?
Oh yes completely, but that’s not a recent thing

In molti sospettano che la morte e la conseguente rigenerazione di Twelve non avverranno in un colpo secco ma gradualmente, attraverso una serie di “ammaccature” che il Dottore affronterà nel corso degli episodi. Tutto questo potrebbe essere avallato da ciò che tragicamente accade in questo episodio. Dopo aver perso la vista per salvare Bill, sembrerebbe che l’abbia riacquistata ma a fine episodio scopriamo spaventosamente che non è così.

Nel prossimo episodio la situazione parrebbe non cambiare. Forse ci aspetta un Dottore cieco per il resto della stagione?

Se guardate il trailer della decima stagione però non sembrerebbe! Ora la domanda è: il TARDIS non dovrebbe averlo guarito? Si è inceppato qualcosa? O il problema è direttamente connesso a chi si cela dentro il caveau?

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Eh si, perché il mistero del caveau si infittisce dopo questo episodio e la certezza che dietro le porte si celi il Maestro (o della Gomez o di Simm) vacilla sempre di più. Inoltre un dialogo all’inizio dell’episodio quando i tre si trovano nel TARDIS ha attirato la mia attenzione. Nardole ancora una volta rimprovera il Dottore sul fatto di lasciare la Terra e di conseguenza il caveau, Twelve gli chiede chi gli abbia detto di tenerlo sulla Terra e Nardole risponde “Lei!”.

Ora il punto è: di chi sta parlando Nardole esattamente? Di Twelve stesso e quindi quella a cui assistiamo è un semplice scambio di battute o del Dottore in generale e quindi non per forza Twelve? Moffat vuole ingannarci con qualche trucchetto di retorica?

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Twelve potrebbe essere ufficialmente il Dottore più sfigato fino ad ora, la perdita della vista è solo l’ultima di una lunga lista di disgrazie: la crisi esistenziale, la perdita di Clara e dei ricordi, l’addio a River, i secoli passati dentro la prigione dei Time Lords e così via.

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Do people ever hit you? Only when I’m talking.

Prima di concludere questa recensione vorrei soffermarmi su due cose.

La perdita della vista ha un significato molto più profondo di quanto non possa sembrare perché gli occhi e il concetto di vedere sono alla radice di Doctor Who. Innanzitutto basti pensare che la sigla vede gli occhi di Capaldi e le sue sopracciglia da sparviero campeggiare a grandezza massima per qualche secondo. Ma non solo, anche nelle precedenti sigle è capitato che gli occhi siano protagonisti.

E poi perché il motivo principale (o almeno quello ufficiale) che ha spinto un più giovane Dottore ha lasciare Gallifrey era “vedere l’Universo”. Gli occhi sono la ragione che ha spinto il Dottore a lasciare la propria casa, sono la prima cosa che risalta durante la rigenerazione.

“Quei grandi occhi tristi” sono l’arma segreta del Dottore, sono gli occhi dei companion estasiati ed i nostri occhi riflessi.

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Il secondo punto è che ora, più che mai, Twelve avrà bisogno di Bill, della dolce, umana e vera Bill che istintivamente vorrebbe scappare ma invece non cede alla paura e rimane salda come dicevamo all’inizio. Una companion che si sta legando al nostro cuore, per la sua spontaneità e semplicità, per il suo essere reale in una situazione spaventosa e terrificante. Il Dottore adesso ha bisogno di quegli occhi compassionevoli e fiduciosi che chiedono un’altra battuta per non avere più paura.

Pearl Mackie continua a giocare tra sentimenti ed umorismo. Ci fa ridere mentre cerca di non passare per razzista e ci emoziona quando grida “Mamma” in una scena di puro terrore. Una delle sequenze più belle è quella nella locked air room (scusate se ho sbagliato … ), quando Bill sembra soffocare a contatto con il vuoto. Complimenti anche alla regia di Charles Palmer che in questo caso ci ha fatti diventare tutti claustrofobici.

PS: il fluido di cui parla Nardole nel TARDIS è un riferimento all’episodio “The Daleks” della primissima stagione di Doctor Who con William Hartnell nei panni del Dottore. Questi continui riferimenti a quelle stagioni vogliono significare qualcosa? SHERLOCK MODE ON

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