Doctor Who per me non è soltanto una serie, è LA Serie.
Perché da quando l’ho iniziata mi ha dato così tanto, a livello personale, che non ho potuto fare altro che lasciarmi coinvolgere sempre di più, un pezzettino ogni volta, fino a esserne assorbita completamente.
E pensate che non volevo neanche iniziarla: non per snobismo, no, ma semplicemente perché la fantascienza proprio non è il mio genere e l’idea di un alieno che viaggia per il tempo e lo spazio con una cabina telefonica blu col nome strano, proprio non mi attirava.
Quindi perché l’hai iniziata? Vi chiederete. Domanda più che legittima. La verità è che avevo da poco recuperato le prime tre stagioni di Sherlock e mi ero follemente innamorata della scrittura di Steven Moffat e di Mark Gatiss. Ed è così che ho scoperto che le due Serie erano “collegate”.
Combinazione volle che, proprio in quei giorni, stessero passando la seconda stagione del New Who su Rai4 e in breve ero lì a fissare entusiasta un cavallo che passeggiava per la TARDIS mentre il Dottore, Rose e Mickey battibeccavano e a tifare per la storia d’amore tra il Dottore e Madame de Pompadour. La puntata era, naturalmente, The Girl in the Fireplace e dire che è stato amore a prima vista è poco.
Ho guardato ancora qualche puntata su Rai4, giusto per essere sicura che ne valesse la pena (ve l’ho detto, la fantascienza proprio non mi piace, perdonatemi!!) e poi l’ho recuperata dall’inizio. Perché Nine non si salta, perché nessun Dottore andrebbe mai saltato, perché sono tutti la stessa persona in fondo, anche se cambia aspetto o carattere.
Ho sempre pensato che questo aspetto di Doctor Who, questo cambiare faccia e carattere possa essere un modo per rappresentare le diverse fasi della vita di una persona: non so voi, ma io non mi sento la stessa persona che ero dieci anni fa (e grazie a Dio!). All’epoca, le mie ambizioni erano diverse, i miei sogni erano diversi, il mio modo di approcciarmi agli altri era diverso, il modo in cui vivevo era diverso. E anche il mio aspetto fisico è diverso: ho un differente paio di occhiali, un differente taglio di capelli, un differente modo di truccarmi…
Differente. Diverso. Diversità. Il Dottore è diverso, io sono diversa, voi che leggete, ognuno di voi è di verso dall’altro e nessuno è più o meno importante dell’altro. Questo è quello che Doctor Who, che, anzi, il Dottore mi ha insegnato. Che siamo tutti diversi, ma che tutti meritiamo lo stesso rispetto a prescindere dalla razza, dal genere, dall’orientamento sessuale, dall’età, dalle condizioni economiche, dal grado di cultura.
Io credo fortemente nell’uguaglianza dei diritti e vedere che, non solo questo show, ma il suo stesso protagonista li supporta in tantissimi modi mi aiuta a credere che un mondo migliore sia possibile, nonostante tutti i difetti della razza umana, nonostante la crisi politica ed economica di questi ultimi anni.
Guardate solo quante ne ha passate il Dottore, quante civiltà ha visto nascere e morire o quante volte ha cercato di proteggere l’umanità, senza pretendere neanche un grazie. Lui lo sa che quello che fa è importante e gli basta questa consapevolezza, gli basta poter aiutare. Gli basta fare la cosa giusta, non importa quanto difficile sia.
E forse è proprio per questo che il Dottore è più di un guerriero, è più di un politico, è più di un pazzo con una cabina: è un sopravvissuto. Ma sopravvivere non gli basta, mai. Lui vuole vivere, vuole conoscere, vuole scoprire. E vuole amare. Sempre.
Nonostante abbia “perso cose che tu non puoi capire”, lui continua ad affezionarsi, continua a fidarsi di quelle poche persone che sceglie come suoi companion, come suoi compagni. Perché da solo non ci vuole stare, perché sa che insieme si è più forti e infatti lui in quei companion crede davvero, li trasforma in persone più forti, più coraggiose, ma soprattutto più consapevoli. Tanto che spesso sono loro a fargli notare i suoi errori e a convincerlo a rimediare.
Cosa che il Dottore fa sempre, impara dai suoi sbagli con un umiltà che, da un “dio” come lui, non ci aspetteremmo. Perché, come dice Steven Moffat:
“il Dottore è un dio che cerca di essere un uomo”.
Un uomo buono.