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Britney Vs Spears – La recensione del documentario di Netflix

britney vs spears
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Ha da poco fatto il suo debutto su Netflix Britney Vs Spears, il documentario di Erin Lee Carr sulla condizione di Britney Spears in merito all’oscura e sempre più inquietante faccenda della conservatorship.

A poche ore dall’uscita, il documentario della regista americana, realizzato assieme alla giornalista di Rolling Stone Jenny Eliscu, ha fatto il giro del mondo. In poco più di novanta minuti, le due hanno provato a indagare, capire e approfondire lo stato psicologico ed emotivo in cui si trova Britney Spears e a ricostruire gli eventi e il processo che l’hanno portata a questo punto. Con un’attenzione minuziosa ai dettagli e più documenti d’approfondimento, rispetto a quanto abbiamo visto nel documentario del New York Times: Framing Britney Spears (qui la nostra recensione), disponibile su Discovery+, Erin Lee Carr e Jenny Eliscu si immergono in quella che è una vera e propria indagine sulla consevatorship e tutti i coinvolti, riuscendo – talvolta – anche ad intervistare i diretti interessati e a far emergere tutti gli orrori di questa pratica, prima nascosti al pubblico e rivelati solo ed esclusivamente in documenti secretati.

Quando Erin Lee Carr decide di realizzare un documentario sulla conservatorship di Britney Spears, non aveva materiale a sufficienza per farlo. Le persone direttamente coinvolte hanno rifiutato di collaborare e probabilmente l’intero progetto sarebbe stato archiviato se non fosse stato per l’improvvisa apparizione di una fonte misteriosa che, venuta a sapere del progetto della regista, ha condiviso i documenti del processo di Britney in riferimento allo stato della sua conservatorship, rivelando altri dettagli orripilanti sulla questione che sì, non hanno fatto altro che formare nuovi interrogativi e portarci a indagare le colpe delle persone coinvolte, ma allo stesso tempo, potrebbe aver smosso concretamente le acquee. Con un impatto mediatico così forte e con i documenti, in parte letti e condivisi con il mondo intero, sarà difficile provare a ignorare o negare le richieste legittime di Britney Spears che chiede solo di essere libera.

Britney vs Spears

Utilizzando la tecnica della ricostruzione e dell’indagine, le autrici del documentario Britney Vs Spears analizzano, ipotizzano e ci guidano – rendendoci partecipi – nei dettagli della battaglia legale dell’artista, ponendo l’attenzione e ricordandoci i momenti e le tappe più oscure della sua vita, momenti che hanno portato una delle pop star più famose del mondo ad essere completamente privata dei diritti fondamentali e basilari dell’essere umano.

Attraverso l’utilizzo di filmati e immagini di archivio e della voce fuori campo, le due autrici alternano il racconto e la ricostruzione dei fatti con le testimonianze di alcuni personaggi coinvolti nella battaglia legale di Britney. Partendo da Felicia Culotta, ex assistente dell’artista nonché volto noto presente anche in Framing Britney Spears che – diversamente da quanto fa nell’altro documentario – sembra assai più restia a parlare e chiarisce di non volersi intromettere e mettere contro Jamie Spears perché – a suo dire – non ne varrebbe la pena. Ciononostante, non spende parole lusinghiere per lui, tutore dell’artista fino a poco tempo fa.

Ma quello di Felicia non è l’unico volto noto. Chi segue Britney Spears, la sua lotta per la libertà e di conseguenza il movimento Free Britney, saprà bene chi è Sam Lutfi. Lutfi è l’ex manager della Spears, finito nell’occhio del ciclone per essere quello che avrebbe controllato la sua vita nel periodo del divorzio da Kevin Federline. Se in Framing Britney Spears la figura di Lutfi veniva indicata come una figura decisamente negativa e opprimente per l’artista, in Britney Vs Spears, pur riconoscendo le sue presunte responsabilità nella vicenda, il punto di vista cambia. Sì, perché a quanto pare, Lutfi sarebbe stato il capro espiatorio dalla famiglia Spears per giustificare la condizione dell’artista e assumere immediatamente il controllo della sua vita.

Dal momento in cui Lutfi appare nella vita di Britney viene accusato di averla drogata. Cosa che lui smentisce appellandosi al fatto che durante il periodo passato come manager dell’artista lei non è mai risultata positiva a nessun test antidroga e, se qualcuno avesse sospettato realmente delle sue azioni, avrebbero sicuramente aperto una vera e propria indagine che – invece – non c’è mai stata e crede che questo sia sufficiente per provare la sua innocenza.

Nessuno ha mai chiamato la polizia. Essere accusato di qualcosa di tanto grave, che stai drogando la star più famosa del mondo, chiami la polizia, chiami l’FBI, non chiami TMZ.

E mentre le autrici guardano con sospetto la figura di Lutfi, soprattutto Jenny Eliscu che non sembra bersi la storia della sua innocenza, vengono fuori dei dettagli scandalosi in merito alla tutela legale. Sam Lutfi dichiara che Jamie Spears si sarebbe approfittato della sua presenza nella vita della figlia per presentare l’istanza di tutela legale senza dare i cinque giorni di preavviso che legalmente spettano alla persona che si vuole tutelare per permetterle di contestare e respingere l’istanza e l’intera pratica della conservatorship dalla quale Britney non è ancora libera dopo tredici anni.

Britney vs Spears

Se questo è uno dei punti apparentemente più orripilanti, il fatto che Britney abbia provato ad assumere un avvocato che la tutelasse per davvero sia prima di essere sottoposta a conservatorship che durante gli anni successivi e che la sua richiesta sia sempre stata respinta per questioni puramente economiche, è davvero tremendo. Ovviamente dietro questo gioco al massacro c’era il padre dell’artista, Jamie. Una delle persone che avrebbero dovuto prendersi cura di lei e che invece l’hanno pugnalata alle spalle come il più codardo dei bruti.

Ciò che si capisce con chiarezza dopo la visione di Britney Vs Spears è che Jamie Spears non è mai stato un padre presente. Non si è mai interessato alla vita artistica della figlia, né alla sua salute. Tutto ciò che gli interessava erano i soldi. E nel periodo in cui Britney era più vulnerabile, dopo la distruzione della sua immagine pubblica, la violazione della sua privacy da parte di paparazzi, giornalisti e fan stessi, dopo la nascita dei due figli e il conseguente divorzio da Kevin Federline, Jamie ha realizzato di avere un’opportunità e forte della temporanea condizione della figlia, ha deciso di fingere un comportamento da buon samaritano per appropriarsi di tutto ciò che era suo nel modo più meschino in cui avrebbe potuto farlo.

In Britney Vs Spears, a un certo punto, la voice over ci dice qualcosa del tipo: “Da questo momento in poi, Britney Spears non esiste più. Da questo momento in poi, Jamie Spears è Britney Spears.”

Nel momento in cui la conservatorship viene attivata, Britney perde qualunque diritto, soprattutto quello di essere se stessa. La testimonianza di Adnan Gahlib in merito alla reazione della pop star alla notizia, è straziante. Britney accetta la sua sorte a fatica, ma l’accetta. Chiede solo una cosa: non vuole suo padre come tutore. Ma il tutore scelto è proprio lui.

Per ottenere la tutela di un individuo, ci viene spiegato da un esperto, è necessario che l’individuo stesso venga sottoposto a una perizia psichiatrica che testimoni la sua incapacità di intendere e di volere. Nel caso di Britney, e qui scopriamo un altro inquietante dettaglio disturbante, la perizia viene affidata a uno psichiatra geriatrico, James Edward Spar, che nei documenti top secret esaminati da Erin Lee Carr e Jenny Eliscu le diagnostica una forma di demenza. Impossibile non concedere una conservatorship dopo una diagnosi così grave.

Parlando con il diretto interessato il medico né nega, né conferma di aver condotto la perizia. Però – proprio alla fine della sua intervista – esordisce dicendo che spesso diagnosi del genere, che dovrebbero fare gli interessi dell’individuo da tutelare, sono – in realtà – emesse nell’interesse di chi chiede la tutela per un mero tornaconto economico, considerato che tutti gli averi del soggetto passano nelle mani del tutore. E basta questo per lasciarci intendere il losco scopo di Jamie Spears. Inoltre era decisamente improbabile, anzi impossibile che Britney Spears – all’epoca ventiseienne – fosse affetta da una qualsiasi forma di demenza.

La stessa Jenny Eliscu in merito a questa diagnosi nel documentario Britney Vs Spears, dice:

Era sul set di How I Met Your Mother. L’episodio uscì nel giro di due mesi dall’inizio della conservatorship. Come può qualcuno che sta così male, stare abbastanza bene da andare al lavoro?

Una donna capace di mettere in piedi interi spettacoli e di continuare la sua carriera musicale autonomamente, come poteva avere una diagnosi così importante senza mostrarne le conseguenze?

Britney Vs Spears

Come se non bastasse, per tredici anni, Britney non è stata libera di poter accedere ai suoi guadagni, di guidare la sua macchina quando voleva, di comprare dei libri per i suoi figli senza prima dover fare richiesta ai tutori almeno un paio di giorni prima. Non era libera di poter uscire con il suo fidanzato per un hamburger perché doveva chiedere il permesso e aspettare venti o più minuti per ottenere una risposta. E nonostante non fosse ritenuta in grado di fare queste semplici cose, la ritenevano in grado di lavorare a tour mondiali sfiancanti, show spettacolari a Las Vegas con calendari fittissimi e impegnativi, costringendola a lavorare costantemente sotto pressione, dietro la minaccia di perdere la custodia dei suoi figli, incuranti della sua salute mentale. E tutto questo solo per far guadagnare le persone che avrebbero dovuto tutelarla.

E se questo non è crudele abbastanza, incasinare le sue prescrizioni mediche, le dosi e le quantità dei suoi farmaci a seconda di quanto lavorasse, è davvero disumano. Sapere adesso quanto Britney abbia provato a ribellarsi, a urlare in cerca di aiuto senza mai essere ascoltata e vedere i suoi tentativi vanificati, spezza il cuore. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile trattare una persona solo ed esclusivamente come un bancomat. Privarla e prosciugarla della propria libertà, consumarla psicologicamente solo per un tornaconto economico e restare immobili senza fare assolutamente niente.

Questa incredibile donna ha cercato più volte di contestare l’autorità del padre. Ha provato ad assumere degli avvocati, ricorrendo addirittura all’aiuto della stessa Jenny Eliscu per farlo. Ha provato a informare il pubblico tramite una lettera affidata al flimmaker Andrew Gallery, lettera che non ha mai trovato la luce. Fino ad ora. I suoi sforzi di essere ascoltata, sono stati vani per tredici anni. Adesso Britney ha detto basta.

Dal momento dell’uscita di Britney Vs Spears, sul web sono apparsi numerosissimi messaggi di solidarietà per l’artista, tra questi anche un tweet della regista Erin Lee Carr.

Uno dei momenti più decisivi avvenne nel 2009, quando Britney chiese DI NUOVO un avvocato. Tutto questo sarebbe potuto finire all’epoca. Non nel 2013, non nel 2016 o nel 2021. Nel 2009. 12 ANNI FA.

Il documentario Britney Vs Spears termina con la testimonianza straziante che la pop star ha rilasciato durante un’udienza. Quella che sentiamo nell’audio di repertorio è una Britney provata, arrabbiata, ma ancora intenzionata a lottare senza sosta per riappropriarsi della sua vita. E alla vigilia del processo da cui potrebbe dipendere il futuro di Britney Spears, ci auguriamo che riesca a vincere la sua battaglia e che possa riprendersi ciò che per diritto le spetta: prima cosa tra tutte, la libertà.

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