8) Conversazioni con un killer: Il caso Ted Bundy
L’intuizione di un giornalista, una conversazione, un libro e una docuserie Netflix.
È da questi presupposti che nasce Conversazioni con un killer: Il caso Ted Bundy. Un prodotto che inizia già col piede giusto: il primo episodio, infatti, si apre con la voce di Stephen G. Michaud, il reporter che, nel 1977, inaugurò un lungo ciclo di interviste a Ted Bundy, l’archetipo del serial killer, accusato di aver commesso più di trenta omicidi tra il 1974 e il 1978, mutilando le proprie vittime e commettendo plurimi atti di necrofilia sui loro cadaveri. Una parabola inquietante che, nei quattro episodi diretti da Joe Berlinger, viene rievocata anche dalla voce dello stesso protagonista che, spesso, sembra parlare delle proprie imprese con una tranquillità e un’ironia in grado di far accapponare la pelle.
I nastri originali delle conversazioni, fotogrammi di repertorio e gli interventi del braccio destro di Michaud, Hugh Aynesworth, regalano a Conversazioni con un killer: Il caso Ted Bundy quel rigore e quell’attendibilità che, spesso, vengono sacrificate sull’altare della fiction e del sensazionalismo e gli interventi di chi, per lavoro o ragioni personali, ha incrociato il suo cammino con quello di Bundy permettono a chi guarda di lasciarsi coinvolgere da una trama che di tutto quell’orrore e di quella spietata crudeltà non vuole censurare niente.