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La Recensione della seconda stagione di Dollface, audace ma non troppo

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Da quando è andata in onda la prima stagione di Dollface sono passati due anni e mezzo, durante i quali il mondo è cambiato rapidamente, tra pandemie, ansie generazionali amplificate e nuove importanti battaglie sociali. Per una produzione che fa della lettura originale della contemporaneità il suo cavallo di battaglia, un mutamento così importante del panorama globale e televisivo comporta necessariamente un ripensamento delle tematiche affrontate, o quanto meno un loro adattamento a un contesto differente. Ecco allora che Dollface 2, sbarcata in Italia su Disney+ il 27 aprile, si trova a dover fare i conti con la sua stessa identità di comedy generazionale, nata per raccontare le ansie e le sfide della generazione dei neo-trentenni in una realtà in cui non ci si sente mai pronti per essere davvero adulti. Nella sua seconda stagione, la serie con protagoniste Kat Dennings, Brenda Song, Esther Povitsky e Shay Mitchell ha voluto provare a raccogliere il guanto di sfida lanciato dalle circostanze imprevedibili degli ultimi anni, presentandone le conseguenze dal punto di vista di donne in carriera alla soglia dei trent’anni, riuscendo però solo a metà nel suo tentativo di proporre una prospettiva fresca. Nonostante Dollface 2 risulti una visione assolutamente piacevole e regali più di una risata, questo capitolo della serie non riesce a essere provocatorio nei fatti quanto vorrebbe nelle intenzioni, tanto che più di una volta ci siamo chiesti perché la produzione Hulu abbia voluto giocare così tanto sul sicuro.

Attenzione: La recensione di “Dollface 2” da questo punto in poi contiene spoiler

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Le quattro protagoniste della comedy non sono cambiate dall’ultima volta che le abbiamo viste, ma sono cambiati i tempi e questo è sufficiente a fornire a Dollface 2 uno spunto narrativo eccellente, che ci ricorda subito perché ci siamo innamorati della serie quando l’abbiamo vista per la prima volta. Dopo aver passato l’ultimo anno in quarantena e ormai prossime a compiere trent’anni, Jules, Stella, Madison e Izzy sentono di aver perso troppo tempo e di dover recuperare, prendendo in mano le proprie vite che pure sembrano procedere relativamente bene. Jules ha finalmente imparato a stare da sola e a desiderare di più per se stessa sia sul punto di vista personale che professionale, Stella al contrario è pronta a impegnarsi e crescere, Madison si è convinta a perseguire la carriera dei suoi sogni anche se ciò significa dover perdere un po’ di quel controllo che ha sempre preso il sopravvento sulla sua vita, Izzy affronta il suo senso di inferiorità e si mette in discussione scegliendo di provare a essere felice in una relazione sana e appagante. I quattro percorsi intrapresi dalle amiche, il cui rapporto rimane il perno della serie e della loro stessa esistenza, si sviluppano in parallelo, procedendo in modo naturale eppure senza mai sorprenderci veramente, tanto che più di una volta le dinamiche ci hanno ricordato eccessivamente quelle della stagione precedente.

L’ombra dei trent’anni e la grande FOMO (fear of missing out, la paura costante di essersi perso o starsi perdendo qualcosa) che affligge le quattro protagoniste di Dollface 2 dopo il Covid sono all’origine della loro evoluzione psicologica e anche importanti espedienti narrativi per mostrare il lato fortemente generazionale della serie, nonché gli elementi più interessanti di questa stagione. Il peso psicologico di doversi dimostrare a tutti i costi realizzate dal punto di vista professionale e quello sociale di dover iniziare a sistemarsi per la vita sono perfettamente rappresentati in Dollface 2, che vede in particolare Jules e Madison fare i conti con l’approcciarsi del loro trentesimo compleanno, che diventa per loro il simbolo di tutti gli obiettivi mancati e le aspettative giovanili tradite. Tuttavia, con il procedere della stagione sembra che la tematica perda di mordente, perché la vicenda di Jules torna a focalizzarsi sull’amore – sebbene in una prospettiva nuova, che mostra tutta l’acquisita maturità del personaggio interpretato da Kat Dennings – e quella di Madison si rivela assolutamente prevedibile e a tratti pesante, anche perché viene affiancata da un personaggio poco carismatico come quello di Ruby.

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Molto più interessanti risultano le sotto-trame dedicate a Izzy e Stella, che a differenza di quelle delle altre due protagoniste di Dollface 2 non si risolvono con un lieto fino ma piuttosto con un importante presa di coscienza. Izzy, presentataci inizialmente come il brutto anatroccolo, talmente insicura da non riuscire nemmeno a usare il proprio vero nome con le colleghe di lavoro, durante la quarantena ha trovato l’amore, iniziando una relazione sana e stimolante con un uomo amorevole ma che la donna considera troppo bello e intelligente per lei. Il senso di inadeguatezza del personaggio interpretato da Esther Povitsky si fa vivo costantemente durante questa seconda stagione della comedy, dalla vita privata inizia a permeare anche sul piano professionale, dove Izzy dubita sempre più di se stessa. Riuscire a chiudere la relazione con Liam per concentrarsi su se stessa e sui suoi problemi irrisolti è l’azione che sancisce la crescita definitiva del personaggio, che si dimostra ancora una volta il vero motore non soltanto comico ma anche emotivo di Dollface.

Anche la carismatica Stella di Shay Mitchell affronta un’importante crescita personale, perché per la prima volta nella sua vita accetta di mettere radici. La relazione con la new entry Liv (Lilly Singh) e soprattutto quella con il figlio di lei ci mostrano una Stella che cambia quasi senza accorgersene, ma che anche quando realizza di essere innamorata non si tira indietro e anzi sceglie di impegnarsi. La naturalezza del rapporto tra le due donne e la chimica tra Mitchell e Singh fanno si che le scene che le coinvolgono siano tra le migliori di Dollface 2 e speriamo davvero che in caso di rinnovo Liv resti nel cast fisso della serie, perché la coppia merita altro spazio (e magari anche un bel lieto fine).

La seconda stagione di Dollface è un buon prodotto, riesce a intrattenere e a divertire, eppure non stupisce. La tematica generazionale rimane il grande punto di forza della serie, così come il legame di amicizia che unisce le quattro protagoniste rimane una rappresentazione realistica e sana di una rete di supporto. Il problema di Dollface 2 è che alcune delle sotto-trame sono molto più riuscite delle altre, e che spesso e volentieri sono proprio quelle che hanno meno spazio a risultare più avvincenti, nonché quelle meno legate alle tematiche principali della serie. La chimica tra le quattro attrici personali, quella vena surreale e grottesca che caratterizza la serie e l’originalità con cui viene trattato il disagio generazionale rimangono però ragioni sufficienti per continuare a guardare Dollface e per sperare in un suo rinnovo, perché nonostante la ripetitività di alcuni espedienti narrativi rimane una serie che ha ancora molto da raccontare.

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