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La versione russa di Don Matteo

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È una delle serie tv italiane più longeve della televisione nostrana, nonché una delle più apprezzate. Il legame che unisce gli spettatori italiani a Don Matteo nasce nel 2000 quando, su Rai Uno, va in onda il primo episodio. Da allora le avventure del coraggioso sacerdote di Gubbio, e successivamente di Spoleto, hanno tenuto compagnia a intere generazioni.

Il successo di questo show va ricercato nella morale di cui ogni episodio si permea, divenendo spesso istruttivo (a quanto pare) per chi lo guarda. Le storie costruite intorno al protagonista hanno subito nel corso degli anni un’evoluzione progressiva. Abbiamo salutato vecchi personaggi e dato il benvenuto a new entry che hanno scombussolato le vicende di Don Matteo. Con il passare degli anni questa serie tv è cambiata, rincorrendo una modernità che sembra non aver spazio per la religione, né interesse. Eppure continua ad attrarre i suoi spettatori, nutrendo ogni episodio con positività e speranza capaci di catturare milioni di persone.

La fede cattolica è legata al senso di giustizia. Alla fine di ogni storia, spesso auto-conclusiva, il senso di colpa riesce infatti a insinuarsi nell’animo dei personaggi. Attraverso la compassione il sacerdote-detective non solo dispensa prediche e morali ma risolve i misteri ancor prima della polizia.

Don Matteo, dopo ben 11 stagioni, è diventato un fenomeno mondiale. Dopo il suo doppiaggio in Giappone è diventato in breve tempo uno degli show più popolari a livello internazionale. Le curiosità della serie tv incentrata sul sacerdote in bicicletta (che abbiamo elencato in questo articolo) sono tantissime. E alcune di esse riguardano proprio i numerosi remake incentrati sul prete detective: Padre Brown nel Regno Unito, Ojciec Mateusz in Polonia, Atec Matvey in Russia.

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Dal format prevalentemente identico, essi rappresentano l’affermazione di Don Matteo all’estero.

Ed è proprio della sua versione russa che vogliamo parlarvi. Perché malgrado il format delle due serie tv sia identico, esistono comunque alcune differenze. Atec Matvey (Padre Matteo) va per la prima volta in onda nel 2014 nella televisione ucraina. Soltanto l’anno successivo è trasmesso in Russia attraverso il canale Ort 1. Il protagonista è un sacerdote ortodosso di Suzdal, attraente cittadina russa colma di musei e monasteri storici. Com’è lecito che sia nella religione ortodossa, il pope – interpretato da Vladimir Kolganov – in questo caso è sposato con figli. Il ruolo della simpatica Natalina italiana è infatti sostituito da quello della moglie mama Valentina (Victoria Adelfina), che sostiene il protagonista durante le complesse investigazioni.

Il pope russo è parecchio differente dal prete italiano interpretato da Terence Hill. Ciò che salta subito all’occhio è difatti il notevole divario di età tra i due protagonisti. La regista della serie russa, Valery Devyatilov, ha dichiarato che la scelta di un attore giovane per lo show è stata puramente casuale. I candidati al ruolo avevano infatti età differenti, ma la decisione finale è stata ben accolta dal pubblico. Il protagonista (Vladimir Kolganov), dall’aspetto giovanile, è riuscito pertanto a mutare l’immagine classica dei pope ortodossi, anziani e con folte barbe.

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Le differenze tra i due show non riguardano soltanto l’aspetto fisico degli attori ma anche la storyline del protagonista russo. Malgrado entrambi, infatti, conducano una vita parecchio tranquilla e caratterizzata dalla contemplazione della fede, la realtà di Atec Matvey subisce una svolta importante. L’uscita di prigione del fratello Jacob (Dmitry Gudochkin) e le sue malefatte spingono il protagonista a una scelta difficile. Insieme alla sua famiglia, infatti, è costretto a lasciare Mosca per servire la chiesa locale di Suzdal.

La struttura di Atec Matvey è evidentemente simile a quella di Don Matteo. Nonostante ciò, esiste una discontinuità tra i due show che non si limita semplicemente alla cultura dei due paesi.

Se in Don Matteo si predilige spesso l’inserimento di dialoghi umoristici, in Russia l’atmosfera tende a essere più drammatica. L’ironia è infatti sostituita da una maggiore serietà nella risoluzione dei misteri del pope ortodosso. La serie, prevalentemente a trama verticale, è costituita da 20 episodi della durata di circa 45 minuti ciascuno.

Atec Matvey racconta quindi le avventure del prete di Suzdal che, affiancando le indagini della polizia russa, diventa l’eroe della sua storia. Durante ogni caso il pope assiste le vittime e chi è giudicato colpevole, spingendo spesso i criminali a fare la cosa giusta. Come in Don Matteo, in questa serie tv si esplora l’animo umano che, spesso, è corrotto dalla cattiveria e dal peccato. Il compito del protagonista, apprezzato dalla maggioranza degli spettatori russi secondo le numerose recensioni, è quindi quello di salvare il salvabile. L’anima di chi dovrebbe esser condannato trova il perdono e con il perdono e la compassione si giunge all’abituale finale pieno di speranza. Attraverso la narrazione conosciamo la cittadina russa ridondante di misteri e i paesaggi bucolici, ricchi di storia, rendono l’effettiva bellezza dell’entroterra russo.

Nonostante non si sappia molto circa un’eventuale seconda stagione della serie, il pubblico ha apprezzato Atec Matvey a tal punto da richiederne a gran voce un seguito.

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Così come accade con molti remake di serie tv importanti, spesso l’elemento fondamentale per l’effettiva riuscita dello show risiede nel legame con la propria cultura. E in Don Matteo, così come nella versione russa, ciò è evidente. I due show descrivono infatti una realtà in cui il bene riesce ad avere la meglio sul male. Il tema della famiglia e della religione dominano la narrazione, già di per sè fluida. E sfruttando un format abbastanza ripetitivo, tipico dei polizieschi, entrambe le serie tv ambiscono a lasciare a fine episodio una piacevole sensazione di ottimismo. Quella stessa sensazione di sicurezza a cui ormai ci siamo abituati, che ci garantisce che esiste una giustizia sia divina che terrena. Ed è forse proprio questo ciò che ha reso la serie tv italiana così popolare all’estero, al punto da realizzarne dei remake.

Ciò che accomuna il nostro sacerdote di Gubbio con Atec Matvey è quell’incurabile bisogno di vedere del buono in ogni persona. Le virtuose morali con cui terminano solitamente gli episodi  lasciano intravedere un barlume di speranza che oggi spesso si perde di vista. E forse lo scopo di serie tv di questo stampo è proprio questo: rinnegare quello scetticismo costante nei confronti del prossimo. Motivarci a essere persone migliori, un po’ come Atec Matvey, un po’ come Don Matteo… ma senza gli omicidi quotidiani.

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