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Don Matteo – La fiction nazional-popolare per eccellenza è ormai una messa laica

don matteo
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Bisognerà attendere ancora un po’ per vedere Don Matteo 14. Prevista inizialmente proprio per questo mese di aprile, la fiction con Raoul Bova, al secondo capitolo della sua nuova esperienza in tonaca, arriverà in autunno. Un duro colpo per i fan, perché l’attesa per il ritorno di una delle fiction più amate della televisione italiana era altissima. Quella che verrà è, infatti, la prima stagione dopo la storica transizione nel cast di Don Matteo, con l’addio di Terence Hill (salutato al tempo calorosamente da tutto il cast) e l’avvento, appunto, di Raoul Bova.

Una vera e propria rivoluzione, che ha cambiato la fiction già di quanto si pensa. L’addio di Terence Hill, nella scorsa stagione, si è accompagnato al compimento di un altro percorso di transizione, che ha condotto Don Matteo nella serialità moderna. La fiction nazional-popolare per eccellenza è ormai una messa laica, abbiamo titolato, e questa metamorfosi è, di fatto, uno dei grandi segreti della longevità della produzione. Riconducibile a questa transizione e al cambiamento che abbiamo introdotto. Spieghiamoci meglio.

Don Matteo e la transizione da Terence Hill a Raoul Bova

Possiamo ingannare l’attesa per l’arrivo di Don Matteo 14 ragionando proprio sui cambiamenti occorsi alla fiction nelle ultime stagioni. Partiamo da quello più vistoso, il cambio della guardia tra Raoul Bova e Terence Hill (un addio spiegato al tempo dallo stesso attore). Questo passaggio di consegne ha portato con sé delle implicazioni importantissime, su tutte però la dimostrazione che la serie è riuscita a sopravvivere al suo protagonista. Don Matteo è andata oltre lo stesso Don Matteo. Uno scenario che, andando indietro di qualche stagione, sembrava impensabile. E che invece si è concretizzano in maniera addirittura naturale.

Questa transizione, a nostro modo di vedere, è stata possibile perché accompagnata a un processo molto più grande e anche più lento. Da un po’ di tempo, a dire la verità, la serie si stava rinnovando, proponendo schemi narrativi più moderni, accentuando alcuni nuclei tematici e modificando l’elemento religioso che agli inizi ha costituto il cuore di Don Matteo. Il culmine di questo rinnovamento è stato proprio nella scorsa stagione, con questo cambio di protagonista che, di fatto, ha proiettato definitivamente nel futuro una delle più tradizionali fiction della televisione italiana.

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Terence Hill e Nino Frassica, due volti storici del cast di Don Matteo

Il lento rinnovamento di Don Matteo

Questo rinnovamento di cui stiamo parlando è avvenuto, come detto, lentamente. Ma è stato inesorabile. Il primo fattore alla base di questa operazione sono le scelte di cast di Don Matteo. La fiction ha saputo mantenere la sua brillantezza riuscendo a introdurre sempre personaggi freschi e interessanti. Il simbolo di questo salto nella modernità è sicuramente un’attrice come Maria Chiara Giannetta, una delle stelle più luminose della contemporaneità seriale italiana. Lei, accompagnata da altri protagonisti come Maurizio Lastrico, ha saputo inserirsi e favorire schemi narrativi più brillanti, liberati dal peso della tradizione.

Insieme a queste scelte c’è stato, come detto, un progressivo ridimensionamento dell’elemento religioso. Don Matteo è nata sotto il segno della fede. L’insegnamento religioso, intrecciato a filo stretto con la morale quotidiana, è stato a lungo il cuore pulsante della fiction. Parliamo d’altronde di una sere nata addirittura nel 2000 (gli episodi sono tutti recuperabili su RaiPlay), concepita per una società molto diversa da quella odierna. Oggi il legame tra la morale e la religione è cambiato e Don Matteo, pur non rinunciando alla sua natura spirituale, si è allineata al nuovo pubblico, privilegiando altri elementi e lasciando la religione sempre più sullo sfondo.

La parabola dell’elemento religioso

Una delle grandi vittorie di Don Matteo è la sua capacità di rimanere la fiction nazional-popolare per eccellenza (e i numeri lo dimostrano), rinunciando però a uno dei motivi per cui lo è diventata. Lo spirito religioso che alimentava la serie è via via mutato e l’assenza di Terence Hill, ultimo baluardo simbolo di questa tendenza col suo personaggio, ha contribuito all’evoluzione sul piano narrativo. Non c’è stata una cancellazione dell’elemento spirituale, e sarebbe stata anche poco auspicabile visto che avrebbe portato Don Matteo a perdere la sua stessa essenza, divenendo di fatto un altro prodotto, ma piuttosto una parabola evolutiva che ha dato uno spirito diverso alla serie.

Possiamo dire che la religione, nelle ultime puntate della fiction di Rai 1, si è laicizzata. C’è stata una scissione tra la fede e la morale e il sostrato educativo, da sempre presente, si è allontanato dai canoni religiosi. Per fare un esempio pratico, se nelle prime stagioni i sermoni di Terence Hill al colpevole di turno erano intrisi di ideologia cattolica e occupavano un ruolo fondamentale nell’episodio, negli ultimi tempi sono divenuti sempre più una mera appendice, portatrici inoltre di uno spirito educativo generale, che si rifà alla morale comune piuttosto che a una forte ideologia religiosa.

Questa è, per noi, la messa laica in cui si è tramutata ormai Don Matteo. Quello spirito religioso fondamentale nelle prime stagioni si è affievolito, facendo subentrare una più generica morale, capace di porsi come cornice, e non più come soggetto, nel quadro generale delineato dalla serie.

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Raoul Bova, la svolta storica nel cast di Don Matteo

Nuove anime dominanti

Il quadro rappresentante Don Matteo adesso è invece dominato da altre anime. Altri elementi da sempre costitutivi della fiction, come l’elemento crime, le sottotrame amorose o la linea comica affidata quasi esclusivamente all’immenso Nino Frassica (al cui Maresciallo Cecchini avevamo dedicato un’accurata ode), si sono guadagnati sempre più spazio. Soprattutto il primo elemento si è preso la scena, mostrando quell’evoluzione narrativa di cui abbiamo parlato in apertura. Le trame degli episodi, nelle ultime stagioni, si sono fatte più contorte. I temi affrontati più intensi. Don Matteo ha dovuto adattarsi alla serialità moderna per sopravvivere e ha saputo farlo accentuando alcuni suoi tratti proiettati in chiave contemporanea.

Da questo punto di vista, il lavoro fatto dalla fiction Rai è impressionante. Don Matteo ha saputo mantenere la propria presa sul pubblico, accontentando sia chi maggiormente legato alla tradizione che i fautori di una nuova modernità televisiva. In generale, la fiction è rimasta in linea anche all’evoluzione della narrativa targata Rai, che negli ultimi hanno ha compiuto un salto di qualità incredibile. Don Matteo è ancora oggi un faro nella nostra serialità, e, rimanendo la fiction nazional-popolare per eccellenza, si è fatta anche racconto moderno e credibile.

L’uscita di Don Matteo 14 in autunno costituirà uno speciale di banco di prova di questa evoluzione. La prima stagione dopo la transizione da Terence Hill a Raoul Bova è attesissima e sarà un indicatore importante dello stato di salute della fiction. C’è tanta curiosità per capire se questa messa laica costruita dalla Rai saprà funzionare anche senza il suo ultimo legame con la tradizione. Senza il volto simbolo di Terence Hill, incarnazione ideale della serie. Per comprendere tutto ciò occorre aspettare Don Matteo 14 in autunno, per ora non possiamo fare altro che riflettere sul cambiamento di uno dei grandi fenomeni della storia della televisione italiana. Oltre a rivivere il finale dell’ultima stagione con la nostra recensione.