Appassionati di medical drama, unitevi: questo articolo è per voi. Io non so perché le serie tv ambientate tra i corridoi degli ospedali siano per me – e probabilmente anche per voi, se siete qui – una fonte di attrazione così grande, ma fatto sta che non appena comincio un episodio di un medical drama difficilmente posso evitare di arrivare alla fine. Si tratta dell’ambiente ristretto? Della possibilità di affiancare le storie dei protagonisti a mille altre vite? Del fatto che dopo aver visto una puntata mi sento sicura di poter fare senza troppi problemi un’appendicectomia? Non lo so, non chiedetemelo. Fatto sta che questo tipo di serie mi prende come poche altre. E al riguardo ho anche un’unpopular (spero neanche troppo) opinion: preferisco Dr. House – Medical Division a Grey’s Anatomy.
Le risposte a questa domanda, a differenza della precedente, le conosco tutte.
Dr. House per me non è un medical drama qualsiasi, è IL medical drama, e lo è per una serie di motivi diversi. Innanzitutto, e non smetterò mai di dirlo, non ha esagerato con le stagioni: il finale di serie è arrivato al momento giusto, quando la situazione aveva effettivamente già cominciato a degenerare ma prima che questo cambiamento la svalutasse troppo. Insomma, prima che fosse davvero troppo tardi. Punto due: a differenza dei suoi principali competitors, Dr. House – Medical Division non si focalizza solo sulle relazioni sentimentali. Certo, gli amori ci sono e sono anche piuttosto centrali, ma per grazia divina non diventano mai il topic principale. Potrei andare avanti all’infinito, ma mi fermerò al punto numero tre perché già solo queste mi sembrano motivazioni più che sufficienti: i legami che la serie mette sul piatto sono approfonditi in tutta la loro complessità.
Le relazioni tra i personaggi sono spesso dure, difficili da digerire e proprio per questo vere. L’amore non è solo banale infatuazione per dare agli spettatori un contentino sentimentale e le amicizie sono prese da tutte le angolazioni, dalla co-dipendenza alla delusione, dal sostegno all’incomprensione. E i rapporti tra colleghi sono difficili almeno tanto quanto quelli reali, tra invidia e rispetto, ammirazione e paura di diventare come qualcuno a cui non si vuole assomigliare. Il metro di paragone per quest’ultima eventualità è sicuramente House, tanto ammirato per le sue capacità diagnostiche quanto allontanato da chi lo circonda, perché l’idea di diventare come lui non è piacevole per chiunque abbia ancora un briciolo di sanità mentale. Ma per quanto ci si allontani parecchie volte, House un erede predestinato ce l’ha fin dall’episodio 1: il dottor Robert Chase.
Il dottor Chase: uno sviluppo lento e costante
All’inizio della serie guardare il dottor Chase, interpretato da un giovane Jesse Spencer, è un po’ come guardare la rappresentazione live action del principe azzurro delle favole: capelli biondi, occhi chiari, un viso dai lineamenti perfetti e lo sguardo di chi sa benissimo di esercitare un certo fascino su chi gli sta intorno. Ha addirittura frequentato il seminario, giusto per dare manforte alla sua apparenza da angioletto. E non mi sorprende il fatto che alla mia prima visione della serie anche io – preadolescente – sia caduta ai suoi piedi come una pera cotta. La dolcezza del suo volto però si scontra ben presto con alcune caratteristiche della sua personalità, come la rabbia furente nei confronti del padre e la volontà di dimostrare sempre a se stesso e agli altri di essere all’altezza del suo ruolo, e di non essere lì solo perché – per l’appunto – figlio di un padre medico.
Nel corso della serie lo vediamo sicuramente cambiare ma mai snaturarsi. Piuttosto, lo vediamo mostrare nuovi lati di sé, lati che si affiancano ma non vanno a sostituire quelli già visti. Chase è ostinato ma anche dolce, ostile ma anche coraggioso nel mostrare ciò che prova, è ruffiano ma non si fa scrupoli a tradire il suo capo per mantenere il posto di lavoro. È un medico ma si concede il diritto di decidere chi merita di vivere e chi no. È guidato dai suoi obiettivi professionali e personali, anche se spesso i primi prevalgono sui secondi. E per quanto sembri per buona parte della serie volersi allontanare da quel capo che tanto stima ma contemporaneamente disprezza, alla fine non ci riesce mai del tutto. Forse perché non è la sua reale volontà; forse perché, sotto sotto, sa di essere più simile a lui di chiunque altro.
Il rapporto tra il Dr. Chase e il Dr. House vive sulla soglia tra disprezzo e ammirazione
La relazione tra i due non è mai davvero rose e fiori. House lo punzecchia costantemente, lo provoca in un episodio sì e nell’altro pure, consapevole del fatto che l’orgoglio e gli obiettivi di Chase non gli permetteranno mai di allontanarsi in maniera definitiva da lui. L’ammirazione prevale sempre, se non per la persona che il capo è, almeno per le capacità che ha e per il ruolo che ricopre. Certo, qui la domanda più opportuna sarebbe: quale rapporto di House è davvero rose e fiori? Nessuno, neanche quello con Wilson. Eppure tra i vari medici che si alternano nella squadra di House, colui con il quale le dinamiche sono più particolari è proprio Chase.
Meno netto di Foreman e ovviamente meno innamorato di House di quanto non sia Cameron, Chase è nell’equipe originale il medico su cui le idee sono più incerte. Ci piace? Non ci piace? Difficile a dirsi, e puntata dopo puntata – almeno per un po’ di stagioni – il pensiero non si chiarisce. Ma il fatto è, su chi altro tra i personaggi siamo sempre così in bilico? Esatto, proprio su House. Perché nessuno come House riesce a farsi amare e odiare contemporaneamente, a farsi apprezzare ma anche a farci venire voglia di urlargli in faccia che no, non si fa così. Nessuno a parte colui che è da sempre il suo vero erede. Nessuno a parte Chase.
È nella seconda stagione di Dr. House – Medical Division che le cose si cominciano a delineare.
La prima persona ad accomunare House e Chase è la dottoressa Allison Cameron. Palesemente attratta da House fin dal primissimo momento, dopo una prima stagione passata provando in tutti i modi ad avvicinarsi al suo capo – arrivando a chiedergli esplicitamente un appuntamento e a ottenerlo – Cameron comincia a frequentare Chase. All’inizio nessuno dei due sembra interessato a una storia seria, e forse Chase è per la sua collega anche una sorta di chiodo scaccia chiodo. Ma non ci vuole molto a capire che le cose andranno diversamente, e se va così è proprio grazie alla capacità di Chase di non scappare di fronte al suo inaspettato sentimento.
Mentre Chase fa i conti con se stesso e contemporaneamente fa aprire gli occhi a Cameron, lei capisce di provare qualcosa per lui. Capisce anche di non amare più House? Questo non me la sento di affermarlo. Non so se sia davvero così o meno, ma la mia idea è che in realtà, sotto sotto, Cameron non abbia mai smesso di provare qualcosa per lui, così come non si è mai staccata del tutto dal suo primo marito. Ma questo non significa che il suo amore per Chase sia meno vero o meno puro. Non è una questione di quantità, è semplicemente altro. Forse, piuttosto che una rivincita, Chase è un altro caso un po’ perso al quale lei si appiglia, qualcun altro da aiutare. L’improbabile erede di un uomo perduto.
Da questo momento in poi, oltre ai sentimenti, di Chase si sviluppa anche la professione.
Dopo la terza stagione si allontana dalla diagnostica, andando via con decisione ma mai del tutto. E infatti, gira che ti rigira, è proprio alla diagnostica che torna, nonché al suo mentore tanto amato e odiato. Continua a litigare con House – perché alla fine le persone con cui litighiamo di più spesso e volentieri sono quelle dalle quali non ci vogliamo davvero staccare -, continua a disprezzare Foreman, continua ad avere un’ambizione forte. Comincia, proprio come qualcuno di nostra conoscenza, a mettere il suo lavoro in relazione alle persone che cura e arriva – indovinate anche in questo caso come chi – proprio dove vuole arrivare.
Facciamo un salto al finale di Dr. House, all’episodio Tutti muoiono. House ha beatamente finto la sua morte per un’avventura in solitaria con Wilson, a cui non resta molto da vivere. Cameron è madre e lavora al pronto soccorso, probabilmente la sua vera vocazione; Foreman dirige l’ospedale. Chase, che per tanti anni aveva cercato di allontanarsene, è primario di medicina diagnostica. Nel futuro che segue l’immaginario testamento del non morto Gregory House, Robert Chase prende il suo posto, afferra la sua eredità, nell’ultimo atto di uno strano rapporto mentore-allievo, padre-figlio. Dopo aver passato parte della sua vita a scappare dalla relazione con suo padre biologico, Chase si ritrova degno erede del suo padre professionale. Ne è all’altezza? Questo un giorno ce lo dirà un revival di Dr. House. Ma magari.