*Attenzione, l’articolo contiene spoiler sulla serie tv Dr. House e sul suo finale*
House è intrappolato in un edificio abbandonato che sta per essere distrutto dalle fiamme. Al suo risveglio, al suo fianco, c’è il corpo riverso di un paziente, l’eroinomane Oliver, e tanti indizi da recuperare e da assemblare attraverso dei flashback. La puntata conclusiva di Dr. House (disponibile su Prime Video), uno dei medical drama più originali e più longevi della serialità televisiva, non poteva non iniziare con un enigma da risolvere. House è all’inferno, metaforicamente parlando, bloccato in un dialogo con la sua coscienza in un processo tormentato di autoanalisi in cui ora nega, ora afferma se stesso. Chiede: «è questo l’Inferno, un’eternità di persone che vogliono convincermi a vivere?». Ad accompagnarlo in questo processo allucinato circondato dalle fiamme ci sono Kutner, il suo dipendente morto suicida e Amber, la bastarda tagliagole, anche lei morta (in parte) per colpa delle sue azioni; poi c’è Stacy, l’ex moglie che invocando Pascal gli ricorda della possibilità di affidarsi alla fede e gli mostra come potrebbe essere ancora la sua vita attraverso delle stupide fantasie. L’ultima visione che arriva a tormentare House è Cameron, la quale lo incita a lasciarsi andare. Ma non per essere punito: la morte sarebbe una ricompensa. Ha sofferto abbastanza, ora può mollare, proprio come ha scelto di fare Wilson.
Può il Dr. House che conosciamo anche solo prendere in considerazione l’ipotesi di togliersi la vita?
Se c’è una cosa che Gregory House ci ha ripetuto nel corso di 8 fortunate stagioni è che la morte non è mai dignitosa. La morte è la fine. Il nulla moltiplicato all’infinito. Questo è l’argomento madre della serie scritta e diretta da David Shore che viene sviscerato da ogni angolazione possibile. House e il suo team affrontano ogni giorno la perdita e il lutto. Lui stesso ha rischiato di non farcela in diverse occasioni, ma è solo nell’ultima puntata che la morte trova la sua massima espressione. L’unica persona a cui il personaggio di Hugh Laurie tiene davvero sta per morire e questa volta lui non può fare niente. Un oncologo ha il cancro: l’ironia beffarda e crudele, ancora una volta, non ha risparmiato nessuno, neanche Wilson. Dr. House è dall’altra parte della barricata, adesso, a barcollare in una sensazione surreale di impotenza che mette in discussione quanto ha di più prezioso: la sua logica.
Nella penultima puntata (08×21) tutto va in frantumi, come il Princeton–Plainsboro. Per uno stupido capriccio House ha intasato le fognature buttando nel WC dei biglietti che gli aveva regalato Foreman. Le tubature dell’ospedale sono collassate e il medico è ritenuto responsabile penalmente dell’allagamento. Visti i suoi precedenti, questo atto di vandalismo può revocargli la libertà. Nella penultima puntata tutto va in discesa, si spenge lentamente. Siamo pervasi da una morbida sensazione autunnale, come quella che si prova alla fine dell’estate. Ce la siamo goduta, per 8 stagioni, ne abbiamo passate tante, ma adesso è finita. Una sala che la sera prima ha ospitato una festa pazzesca ora è vuota e piena di spazzatura. Anche l’accompagnamento musicale è pigro. Le note del piano sono poche e malinconiche. Wilson ha il cancro, sta morendo e non vuole curarsi. Foreman vuole diventare il nuovo Wilson. Chase è andato via, Cameron anche. Lisa Cuddy non tornerà mai più. La sua nuova squadra lo tollera a mala pena. Per 8 stagioni abbiamo aspettato Godot e ora è arrivato a prendersi il migliore amico di House, il quale è bloccato in mezzo a due fuochi: scontare 6 mesi in prigione o passare con Wilson gli ultimi 5 mesi di vita che gli restano.
Everybody Dies.
La morte non è interessante, è il contrario di un rompicapo. Sostiene House, eppure è sempre stata l’unico suo nemico, un nemico che combatte pur sapendo di non poter sconfiggere. Everybody Dies è il titolo dell’ultimo episodio di Dr. House che ci lascia con una lucida presa di coscienza che arriva dopo un viaggio durato 8 capitoli, trasformando il mantra “tutti mentono” – un’incrollabile certezza – in “tutti muoiono”. Il modo in cui affrontiamo la morte, come ci comportiamo di fronte a questo fenomeno tanto certo quanto sconosciuto; l’elaborazione del lutto, l’inganno, la fede e la logica sono temi ampiamente dibattuti nel corso della serie che tornano prepotentemente nel series finale a colpire House senza lasciargli via di scampo. Lo colpiscono talmente forte da mettere in dubbio ogni sua certezza. Il suicidio, per lui, è sempre stato un’opzione da codardi, ma ora sta valutando concretamente l’ipotesi di spegnere tutto. Ma lui non vuole morire, vuole solo smettere di soffrire. Questa volta però sta soffrendo per qualcun altro. Il finale di stagione ci lascia anche con la meravigliosa conferma che la relazione tra House e Wilson va al di là dell’amicizia. È egoista e bisognosa: questo la rende una struggente storia d’amore. La parte di sé che vuole mettere fine a tutto, rappresentata da Cameron, lo incita a lasciarsi andare. Lui si alza e va verso l’uscita dell’edificio. Poi il palazzo esplode e Wilson vede il suo amico scomparire tra le fiamme.
House è morto.
In un istante ci siamo divisi in due gruppi di spettatori. C’è chi ha creduto che il geniale medico fosse morto davvero e chi ha pensato a un piano diabolico, architettato ad arte per salvare la situazione di stallo in cui si trovava. Qualunque sia stato il vostro primo pensiero, ad ogni modo, House è morto, o meglio, la rappresentazione che molti suoi conoscenti avevano di lui lo è. È morto perché ha ucciso il suo ego. Il solito House, quello che mente e manipola (anche se sempre a fin di bene) ha compiuto il suo ultimo raggiro. Il suo “ultimo canto del cigno” e ora è libero da tutto, dalla sua professione, dal carcere, da ogni ipocrisia e dai puzzle, ma soprattutto è libero di passare gli ultimi 5 mesi di vita con il suo migliore amico, standogli accanto, questa volta, alle sue condizioni.
Sono morto Wilson. Come vuoi passare i tuoi ultimi 5 mesi?
House è uscito dal retro dell’edifico in fiamme; all’obitorio ha scambiato le sue impronte dentali con quelle del paziente deceduto e si è salvato per l’ultima volta con l’inganno. Ha sacrificato tutto, ma questa volta per qualcun altro, per Wilson. Il tema della falsa morte, e quindi l‘escamotage messo in atto, è ovviamente l’ennesimo, palese omaggio a Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Al (finto) funerale di House, tutti lo ricorderanno con parole tutto sommato piacevoli. Ci sono tutti tranne Lisa Cuddy. La cerimonia confermerà un’altra certezza incrollabile di House: Wilson non è mai noioso. Lui è l’unico, al contrario di Cameron, Chase e perfino di Foreman, a non risparmiarsi:
House era uno s****o.
Proprio in quel momento, l’oncologo con il cancro riceve un SMS: stai zitto, idiota! House è tornato. Non è possibile provarlo, ma siamo certi che Wilson lo sospettava. Così, tutto continua: Chase prende finalmente la pallina di House; Taub ha le sue due figlie avute per sbaglio da donne diverse e anche Cameron si è risposata e ha un figlio. Foreman ha ottenuto quello che ha sempre bramato, il potere, e il suo ex capo – ora ex dipendente – non perde occasione per prendersi gioco di lui “anche da morto” lasciandogli un indizio che dimostra che lo ha superato in astuzia per l’ultima volta.
Il cancro è noioso.
Un episodio agrodolce diverso dai soliti, come ha dichiarato Shore a Entertainment Weekly. Nell’essenza però, anche l’ultimo è tipicamente un episodio di Dr. House quindi non poteva che essere questa (Cancer is boring) la battuta conclusiva di una serie mai noiosa. I due amici partono in Harley-Davidson verso l’inevitabile fine che attende Wilson – e tutti noi – in stile Easy Rider, come due autentici bros. Un epilogo impietoso senza sensazionalismi, lucido ma emozionante: il finale perfetto, dal sapore onirico, per una storia non convenzionale che non ci ha mai risparmiato nulla. Il series finale tira le somme, le conferme sono arrivate: non andrà tutto bene. La verità fa schifo e la vita è sofferenza. La morte è brutta, per chi resta. La verità è che nessuno può fare niente. Tutti muoiono, è vero, ma insieme all’altro, l’esistenza diventa più sopportabile.
House è morto (legalmente) e adesso è libero. Sulle note di Enjoy Yourself (It’s Later than You Think) – un brano scelto da Hugh Laurie, lo stesso che cantava l’allucinazione di Amber nella 05×23 – Dr. House ci invita a cogliere l’attimo, a goderci il presente e a farlo con chi amiamo. Senza trucchi e senza più inganni.
In fondo, per usare le parole di Foreman nella 08×21:
Sopportare il dolore per fare del bene a qualcuno a cui tieni: non è questa la vita?