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10 Serie Tv che hanno sprecato ingenuamente una grande trama

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Quando si ha a disposizione una grande trama, o perlomeno un buon concept di base, è difficile fare cilecca. Le serie tv, così come i film, hanno il fondamentale compito di raccontare storie. Motivo per cui la trama è un elemento fondamentale, che può essere determinante per il successo di uno show. Se la trama non è buona, è pressoché garantito che anche il prodotto finale non lo sia, salvo rare eccezioni. Si dovrebbe pensare automaticamente che valga anche il contrario. E invece no. A volte una grande trama può essere affossata da una miriade di elementi che non funzionano, sceneggiatura e recitazione in primis. Prendiamo Dracula, la miniserie originale Netflix come esempio supremo. Difficile fallire con una storia bella e affascinante come quella del conte Vlad, giusto? Eppure, gli sceneggiatori sono riusciti a combinare un disastro, sprecando così una storia che aveva tutti i numeri per essere vincente.

Ma Dracula non è certo l’unica Serie Tv che è riuscita a fallire, pur avendo tutte le carte per il successo.

Sono molte le serie tv che, purtroppo, sono riuscite a buttare al vento delle splendide trame. Ed è un vero peccato, perché sono proprio le grandi storie quelle che vale la pena di ascoltare, quelle che sicuramente ci lasceranno un segno. Purtroppo le serie non sono solo racconti, sono un insieme di moltissimi fattori che devono combinarsi creando un tutto armonico. E spesso è proprio l’insieme che non funziona e rischia di compromettere anche quegli elementi che, invece, sono buoni e interessanti.

Partendo da questa riflessione, abbiamo raccolto dieci Serie Tv che sono un esempio lampante di ciò che stiamo sostenendo.

Oltre a Dracula, troverete molti show televisivi che hanno commesso questo peccato. E balzerà subito all’occhio il fatto che spaziano in vari generi, che vanno dalla comedy, al thriller, fino al fantasy. Nessuno scampa a questa maledizione, dunque. E detto ciò, vi invitiamo a condividere il nostro rammarico, augurandovi buona lettura.

Snowpiercer

Dracula

Snowpiercer è il classico esempio di show che aveva tutte, ma proprio tutte le carte in regola per essere un capolavoro. Peccato che l’occasione sia andata miseramente sprecata. La serie si basa sull’opera a fumetti francofona Les Transperceneige, un racconto post apocalittico al quale il regista Bong Joon-ho si è ispirato nel 2013 per realizzare il film Snowpiercer, appunto. Non pago, il regista premio Oscar ha pensato bene di realizzare un reboot, trasponendo la storia in uno show televisivo. E questo ci andava benissimo.

Snowpiercer è l’affascinante (e molto attuale) racconto di un mondo distopico, sprofondato in una nuova Era Glaciale conseguente a dei tentativi fallimentari di fermare il surriscaldamento globale. I pochi sopravvissuti vivono all’interno di un treno che viaggia attorno alla Terra compiendo un moto perpetuo. Nonostante il mondo sia radicalmente cambiato, quasi retrocesso agli albori della civiltà, nulla cambia per i passeggeri, che vivono ancora secondo una rigida stratificazione sociale: i più poveri risiedono negli ultimi vagoni, stipati come bestie e oppressi dalla milizia dei più agiati, che invece popolano le lussuose prime carrozze. Naturalmente, questa situazione di disequilibrio non è destinata a durare e la rivolta è dietro l’angolo.

Già dalla sinossi si può comprendere come la serie avesse tutti i numeri per essere un prodotto eccellente. Oltre alla trama, la presenza di Bon Joon-ho come produttore esecutivo sembrava essere una garanzia. Eppure, l’esito non è stato quello che ci saremmo aspettati. A differenza, del film, lo show televisivo non ha voluto approfondire adeguatamente il tema sociale, intrigante e sfaccettato, che costituisce di fatto il fulcro del racconto. La serie, infatti, è focalizzata sul personaggio di Andre Layton, un detective che vive nel Fondo ed è chiamato a investigare su una serie di omicidi che stanno sconvolgendo la Prima Classe. E mentre indaga, aiuta anche i suoi compagni a ordire la rivolta contro i privilegiati. Certo, l’idea è interessante, ma la ribellione dei poveri non costituisce il punto focale del racconto, come lo era invece nel film. Insomma, la serie poteva essere una splendida critica sociale, approfondita e sfaccettata, ma purtroppo l’occasione è stata sprecata, a favore di un prodotto che rimane sì abbastanza accattivante, ma che non regala nulla di nuovo al panorama seriale.

American Gods

Dracula

Ed ecco un altro esempio di trama eccezionale miseramente sprecata, forse anche peggio di Dracula. Solo che stavolta la serie è Starz. Già questa doveva essere di per sé una garanzia, dato che la piattaforma streaming è nota per sfornare contenuti di grande qualità. Ma la carta vincente, il jolly di American Gods risiedeva proprio nella trama. Lo show, infatti, è tratto dal romanzo di Neil Gaiman, ideatore di tante altre piccole perle, come Good Omens, o il personaggio di Lucifer, protagonista dell’omonima serie Netflix.

Il romanzo da cui è tratta la serie è molto vicino al capolavoro. Il protagonista Shadow, appena uscito di prigione dopo tre anni, trova il suo mondo completamente stravolto. I suoi piani, una volta uscito, erano chiari: sarebbe tornato dalla moglie Laura, che lo aspettava a casa, impaziente e innamorata. Avrebbe cominciato a lavorare come personal trainer presso la palestra del suo migliore amico e tutto sarebbe andato per il meglio. Peccato che il giorno prima del rilascio, Shadow apprende una notizia terribile: l’amatissima moglie e l’amico sono morti in un incidente d’auto e non solo. Come apprenderà in seguito, i due erano amanti. Ed eccolo che ritorna a casa, senza avere uno straccio di idea su come affronterà il resto della sua vita. Ma nel volo di ritorno incontrerà un uomo bizzarro, Mr. Wendesday, che gli offrirà un lavoro come sua guardia del corpo personale. Quello che Shadow non sa è che il suo nuovo strambo datore di lavoro altri non è che Odino in persona. La divinità norrena si è presa il disturbo di vagare sulla Terra in spoglie mortali per chiamare a raccolta gli antichi dei, in modo da combattere una grande minaccia: l’ascesa delle “nuove” divinità. Queste entità misteriose sono nientemeno che i social media, il denaro e insomma tutto ciò che ora gli uomini venerano. Ma Odino non ha alcuna intenzione di essere gettato nel dimenticatoio.

Insomma, la trama di American Gods è qualcosa di estremamente bello e originale. Così come splendidi sono i personaggi, tutti trattati con il giusto approfondimento psicologico. Una figura particolarmente affascinante è quella della moglie Laura. Nonostante abbia tradito il marito, è innamorata di lui. E il suo amore riesce a travalicare la morte, consentendole di stare al fianco di Shadow anche da defunta. La donna, per tutta la narrazione, gli guarda le spalle e non lo abbandona mai, regalandoci anche attraverso i dialoghi con il marito delle vere e proprie perle. Peccato che la serie si perda un po’ troppo e finisca con lo specchiarsi oltremisura, soprattutto nella seconda stagione, intermezzo deludente tra una grande prima stagione e una terza che ha dovuto rincorrere un treno purtroppo ormai perso. La ricerca spasmodica di una qualità cristallina che non ha in alcun modo tenuto in considerazione le esigenze del pubblico di riferimento, oltretutto complicata non poco dai tormentati cambi continui alla guida della serie, ha finito con il rovinare una serie che avrebbe potuto essere molto più di quel che è stata: un’opera per pochi, troppo pochi. Quasi per nessuno.

Baby

Dracula

Malgrado sia ritenuta quasi all’unanimità una delle serie peggiori degli ultimi anni, Baby in origine non era del tutto da buttare. Anzi, l’idea di raccontare un fatto di cronaca sconvolgente dal punto di vista delle accusate poteva risultare vincente. D’altronde, la vicenda delle baby squillo dei Parioli aveva scosso Roma fin dalle fondamenta. E poteva essere interessante osservare il percorso che ha poi portato le ragazze in una simile situazione. Di base, la serie poteva essere la giusta occasione per raccontare il marcio dei quartieri alti romani, oltre a raccontare il decadimento di un’alta società che non ha più nulla da offrire e preferisce rifugiarsi in piaceri effimeri anziché affrontare la vita. Peccato che Baby abbia preso una strada diversa, una sorta di ibrido di critica sociale non molto efficace e teen drama poco convinto. Le protagoniste risultano piatte e stereotipate. Sono due classiche belle ragazze, di cui una ricchissima e senza alcun problema, semplicemente annoiata dalla vita e quindi alla costante ricerca di emozioni forti. L’altra, subissata dalle difficoltà familiari, cerca di fuggire da una situazione che le sta stretta, ma ribellandosi come potrebbe fare una caricatura di adolescente. Risponde male alla madre e ai professori, non studia, marina la scuola, si droga e frequenta compagnie molto poco raccomandabili. Il circo al completo, insomma. Personaggi che avrebbero potuto essere interessanti e sfaccettati vengono dunque ridotti spesso a macchiette e la recitazione non sempre convincente da parte di alcuni interpreti certo non aiuta. Anche in questo caso, una buona occasione andata sprecata. E fa ancora più male, se si pensa che si tratta di un prodotto nostrano.

The Last Man on Earth

In seguito a una pandemia mondiale, la Terra è stata è rimasta disabitata. Phil Miller, l’ultimo uomo rimasto, sta per togliersi la vita, ma poco prima dell’insano gesto, incontra una altro essere umano, Carol. La donna è poco attraente, petulante e fastidiosa, ma nonostante ciò convince Phil a sposarla per poter ripopolare il Pianeta. Proprio il giorno delle nozze, però, compare un’altra donna, Melissa. La nuova superstite è bellissima e affascinante, motivo per cui Phil perde immediatamente la testa per lei. E cerca di convincere Carol della necessità di accoppiarsi anche con la nuova arrivata, al fine di riprodursi il più possibile.

Nel complesso, The Last Man on Earth è una buona comedy, ma avrebbe potuto fare molto di più. Il concept di base è interessante e molto attuale, ma purtroppo non è stato sfruttato come avrebbe meritato. Il pilot viene utilizzato come mero espediente comico per dare il via a delle improbabili dinamiche amorose, dimenticando così quello che avrebbe potuto essere il fulcro centrale della narrazione, ovvero il senso di solitudine dei pochi sopravvissuti rimasti, animati dall’ansia di ripopolare la Terra. Insomma, The Last Man on Earth aveva la possibilità di trattare approfonditamente tematiche importanti come la morte e la solitudine, pur mantenendo l’impronta di leggerezza delle comedy, un po’ come The Good Place, che al contrario è riuscita alla perfezione nell’intento. Un vero peccato e, soprattutto, una grande occasione sprecata.

Luna Nera

Luna Nera

Luna Nera poteva essere la svolta nel panorama della serialità italiana. L’idea di base era molto originale e poteva essere un progetto molto coraggioso, soprattutto se si considera che i prodotti televisivi italiani difficilmente tendono ad assumersi dei rischi. La serie racconta le vicende di una congrega di streghe nel Seicento, che deve ovviamente cercare di sfuggire alla persecuzione perpetrata dalla Chiesa. Gli elementi in gioco erano tanti: ambientazione storica, personaggi femminili forti, tocchi di sovrannaturale. I numeri per riuscire nell’impresa di realizzare una serie di qualità c’erano tutti, peccato che siano andati miseramente sprecati. La sceneggiatura proprio non funziona e i dialoghi tendono a mischiare un linguaggio contemporaneo a uno che dovrebbe essere d’epoca, mentre la recitazione è teatrale e forzata. L’analisi storica non è adeguatamente approfondita, così come non lo sono i personaggi, le cui dinamiche creano una retorica women power spicciola e scontata.

Al pari di Dracula, Luna Nera è una Serie Tv originale Netflix che ha sprecato irrimediabilmente il suo potenziale.

Altro punto a sfavore: gli elementi sovrannaturali, che avrebbero potuto essere il punto di forza della serie, sono molto poco ridondanti rispetto alle aspettative. Di magia ce n’è ben poca ed è davvero un grande peccato. Perché l’idea di base della serie era estremamente originale e poteva dare tanto. Ma il potenziale del prodotto è andato completamente sprecato.

Nightflyers

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Un uomo armato di ascia insegue una donna terrorizzata a bordo di un’astronave. È un inizio con il botto per la serie tratta dall’omonima novella di George R.R. Martin, già “papà” de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. La situazione di caos iniziale viene poi spiegata dal resto degli episodi, che con un lungo flashback raccontano le dinamiche venutesi a creare sul veicolo spaziale Nightflyers. La navicella è partita dalla Terra alla ricerca dei Volcryn, una razza aliena evoluta in grado di garantire la sopravvivenza del genere umano, decimato da un virus. La serie poteva essere estremamente interessante, anche perché il nome di Martin sarebbe già di per sé una garanzia. Eppure, anche in questo caso, lo show delude. La narrazione è infatti punteggiata da tanti, troppi colpi di scena, che anziché mantenere vivo l’interesse dello spettatore, finiscono con l’annoiare. Questo perché gli sceneggiatori hanno cercato in ogni modo di spingere al massimo la tensione creata dal thriller psicologico, ma perdendo di vista la coerenza narrativa. La logica di alcune dinamiche rischia di venire a mancare, generando anche degli interrogativi che rimangono privi di risposta. Anche in questo caso, è una grande occasione sprecata.

Dracula

Ed eccoci arrivati a uno dei massimi esempi di trama andata sprecata: Dracula. La leggenda del conte Vlad è incredibilmente affascinante e può prestarsi ai più disparati adattamenti. E anche in questo caso, c’è l’elemento sovrannaturale a tinte dark che può già risultare di per sé vincente.

Dracula riesce però a sprecare velocemente tutto il potenziale che possedeva.

La serie poteva essere una nuova, rivoluzionaria trasposizione del romanzo di Bram Stoker, scavando la psiche di Dracula, mettendo a nudo le sue fragilità, oltre ai suoi punti di forza. Difficile fare cilecca con un personaggio così affascinante, sensuale e pericoloso. Eppure la serie ci riesce, ahimé, alla perfezione. Le tre puntate, da ben novanta minuti l’una, sono lente, pesanti e pedanti. Il ritmo e la suspense delle prime due puntate non riescono a tenere viva adeguatamente l’attenzione dello spettatore, che vede crollare ogni interesse con l’episodio conclusivo, ambientato nel XXI secolo. La conclusione non è certo degna del racconto e i toni horror e dark si perdono completamente a favore di una storia d’amore scontata, oltre che molto poco convincente.

È vero che è difficile produrre qualcosa di originale partendo da un racconto noto come quello di Dracula, ma ci sono serie che sono riuscite a fare comunque un ottimo lavoro. Una su tutte? Castlevania. Lo show animato, sempre originale Netflix, riesce lì dove Dracula ha fallito miseramente. Questo a dimostrazione che il potenziale per sfruttare al massimo una trama già molto sfruttata c’era tutto.

The Shannara Chronicles

L’omonimo ciclo di romanzi da cui è tratta la serie si presentava come un fantasy originale, ambientata in un universo distopico dove l’antica civiltà è stata spazzata via dalle Grandi Guerre. La salvezza del mondo è nelle mani della principessa elfa Amberle Elessedil, del mezzelfo Will Ohmsford e della nomade Eretria. La loro missione è quella di salvare l’Eterea, un antico albero che mantiene in vita il Divieto, un regno dove è imprigionata ogni creatura malvagia. Nonostante gli ovvi riferimenti tolkeniani, la trama risulta interessante e particolare, ma purtroppo non si può dire altrettanto della serie.

Al pari di Dracula, The Shannara Chronicles riesce ad appiattire una storia dal grande potenziale.

Nel caso specifico, la scelta dei creatori è stata quella di realizzare un prodotto prevalentemente teen. Ma il problema non è solo questo: con il pretesto di realizzare uno show dal taglio adolescenziale, tutte le sfaccettature e sottotrame della narrazione originale sono andate tristemente perdute. Il risultato? una serie piatta e decisamente poco interessante, con temi trattati in maniera estremamente semplicistica.

Freud

Freud

Come Dracula, anche qui abbiamo una serie originale Netflix che si è rivelata un clamoroso flop. Il protagonista, neanche a dirlo, è il padre della psicanalisi Sigmund Freud. L’uomo cerca di riscattarsi davanti a colleghi e parenti, dimostrando la veridicità delle sue teorie circa l’ipnosi. Anche in questo caso, l’idea iniziale era ottima. Come può non fare centro una serie focalizzata sulle affascinanti idee di Freud? Eppure, il fallimento è dietro l’angolo. A differenza di Dracula o Luna Nera, dove l’elemento sovrannaturale dovrebbe essere preponderante, si suppone che Freud rimanga su un piano reale. E invece la situazione degenera in modo del tutto inaspettato. Di punto in bianco, Freud diventa un cacciatore di streghe, che cerca di fermarle e arrestare una catena di terribili omicidi tramite l’ipnosi. Un simile plot twist risulta privo di qualunque nesso logico e va a sminuire una trama che, se fosse rimasta su un piano storico e avesse avuto un taglio documentaristico, sarebbe stata davvero interessante.

Una serie che poteva rivelarsi un affascinante viaggio nella psiche e nei più reconditi desideri umani, ha gettato tutto al vento nella disperata ricerca di essere originale e creare dei colpi di scena che, anziché sconvolgere lo spettatore e tenerlo incollato allo schermo, lo lasciano perplesso e smarrito, incapace di comprendere cosa stia guardando. Il risultato è dunque un prodotto non solo mediocre, ma anche privo di senso. Un vero peccato, per una serie con un protagonista così interessante.

Marco Polo

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Marco Polo doveva essere un progetto ambizioso, ad altissimo budget, ma si è rivelato un grande flop. Difficile anche in questo caso fallire, dal momento che la serie era un riadattamento del pilastro della letteratura Il Milione. Eppure, Netflix è riuscita nella difficile impresa di sprecare una trama decisamente promettente.

Come nel caso di Dracula, il concept di base non è bastato a salvare una Serie Tv ambiziosa.

Marco Polo ha una narrazione lenta e decisamente troppo romanzata, che a lungo andare finisce con l’annoiare. La ricercata calma e lentezza, che vorrebbe essere un omaggio alla cultura orientale, in questo caso non funziona, specie se abbinata a una ricercatezza delle scene di lotta e a un respiro corale che vuole riprendere Game of Thrones. Il risultato? La serie è stata cancellata dopo sole due stagioni.

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