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Dragon Ball non ci ha insegnato niente, ma ci ha insegnato tutto

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Siamo venuti su tutti sentimentali, idealisti, romantici. Un’intera generazione di sognatori attaccati a utopie, fantasie, illusioni. Siamo cresciuti con un concetto ben definito di male e bene. Perciò spesso fatichiamo ad adattarci, a conformarci, a viaggiare di pari passo con una società in cui alcuni concetti sono invece molli, flessibili, fin troppo malleabili. Per questo ci affligge il presente con le sue contraddizioni. Perché noi abbiamo ben chiaro cosa sia il male e non ci incantano le frodi propagandistiche e i linguaggi delle neolingue moderne. Noi siamo cresciuti seguendo l’esempio di un ragazzino di nome Goku. Siamo diventati adulti guardando quella meraviglia che era Dragon Ball.

È vero: la tv ci ha messo in testa un sacco di roba. La generazione che è cresciuta guardando i cartoni animati negli anni Novanta è quella che forse ne ha assorbito il primo vero grande impatto. C’era un sacco di spazzatura, per carità. Ma c’erano anche quelle storie che avrebbero forgiato per sempre il nostro carattere. Ci lasciavano dopo pranzo davanti alla tv e non sapevano che in quel momento, per noi e per le nostre inconsapevoli vite, si stava compiendo la magia. Passavamo a scuola la mattinata e imparavamo le tabelline. Ma quando rientravamo a casa, buttavamo via lo zaino nel corridoio e attendevamo con impazienza la sigla di Dragon Ball, il nostro cervello non era spento.

Goku e suo nonno in una delle prime puntate di Dragonball

I recettori dell’apprendimento immagazzinavano informazioni, recepivano concetti, ammucchiavano visioni, principi, punti di vista. Dragon Ball plasmava il nostro modello di mondo e noi neppure ce ne accorgevamo.

Eravamo assorbiti dalla storia, troppo ingenui per capire il processo che, comunque, non avremmo avuto modo di interrompere. Dragon Ball ci piaceva e ci coinvolgeva. Non eravamo spettatori passivi: abbiamo condiviso ogni avventura con Goku. Insieme a lui abbiamo affrontato ogni sfida con lo stesso trasporto emotivo. Come se la sua storia fosse anche la nostra. Le sue battaglie, le nostre. I suoi nemici, i nostri. Ogni sua goccia di sudore era, in fondo, anche un po’ nostra. Dragon Ball non è solo uno straordinario ricordo collettivo. È un pezzettino, seppur minuscolo, di quel che siamo. Guai a sminuire quell’esperienza, guai a mostrarci cinici, indifferenti, scettici. Dragon Ball non ci ha insegnato niente, ma ci ha insegnato tutto.

E in quella storia che da bambini guardavamo senza porci troppe domande, sono racchiuse le credenziali attraverso le quali abbiamo avuto accesso al mondo.

Ma che cosa ci ha insegnato davvero Dragon Ball? Ci ha insegnato veramente qualcosa? Ci capita di imbatterci nei vecchi episodi dell’anime (su Amazon Prime Video è disponibile l’intera saga, facile da recuperare per chiunque ne abbiano nostalgia). A volte, ripercorrendo le vecchie storyline che riguardavano Goku e i suoi amici, riemergono particolari che avevamo completamente rimosso. Alcuni combattimenti ce li ricordavamo più lunghi di quanto in realtà non fossero, certi nemici ci apparivano più terrificanti di quel che erano. Intere puntate le abbiamo completamente dimenticate (altre non potremmo mai). Qualche volta è capitato anche di imbattersi in personaggi di cui non ricordavamo affatto l’esistenza. Io, per esempio, mi sono sorpresa spesso persino nel non ricordare come è finita Dragonball (perché è davvero finita Dragon Ball?).

Il genio delle tartarughe di mare

Ma il punto non è questo: possiamo aver dimenticato nomi, personaggi, duelli e luoghi. Possiamo aver rimosso interi capitoli della saga e aver fatto confusione tra una stagione e l’altra. Ma, su quel che Dragon Ball ci ha trasmesso, non possiamo aver dubbi: è tutto incastrato da qualche parte dentro di noi. Riaffiora nelle situazioni più impensabili della vita e neppure ce ne rendiamo conto. Ma sta lì, fa parte del nostro bagaglio di valori. È inestirpabile e permanente, appartiene alla nostra memoria più intrinseca ed è perciò difficile da rimuovere.

C’era questo ragazzino piccoletto, che poi è diventato uomo, che sapeva sempre cosa fosse giusto fare.

Cavalcava la sua nuvola gialla e girava il mondo abbattendo minacce solo per tener fede a una promessa fatta. Non c’era mostro che potesse spaventarlo. Non c’erano pericoli che potessero fermarlo. Goku è uno dei personaggi della nostra infanzia con il più alto senso etico di giustizia. Non combatteva per la gloria personale, non combatteva per dar sfogo alla rabbia, né per compiacere qualcuno: lui combatteva per chi non poteva farlo. Non esiste una sola puntata, in Dragon Ball, in cui Goku non abbia sacrificato tutto se stesso per gli altri. Per i suoi amici, per le persone più deboli, per chi in quel momento aveva bisogno di aiuto. Davanti alla necessità di mettere in salvo i più deboli, combattere per chi non era in grado di farlo, Goku non si è tirato mai indietro.

Per quanto fosse rischioso, sconsigliabile, superfluo, azzardato, non c’erano ragioni: combattere diventava un imperativo morale. Ecco, forse Dragon Ball ci ha dato la più grande lezione che potessimo ricevere sul come stare al mondo. Ci ha equipaggiati tutti altruisti, generosi, buoni. Ci ha dato gli strumenti per stare dalla parte del bene e per fare la cosa giusta sempre, nonostante il prezzo da pagare. Come potevamo mai adattarci all’era dell’egoismo e dell’egocentrismo quando da piccoli seguivamo le orme di un personaggio che ha sempre sacrificato tutto se stesso per gli altri? Dragon Ball ci ha insegnato cosa fosse il bene e cosa il male. Ci ha fornito le lenti per riconoscerli e non farci trarre in inganno.

Goku e Vegeta

Dragon Ball, dopotutto, era la storia di uomini semplici che difendevano valori semplici.

Quando Goku ha rischiato di avvelenarsi per battere Al Satan e resuscitare l’amico Crilin, alla me stessa ragazzina che guardava la tv è sembrata la cosa più naturale del mondo (per non dire di quando Vegeta si sacrifica per Trunks e Bulma). Dragon Ball ha elevato il valore dell’amicizia e ci ha insegnato a impostare le nostre alla stessa maniera. Non solo: guardando la saga quando ero bambina, ho capito per la prima volta il valore del perdono e della redenzione. Se anche i nemici più prepotenti alla fine riuscivano a redimersi, perché non credere che fosse quello il meccanismo reale che smuove l’animo umano? Perché non riscoprirci tutti fiduciosi e ottimisti? È forse stato proprio lì l’intoppo, l’inciampo in cui la nostra generazione è cascata e dal quale non è più riemersa: credere che tutto fosse possibile.

Non solo: battersi perché tutto fosse possibile. Credo che ci sarà sempre una profonda differenza tra chi è cresciuto guardando Dragon Ball e chi invece non lo ha fatto. Chi tornava a casa per accompagnare Goku nelle sue infinite battaglie, ha sperimentato il duro lavoro e il sacrificio. Goku non ha mollato mai, neanche per un istante. Ha combattuto ogni giorno tutte le sue battaglie, dando tutto se stesso. Sempre. Non era superficiale, approssimativo, distratto: al contrario, era un cultore del duro lavoro. Ci ha insegnato che, per ottenere dei risultati, è necessaria la fatica. Bisogna allenarsi duramente per battere i propri avversari, bisogna lavorare tutti i giorni su se stessi e sui propri limiti per migliorarsi ogni giorno di più.

Dragon Ball ci ha insegnato il valore del sacrificio e della fatica. In una parola: la perseveranza.

Credevamo di stare a guardare un cartone animato come tanti, invece stavamo imparando qualcosa sulla vita. Dragon Ball ci ha trasmesso il senso di lealtà, ci ha insegnato a vedere la bellezza nelle cose più semplici. Attraverso quelle storie, ci siamo resi conto di quanto sia eroico e straziante sentirsi parte di una cosa più grande e darle in dono tutto quello che abbiamo. Akira Toriyama (la nostra infanzia, adolescenza e tutta la vita) non stava solo rallegrando i pomeriggi di noi bambini inconsapevoli e ingenui. Stava abituando un’intera generazione di sognatori a guardare il mondo con ostinata speranza.

E con un sorriso, sempre con un sorriso. Per cui, se qualche volta ci chiediamo da dove provenga in realtà la nostra testarda e irremovibile fiamma che – malgrado i tempi e le disillusioni – ancora avvampa, forse uno sguardo ai pomeriggi in cui guardavamo Dragon Ball dovremmo lanciarlo. Credevamo non ci avesse insegnato niente, invece ci ha insegnato tutto.