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Dying for Sex – La Recensione di un’ardita serie che sdrammatizza e infiamma, tratta da una storia vera

Copertina di Dying for Sex

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Creazione di Elizabeth Meriwether e Kim Rosenstock, ispirate dal podcast di Nikki Boyer sulla vera storia di Molly Kochan, Dying for Sex entra in silenzio nel nostro animo e ci accompagna in questo viaggio di FX su Disney+. Con il suo approdo prevedibile ma vibrante, ci troviamo coinvolti, infatti, in una commedia drammatica che non ci risparmia picchi di atroce dolore alternati a montagne russe emotive, umorismo pungente e cadenzato, sorrisi spensierate e scene piccanti. Tutto ruota attorno a Molly, la protagonista che, dopo aver superato un primo cancro al seno, si ritrova catapultata nel tremendo vortice del ritorno della sua malattia.

Questa volta è all’anca, metastatico e al quarto stadio. E Dying for Sex, da questo evento, non è altro che la storia di una rivoluzione delicata ma dirompente nella vita di una donna di quarant’anni che conserva dentro di sé rimorsi, paure, insoddisfazioni, ferite e desideri. Così tanti da riuscire a far traboccare quel vaso che la faceva soltanto sopravvivere dalla tenera età. Pertanto, decide finalmente di vivere, Molly. Adesso che le rimane poco tempo e non brama altro che liberarsi dai pesi morti fuori e dentro di sé. E desidera solo cavalcare l’onda di questa sua rinascita con scadenza.

Molly e Nikki in Dying for Sex (Today)

Partirà col separarsi dal marito Steve dopo quindici anni di matrimonio

Li avevano trascorsi in passiva serenità, intensamente dominati dalla costante ombra del cancro. Tra i due non funzionava quindi da un po’, proprio perché Molly era diventata per il marito nient’altro che una paziente. Lui non riusciva più a vederla come la sua amante, come oggetto del suo desiderio più viscerale, e si sentiva quasi in dovere di non dare importanza a queste esigenze di entrambi. Non doveva fare altro che prendere alla lettera gli appunti sulle cure mediche della moglie, portarla a tutte le visite e non farla stancare troppo.

Di contro, una vera furia di migliore amica, Nikki, interpretata da una stratosferica Jenny Slate, sarà il personaggio determinante del cambiamento interiore di Molly. Parliamo di una giovane donna all’apparenza fuori controllo, spesso rabbiosa, eccentrica e irriverente, ma infinitamente devota, presente, sincera e pulita come nessun’altro nella vita di Molly. E sarà lei ad accompagnare la sua amica nella sua avvincente ma accidentata esperienza di cui Dying for Sex si fa portavoce.

Ma di cosa aveva voglia adesso Molly?

Beh, innanzitutto sentiva di avere dei conti in sospeso con la propria sessualità. Soprattutto per via di un nefasto trauma vissuto all’età di sette anni e mai esorcizzato. Tanto da vivere ingabbiata nel giudizio della sé bambina, che la osservava e la faceva sentire così piccola e indegna, da non permetterle di superarlo. D’altra parte, subire violenze (qui trovate un focus su Unbelievable, serie che tratta il tema con delicatezza) dal compagno della madre, per poi provare un misto di disgusto e piacere nell’appurare che qualcuno la desiderasse in quel modo là, era stato riprovevole. Per questo motivo, non aveva mai provato appagamento a letto con Steve, non era mai riuscito a concederselo. E neanche cambiando uomo, dopo essersi addentrata nel mondo delle dating app, riusciva goderne a pieno.

Si vergognava del suo corpo debilitato dal cancro, del ricordo onnipresente dell’uomo che aveva oltraggiato la sua innocenza e della sua totale inesperienza sul campo. Le basterà però urlare contro il vicino del nuovo appartamento in cui si trasferirà, per capire che forse aveva bisogno di vivere una sessualità diversa. Dettata da un profondo reset intimo e cerebrale, dal quale ripartire per perdonarsi, assolvere la madre che le aveva fatto pesare per anni il suo stesso senso di colpa e riuscire a sentirsi padrona dei suoi bisogni. A tal proposito, fondamentale sarà il ruolo di Sonya, la terapeuta delle cure palliative per i malati oncologici dell’ospedale.

Molly in Dying for Sex (The Guardian)

Sonya le farà esplorare i canali alternativi dove il sesso si può sperimentare

Tra gli altri, Molly sceglierà di prendere il controllo dopo aver provato a perderlo e deciderà di procacciarsi il proprio piacere con uomini che non aspettavano altro che un suo comando o insulto. Ma niente di troppo trasgressivo o inappropriato. Tutto risulta così dignitoso e sublime, da rendere Dying for Sex un capolavoro di delicatezza e autoironia.

Mi riferisco, non a caso, al fatto che attraverso i sentieri meno battuti del suo essere, Molly scoprirà il vero amore per la prima volta. Dopo la spudorata e tossica dichiarazione d’amore del suo patrigno e dopo il tiepido sentimento di circostanza di suo marito. Imparerà anzi ad affrontare tutto il terrore covato per anni e lo caccerà via, con una danza intricata e ossigenante. In tutto ciò, però, non dimentichiamo l’abnegazione totalizzante di una magistrale Nikki, che ha dovuto svolgere il lavoro più faticoso e complesso di tutti gli altri.

Si è lasciata alle spalle la sua intricata vita e il suo disordine, per crescere in termini di nobiltà d’animo e senso di responsabilità attraverso le ultime energie di Molly. Possiamo affermare, dunque, che si aiuteranno a vicenda. Ma, inevitabilmente, quest’ultima non potrà fare a meno che alzare la posta in gioco chiedendo molto di più all’amica di quanto potesse offrirle lei in questo suo arduo momento esistenziale.

Tuttavia, fino alla fine di Dying for Sex, ne sarà valsa la pena

Nikki riconquisterà se stessa e tutto ciò che si era persa per strada, per poter mettere al primo posto solo ed esclusivamente la sua amica adorata. Condividerà insieme a lei le sue ultime settimane, i giorni, le ore di euforia, agonia e i respiri affannati… fino a chiuderle la bocca, dopo la sua ultima espirazione non seguita da alcuna inspirazione. Le renderà onore fino alla fine. Dopo averla salutata dimostrandole tutta la sua fierezza e riconoscenza per averle permesso di essere la sua persona preferita al mondo.

Ciò detto, arriva esattamente a questo punto, forte e chiaro, il messaggio più accorato di Dying for Sex. E, come dopo un lungo sonno, riusciamo davvero a vedere Molly, interpretata da una eccelsa Michelle Williams (qui le sue dichiarazioni su Dawson’s Creek), che riesce sempre a stuzzicare le corde del nostro cuore. Conosciamo, dunque, una donna così sfaccettata da non sapere quando inizia la sua disarmante forza e quando invece finisce la sua più estrema fragilità. Scorgiamo una persona, dall’apparenza così semplice e poco invadente, da non poterci mai aspettare tutto quello che racchiudeva davvero dentro di sé.

Una scena con protagonista Molly (The Free Press)

È però assodato che da sola non ce l’avrebbe fatta

Ognuno, a suo modo, le ha offerto quell’indispensabile aiuto che non aveva il coraggio di chiedere, ma che non avrebbe sopportato di non ricevere. Terminerà così in pace i suoi ultimi momenti, tra rally pre-mortem (qui un focus sull’esperienza di Tony Soprano), capelli rosa e allucinazioni psichedeliche. Le sembrerà, finalmente, di aver combinato davvero qualcosa in questa sua vita di cui si era sempre sentita una spettatrice fuori dal suo tempo e spazio.

Pertanto, diventa un esempio per tutti noi di quanto possa salvarti il dolore alle volte. Basta soltanto saperlo comprendere e, in questo caso, aggirare, come il peggiore degli ostacoli che incontriamo nel nostro percorso. E tali insegnamenti, poi, non potevano che raggiungerci mediante una scrittura così fluida, naturale e pertinente. Tale da rendersi ancora più pregiata degli altrettanto notevoli interventi di regia e di montaggio. Mai artificiosi o inverosimili, nonché perfetti complici della resa a immagini del flusso di parole originario proprio del podcast.

Infine, nulla ci viene restituito in Dying for Sex, purtroppo

Però, di gran lunga rilevante è tutto quello che ci viene mostrato per poter imparare a camminare sulle nostre gambe tra le ingiustizie e le calamità del vissuto. Ma è l’arte dello stemperare, senza minimizzare, il punto forte di una storia che, in realtà, potrebbe apparire amaramente tragica dall’inizio alla fine. Considerate anche le premesse che non vediamo sullo schermo, ma che ci vengono trasmesse attraverso parole, sospiri e ricordi. Per non parlare poi dell’ardita scelta di accarezzare gli occhi e i corpi di chi guarda con tutte quelle tips hard puntualmente contestualizzate.

Insomma, possiamo dunque concludere affermando che vi capiterà tra le mani un prodotto in continua evoluzione. Seppur circoscritto in soli otto episodi con un dolce amaro ending (ecco i migliori finali delle serie drama). E l’inestimabile gratitudine per averlo potuto acquisire e sviscerare, sarà la sensazione ultima che vi resterà sulla pelle. Insieme a un’incontenibile e disperato zelo di amare la vostra vita all’ennesima potenza celebrandola ogni giorno. Senza perdere altro tempo.