6) Sulla spiaggia – Stagione 8×21 di E.R.
Nonostante siano passati 22 anni ho ancora la pelle d’oca mentre scrivo di questo episodio. Forse perché riguarda la morte di uno dei personaggi più importanti di E.R., forse perché l’interpretazione di Anthony Edwards è talmente toccante, da aver lasciato un ricordo indelebile nella memoria di tutti noi. O forse perché quando un personaggio viene scritto così bene, ti sembra reale e tangibile, come se esistesse veramente.
Ma andiamo con ordine.
Il Dr. Mark Greene ha avuto una recidiva di cancro al cervello non più curabile, perciò decide di lasciare il lavoro e di trascorrere i suoi ultimi giorni insieme alla moglie, la Dr. Corday, e le due figlie, alle Hawaii. La malattia inizia ad essere fisicamente invalidante ma Mark è determinato a trascorre più tempo possibile con la figlia maggiore, Rachel, un’adolescente scontrosa e intrattabile.
Fino a quando arriviamo alla scena più iconica di tutte le stagioni di E.R. Il Dr. Greene è sdraiato nel letto con davanti l’oceano. Rachel gli mette le cuffie sulle orecchie e accende il lettore cd, dal quale fuoriesce una canzone che ascoltiamo tutti, noi e lui insieme. È “Somewhere over the rainbow”, un brano che il suo papà le cantava sempre quando era piccola, per cullarla prima del sonno. Mark si addormenta su queste note e muore.
Sullo schermo compaiono alcune immagini del dottore tra le stanze del pronto soccorso, un luogo per cui ha dato tutta la sua vita. La puntata si conclude con il funerale a Chicago, tra le lacrime dei colleghi e dei famigliari.
Questo episodio rappresenta un punto di arrivo, un finale alternativo a quello che vedremo nella stagione 15. La morte di Mark ha segnato tutti, personaggi e spettatori, ma rappresenta anche un passaggio di testimone e di ruoli tra lui e il Dr. Carter. La vita continua ed è giusto che sia così.
7) Perduto – Stagione 10×02
Chicago. Al pronto soccorso arriva la notizia della presunta morte del Dr. Luka Kovac in Congo, dove si trova da alcuni mesi come medico volontario. Il Dr. Carter decide di partire per andare a cercarlo e per riportare a casa il corpo.
Congo. Kovac in ginocchio, scosso dai tremori della malaria, insanguinato, pregante. Quanti di voi ricordano questa scena? Un’altra delle immagini più iconiche di E.R.
Alcuni giorni prima Luka era rimasto con pochi pazienti in un ambulatorio da campo a Matenda. La notizia che i Mai Mai, la milizia popolare della seconda guerra civile del Congo, si stanno avvicinando, porta i protagonisti ad abbandonare l’ambulatorio. Una delle pazienti mette al collo di Luka una catenina con un piccolo crocifisso. Un portafortuna che si rivelerà fondamentale. Pochi giorni dopo Kovac ha la febbre. Lui e i suoi pazienti vengono catturati dai guerriglieri in un’imboscata, con lo scopo di essere giustiziati insieme ad altri prigionieri. Vengono uccisi (quasi) tutti.
Il crocifisso al collo. Luka in ginocchio che prega in croato. Il filo sottile che collega questo personaggio con lo scetticismo e la fede, prosegue. I soldati lo scambiano per un prete e si inginocchiano intorno a lui.
Siamo nel presente e il Dr. Carter riesce finalmente a trovare il luogo dove la milizia ha ammassato i cadaveri. Ma tra questi Kovac non c’è. Abbiamo il cuore in gola quando Carter mostra a uno dei soldati la foto di Luka e la risposta che riceve è chiara: ”E’ il prete! Il prete!”. I due dottori si ritrovano. Kovac torna in America (tenerissimo il bacio sulla guancia che dà a Carter prima di salire sull’aeroplano) mentre quest’ultimo decide di rimanere in Congo. Ma questa è un’altra storia.