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I 10 episodi più emozionanti di E.R.

8) Il viaggio – Stagione 11×06 di E.R.         

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Ray Liotta nei panni di Charlie

Il Dr. Pratt (Mekhi Phifher) prende in carico un paziente di nome Charlie Metcalf, un alcolista ex-carcerato affetto da cirrosi epatica. Il malato in questione non è nient’altro che Ray Liotta, protagonista assoluto della puntata. La storia di Charlie-Ray è una storia di solitudine, di paura della morte ma anche di redenzione e di rapporto padri-figli.

Charlie infatti perse la moglie alcuni anni prima, restando da solo con il figlio ancora bambino. La sofferenza per la morte della moglie lo rese fragile e disperato, portandolo all’alcolismo e all’abbandono del figlio.

Ma è quando il paziente perde conoscenza che inizia il vero viaggio: egli entra infatti in un mondo onirico, di visioni metafisiche che sembrano essere uscite direttamente dai quadri di De Chirico e di Hopper. Durante questi sogni vede tutti i medici che lo stanno assistendo, ma vede soprattutto sé stesso, prima da giovane e poi nel presente, all’interno di una sala d’attesa di una stazione, dove però tutte le persone indossano camici ospedalieri e sono visibilmente malati come lui. La visione cambia e compare un autobus nel bel mezzo di una distesa desertica. Charlie ci sale e viene portato all’esterno di una casa, la stessa casa rappresentata in un quadretto dipinto che lui ha con sé in ospedale. Un suo ricordo. Si sdraia a terra, con il figlio accanto. Il viaggio è compiuto.

Si ritorna nel mondo reale, il cuore di Charlie ha smesso di battere. L’inquadratura si allarga e vediamo che di fianco al letto d’ospedale è rimasto solo il Dr. Pratt, di solito sempre tutto d’un pezzo, in lacrime, proprio come noi spettatori.

9) Anima e corpo – Stagione 12×13      

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James Woods nei panni di Nate

Un altro episodio che ha come protagonista esclusivo un gigante del cinema. Mi riferisco a James Woods nei panni di Nate Lennox, un docente universitario di biochimica, un luminare, affetto da SLA. Dopo essere arrivato al pronto soccorso viene riconosciuto e assistito dalla Dr. Lockhart (Maura Tierney), che lo ebbe come insegnante durante gli studi di medicina.

L’intero episodio è uno scambio continuo tra i due. E’ una storia di affetto e di rispetto tra maestro e allieva, tra speranza e rassegnazione, tra salvare o lasciare andare, tra il movimento e l’immobilità, tra il dualismo di anima e corpo.

Attraverso alcuni flashback ripercorriamo i diversi passaggi che hanno portato Nate dalla diagnosi di SLA al suo fine vita, ma non lo vediamo morire. L’idea è poetica perché nell’ultimo flashback (che in termini cronologici è il primo), il professore sta insegnando in un’aula universitaria, perfettamente sano, pieno di vita, entusiasta.

Lo vediamo agitarsi tra la cattedra e i banchi, mentre spiega con passione ai suoi studenti la biochimica, con queste parole: “Ogni azione compiuta dall’uomo, l’aria che respirate o il cibo che mangiate, conducono tutte alla produzione di un’incredibile molecola: l’ATP (Adenosintrifosfato). Questa è la forma della vita, colei che alimenta il pensiero e l’anima”. Parole colme di significato, dette da un uomo nel pieno dei suoi anni migliori. Il modo perfetto per ricordarlo. E per lui di ricordare sé stesso.

Ed è così che la puntata finisce com’è iniziata: una pista di pattinaggio colma di gente, una musica composta da un coro di voci bianche, la Dr. Lockhart che pattina, al posto del suo professore presente nella scena di apertura, a rappresentare un’eredità intellettuale che prosegue, da maestro ad allievo, per l’eternità.

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