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5 cose di Élite che non hanno proprio senso

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Che Élite sia una serie tv spesso poco realistica è ben noto. Dopo la prima stagione in particolare, di momenti particolarmente “fantascientifici” ne abbiamo visti fin troppi. Non che Élite avesse grandi pretese, anzi. O meglio: forse l’idea di base non voleva essere quella di un banale teen drama con scivoloni demenziali. Nonostante tematiche importanti come la differenza abissale fra ricchi e poveri siano stati trattati in maniera piuttosto spicciola e qualunquista, la prima stagione, tutto sommato, non voleva porsi in questo modo. Il punto focale della trama era il misterioso omicidio di una studentessa de Las Encinas, prestigiosissima scuola per l’élite (appunto) della società.

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Obiettivo della prima stagione di Élite era mostrare quanto l’invidia, i soldi e le rivalità fra adolescenti possano diventare un mix esplosivo di sangue e violenza.

Anche qualcosa di banale come un premio scolastico può arrivare a scatenare la perfidia, così come il morboso desiderio di farsi notare da qualcuno può degenerare, scatenando la parte più animalesca dell’uomo. Certo, i temi in questione potevano essere trattati con più attenzione e sarebbero risultati più interessanti. Peccato che Élite abbia voluto strafare.

Con il passare delle stagioni, la parte più crime è andata scemando, dando più importanza a linee narrative tipiche da teen drama, come le rivalità scolastiche, le ripicche, il desiderio di essere notati e, soprattutto, le terribili e improbabili storie d’amore. Élite in quattro stagioni è riuscita a concentrare tutti gli stereotipi possibili e immaginabili da soap opera, creando dinamiche che toccano i più alti picchi dell’assurdo. Lasciamo perdere per un momento il fatto che Las Encinas registri un livello di crimini da far invidia alla Gubbio di Don Matteo. Vi stupirà scoprire che non è questo l’elemento più ridicolo della serie. Non ci credete? Vi regalo un assaggio di ciò che sto dicendo nell’elenco qui sotto. Prendete un bel respiro e preparatevi: qui siamo andati decisamente oltre.

I fratelli sono sempre nella stessa classe. Anche se hanno età diverse

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Nella prima stagione di Élite, troviamo due fratelli nella stessa classe di scuola. Cosa molto improbabile, soprattutto se i due non sono gemelli. I ragazzi in questione sono Marina e Guzmán, che fra l’altro sembrano avere decisamente due età diverse. Guzmán sembra un trentenne capitato lì per caso, mentre Marina è la tipica sedicenne stereotipata da teen drama: ostile, ribelle, capricciosa. In una parola, insopportabile. Poi viene fuori il fatto che Guzmán è adottato, motivo per cui ha la stessa età di Marina (ma ne siamo sicuri? Chissà). Tuttavia, nonostante i ragazzi non siano fratelli di sangue, i casting director si sono premurati di far sì che i due si somigliassero comunque, almeno per i colori: stessa carnagione pallida, entrambi rossi di capelli. Perché ostinarsi a trovare delle similitudini, fra l’altro grossolane, che in realtà non avrebbero motivo di esistere? Mistero.

La cosa affascinante è che, quando invece le somiglianze dovrebbero esserci, non ci sono.

Come nel caso dei fratelli presenti nella quarta stagione (qui la recensione), per esempio. L’ultima stagione di Élite è infatti segnata dall’ingresso in scena di tre nuovi personaggi: Mencía, Ari e Patrick. I ragazzi dovrebbero essere tutti fratelli e, guarda caso, vengono inseriti nella classe di Guzmán, Samuel a gli altri. Come se a Las Encinas non esistessero altre sezioni dove mettere i nuovi studenti. Anche qui, la domanda sorge spontanea: perché tre fratelli dovrebbero essere nella stessa classe? La risposta ce la fornisce la proprio Mencía. A quanto pare, lei è troppo intelligente per studiare insieme a quelli della sua età. Anche se a giudicare dalla sua capacità di problem solving e dalla sua abilità nel ficcarsi in situazioni potenzialmente mortali non si direbbe proprio. In quanto ad Ari e Patrick, sono fratelli gemelli. Peccato che la ragazza sia bassina, minuta, con il colorito olivastro e capelli e occhi scuri. Patrick è alto, slanciato, pallidissimo e con gli occhi azzurri. Ora, chi vi scrive non è un’esperta di genetica ed è noto che esistono anche i gemelli eterozigoti. Ma questi due non somigliano né alla sorella minore, né tantomeno al padre. Dove li ha trovati, esattamente? A un primo sguardo, si potrebbe pensare che il signor Blanco li abbia davvero raccattati sotto un cavolo. Tutti sotto un cavolo diverso, si intende.

I genitori in Élite non esistono. E se esistono, creano problemi

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I genitori di Guzmán sono presenti solo nella prima stagione e passano la maggior parte del tempo a litigare con Marina, giusto per rimarcare lo stereotipo dell’adolescente ribelle in lotta con i genitori. Idem dicasi per i genitori di Lu e Valerio, che si palesano nel momento in cui devono criticare lo stile di vita scapestrato di Valerio. Che, anche in questo caso, ha delle origini poco chiare: è il fratello maggiore o minore? Successivamente e con fatica si scopre poi che Valerio è fratellastro di Lu da parte di padre. Informazione che viene data en passant, quasi a giustificare, almeno in parte, il fatto che i due abbiano una relazione incestuosa. Ma no, comunque la rigiri, la cosa rimane parecchio morbosa. Il punto è che i genitori non si accorgono minimamente di ciò che accade proprio sotto al loro naso. Perché se ne rendano conto, è necessario che Valerio, in un impeto di ribellione peggiore del solito, glielo sventoli proprio sotto al naso. Credibile? Affatto.

Ma i signori Montesinos non sono i soli a non sapere cosa avviene in casa loro. Parliamo anche del papà di Mencía, Ari e Patrick. Forse il fatto che sia il nuovo preside della scuola lo ha distratto dai suoi doveri di padre, altrimenti non ci sono altre spiegazioni. A fare il bacchettone a caso è bravissimo, ma quando serve sul serio, è più inutile di una cozza attaccata allo scoglio. Guardiamo i fatti con lucidità: Mencía è una ragazza ribelle, che porta tutti all’esasperazione. Tu, padre ormai stufo dei suoi atteggiamenti, le tagli i fondi per punizione. Ma nonostante ciò, tua figlia vaga per casa con abiti costosissimi ed esce tutte le sere. Non ti fai due domande su dove trovi i soldi? Non ti chiedi come mai dorme fuori una sera sì e l’altra sì? A un occhio esterno, è chiaro come il sole che Mencía abbia cominciato a prostituirsi. Ma questo risvolto è chiaro a tutti, meno che al signor Blanco. Strano, dato che a scuola non gli sfugge praticamente nulla.

La naturalezza con cui vengono perdonati i crimini

Come si è detto nella premessa, le vette del delirio cominciano ad essere toccate nella seconda stagione. Marina è morta e la colpa del brutale omicidio è ricaduta sul fratello di Samuel, Nano. Il ragazzo, però, è innocente. Anzi, lui era molto innamorato di Marina e addirittura progettava di fuggire via con lei, per iniziare una nuova vita insieme. I due si erano organizzati per derubare il marchese di Caleruega, padre di Carla, compagna di classe di Marina. Peccato che Nano, preso dalla foga, abbia pensato bene di rubare tutti i costosissimi orologi dell’uomo, incluso uno contenente delle informazioni top secret che, se scoperte, avrebbero garantito al marchese la prigione. Carla cerca quindi un modo per riavere l’orologio. Ma non sia mai che una marchesina si sporchi le mani in questo modo becero. Ecco perché manipola il suo ragazzo storico, Polo, per far sì che lui faccia il lavoro sporco. Di certo non voleva che il fidanzatino uccidesse l’amica Marina fracassandole la testa, ma è proprio quello che succede. E quando lui si presenta da Carla sporco di sangue, confessandole il delitto, lei, con una freddezza degna di una killer quarantenne, gli intima di cambiarsi gli abiti e ideare un alibi convincente. Già questa situazione è abbastanza paradossale. Ma non finisce qui.

Perché al delirio di Élite non c’è mai fine!

Nano viene appunto accusato del delitto, ma è chiaro che la situazione è abbastanza ambigua. Persino Guzmán, che sembra avere le fette di salame sugli occhi, comincia a pensare che la polizia possa essersi sbagliata. Inizia quindi ad allontanarsi da Polo, da sempre uno dei suoi migliori amici, sospettando proprio di lui. Il punto è che il suo atteggiamento freddo e sulla difensiva non è proporzionato all’offesa. Se uno sospetta che il migliore amico è colpevole dell’omicidio della sorella, non lo tratterebbe con quell’aria sdegnata da ragazzino a cui è stata appena soffiata la ragazza. Non stiamo parlando di una banale rivalità adolescenziale, ma di un delitto compiuto a sangue freddo. Inoltre, non dimentichiamo che, sebbene Carla non abbia sferrato il colpo fatale, è comunque una complice. Ci sono poche giustificazioni: la ragazza è dentro fino al collo. Ma quando finalmente la storia vede la luce e la colpevolezza di Polo è evidente, nessuno si sogna di accusare l’angelica Carla. Anzi, Samuel, uno di quelli che avrebbe più motivi per detestarla, addirittura si innamora di lei. E, cosa ancora più paradossale, lei lo ricambia. Nel corso della seconda stagione, i due cominciano una focosa e passionale relazione, che lascia tutti abbastanza interdetti. Non è possibile dare una spiegazione. Non ha senso e basta.

Ma non dimentichiamo che anche Lu si macchia di un delitto. La terza stagione si apre infatti con la morte di Polo, rilasciato dalla polizia per mancanza di prove. Negli episodi conclusivi, si scopre che l’assassina è proprio la perfetta Lu, la studentessa modello. La ragazza, durante un diverbio con Polo, lo ha infatti colpito al cuore con il collo di una bottiglia. Il motivo di tanta rabbia? La perdita di una borsa di studio per New York. Sappiamo bene che Polo era un criminale a piede libero, ma Lu uccidendolo non è da meno. E ad aggravare la situazione, c’è il movente a dir poco ridicolo. Il punto è che i compagni, dopo averla scoperta, decidono di coprirla, mentendo spudoratamente nel corso dell’interrogatorio della polizia. A parte il fatto che Élite non rassicura molto circa la competenza della polizia spagnola, ma davvero i ragazzi de Las Encinas decidono di far uscire pulite Carla e Lu? Le ragazze hanno fatto quello che hanno fatto, ma sembra che la cosa non importi a nessuno. Forse il segreto per non venire incriminate è solo essere carine.

Las Encinas come Sodoma e Gomorra

“Amore, ho una splendida notizia: ho ricevuto una borsa di studio!”. “Ma è meraviglioso! A che scuola andrai?”. “Las Encinas. Meraviglioso, vero?”. “Okay amore, io ti amo, ma è meglio se la chiudiamo qui“.

Così dovrebbe andare il dialogo fra una coppia di fidanzati. Se il tuo ragazzo o la tua ragazza va a studiare a Las Encinas, puoi pure dirgli/dirle addio. Non importa quanto siate affiatati. Non conta da quanto state insieme, o quello che avete condiviso. Qualunque legame viene messo in discussione nella scuola della perdizione. Tutti tradiscono tutti, senza un perché o una connessione logica. Coppie incrollabili come Omar e Ander cedono davanti ai fisici finemente scolpiti che vengono ostentati sotto le docce. Così come l’amore che Guzmán prova per Nadia cessa per magia appena si ritrova davanti Ari, la ragazza nuova. Solidi legami di amicizia fondati sul cameratismo cedono appena entra in gioco una bella ragazza. Insomma, Las Encinas ti fa perdere davvero fiducia nel genere umano. Da questo punto di vista, la sceneggiatura di Élite sembra scritta da quelli de Gli occhi del cuore: facciamoli s*****e così, de botto, senza senso!

Il fiuto di Cayetana per i criminali

La povera Cayetana è forse il personaggio più sfortunato di Élite. La ragazza si pone fin da subito come un’arrampicatrice sociale, che si finge una studentessa di buona famiglia nella speranza di accalappiare il pollo che le faccia fare il salto di qualità. Al pubblico è chiaro pressoché da subito che Cayetana altri non è che la figlia della bidella della scuola. Dettaglio che sfugge a tutti i suoi compagni di classe, però.

E a chi si rivolgono le attenzioni della ragazza? Nientemeno che a Polo. Persino quando lo scopre colpevole di omicidio la sua determinazione non crolla. Anzi, approfitta delle fragilità del ragazzo per manipolarlo a sua volta, come al tempo aveva fatto Carla. Che il ragazzo non abbia una personalità particolarmente spiccata è piuttosto evidente. Da una parte pensiamo quindi che la sfortuna Cayetana se la sia anche meritata. Ma la sua abilità nel rimorchiare criminali credendoli buoni partiti comincia poi a diventare leggendaria. Nella quarta stagione, infatti, entra in scena un nuovo, potenziale pollo da spennare: Phillipe Florian Von Triesenberg, erede al trono di un qualche principato europeo non meglio identificato. Nonostante la ragazza sia diventata a sua volta bidella della scuola, accalappia il principe con estrema facilità. Troppa facilità, forse. E infatti poi si scopre l’altra faccia della medaglia. L’adorabile fanciullo è infatti uno stupratore, i cui crimini sono stati insabbiati dalla famiglia. Tralasciando il fatto che è impossibile non ci sia nulla, ma proprio nulla, su internet circa le sue malefatte, è ancora più delirante il fatto che Cayetana rimbalzi da un assassino a un essere del genere con la naturalezza di una gatta che salta dalla sedia al tavolo della cucina.

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