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Élite: il ritratto di un’adolescenza bruciata

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Élite, disponibile su Netflix dal 5 ottobre, è una Serie Tv spagnola incentrata su un gruppo di adolescenti. Tre ragazzi, Samuél, Christián e Nadia, in seguito al crollo della loro scuola (edificio costruito in maniera discutibile) vengono accettati nel prestigioso istituto Las Encinas, in un conflitto generazionale, sociale e di classe sul filo del rasoio.

Élite è una Serie Tv composta da otto puntate che riesce a mantenere alta la tensione e che appassiona. Un prodotto controverso, crudo, a tratti sgradevole, ma molto più sincero e diretto di quanto ci si aspetterebbe da un programma dedicato principalmente a un pubblico giovane. 

Fin qui niente di strano: di Serie Tv su adolescenti problematici che parlano non solo ai loro coetanei ma anche agli adulti ne abbiamo parecchie, a partire dal cult 13 Reasons Why.

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Eppure Élite non ci va sul leggero. Fin dalla prima puntata descrive un panorama desolante sui giovani di oggi. Un pugno allo stomaco, crudo, violento, disarmante e spesso sconcertante, qualcosa difficile da digerire, perché più simile alla realtà di quanto vorremmo immaginare.

Sono sedicenni con problemi enormi, con disagi e demoni che sarebbero difficili da sconfiggere anche dalla generazione successiva alla loro. Sono ragazzini allo sbando che si perdono tra alcol, sesso facile e droghe, non hanno valori, ma solo tantissime paure. 

Élite ha tutto: un protagonista, Samuél, carino e coccoloso; un mistero oscuro da svelare; problematiche irrisolte; triangoli (o quadrangoli) amorosi; colpi di scena e una storia decisamente avvincente. Ma l’ombra più grande e disturbante è gettata sul gruppo di ragazzi, ricchi, poveri, belli, annoiati, disperati e dilaniati da conflitti, che tirano le fila della trama.

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Se all’apparenza la più problematica è Marina, in realtà tutti i ragazzi hanno degli scheletri nell’armadio. C’è appunto Samuél, il bravo ragazzo introverso che dai bassifondi cerca di guadagnarsi l’amore di una ragazza irraggiungibile. C’è Lucrecia, “Lu”, viziata, abituata ad averle tutte vinte e priva di ogni scrupolo. Ci sono Omar e Ander che lottano per amarsi, entrambi oppressi da genitori retrogradi e da una religione inflessibile. E c’è anche il triangolo costituito da Clara, Christián e Polo, che è così complesso e problematico che non basterebbero dieci anni di sedute dal terapeuta per sbrogliarlo. Un’edonista manipolatrice, un ragazzaccio sicuro di sé pronto a tutto e un gay latente senza una bussola morale, niente di meno.

In tutto questo fa da contraltare la totale assenza, amoralità, sordità di un gruppo di genitori sempre distratti da altro: la carriera, il lavoro, i guai giudiziari…

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Ragazzi troppo soli, abbandonati a una vita di miseria estrema da una parte e di lusso eccessivo dall’altra. In entrambi i casi vivono un’esistenza fatta di clamorosi errori continui, di rinunce, di sacrifici ben più grandi della loro età.

Élite non si risparmia e getta in faccia allo spettatore la crudeltà di una generazione di ragazzi a cui mancano valori e punti fermi: non è colpa loro, almeno non interamente. Spesso sono portati, quasi istigati, alla trasgressione, alla ribellione. Di fronte alle imposizioni, ai soprusi, ai silenzi e alle assenze, questi ragazzi vivono al limite: si gettano in risse a colpi di mazza da baseball, fanno sesso senza un secondo pensiero, si coprono a vicenda, anche di fronte a crimini indicibili. 

Forse è un sentimento anche questo, ma questa “fratellanza”, questo senso di appartenenza in realtà li ghettizza, rendendoli più fragili, più isolati, più inadatti ad affrontare le curve della vita. 

E possono essere anche suddivisi in Élite, sette, caste, specie animali da non mischiare, ma in fondo tutti questi ragazzi sono in lotta per la sopravvivenza, per non affogare, per non perdersi del tutto. Succede a Marina, vittima sacrificale di un gioco troppo più grande di lei, al quale soccombe, lasciandosi alle spalle terra bruciata e conflitti irrisolti.

Insomma, il terreno perfetto per la seconda stagione di Élite .

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