Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Emily in Paris
Anche chi non l’ha mai visto, come me, sa che Emily in Paris parla alla moda, ai romantici e ai sognatori. Si vede già dal pilot, che si apre con una donna che corre energicamente e senza alcun segno di fatica sulle strade di Chicago, evidentemente già troppo ambiziosa per i miei gusti. O per i gusti di chi non vorrebbe sentirsi una nullità sul divano mentre ingurgita patatine a profusione. In ogni caso, Emily in Paris è una serie che oggi conta già quattro stagioni, la quarta in uscita su Netflix il 15 agosto 2024 (qui un piccolo recap prima dell’uscita e una recensione della terza stagione), e che nonostante la sua apparente semplicità ha suscitato un grandissimo successo. Attenzione, perché il termine semplicità non deve essere per forza inteso in senso negativo. Sarete voi a decidere, dopo aver visto circa trenta minuti di puntata in cui la cosa più esaltante che accade è venire a sapere che a Parigi sanno usare i monopattini elettrici. Ma insomma, Lily Collins, che interpreta la nostra Emily in Paris, sfoggia meravigliosi outfit che sono la parte più interessante di tutte. Anche se Gossip Girl, comunque, lo abbiamo già visto tutti (ma anche Sex and the City). Una vita da sogno che viene sconvolta con un’altra cultura, un nuovo lavoro e (questo non c’è nel pilot ma sono pronta a scommetterci tutto quello che ho) nuovi amori. Emily da Chicago a Parigi, che potrà mai succedere?
1. Emily fa finta di sapere il francese per andare a Parigi. Esempio di chiunque abbia mai presentato un cv.
Dunque, il pilot si apre con Emily che viene a scoprire che la sua capa, che sarebbe dovuta andare a Parigi, è incinta e che quindi non può più partire. Manderà lei al suo posto, anche se Emily non conosce una parola di francese, mentre la sua capa aveva fatto dei master appositi. Non so perché ma mi ricorda qualsiasi applicazione al lavoro io abbia fatto: io con trecento skills diverse e il concorrente che non sa manco l’italiano di base. Indovinate chi prendono di solito. Comunque, diciamo pure che Emily è costretta ad andare, o meglio che non era nei suoi programmi, quindi la perdoniamo. Insomma, fa i bagagli e se ne va a Parigi, con buona pace del fidanzato a cui non è permessa mezza parola di replica. Altrimenti si rischia di rifare Il Diavolo veste Prada, che però aveva sicuramente degli outfit migliori. Emily si rimbocca le maniche e decide che farà finta di parlare francese, il famoso fake it until you make it, fingi finché non diventa vero. Che comunque di solito funziona un po’ per tutto tranne che nelle relazioni ma so già che Emily ci darà grandi soddisfazioni anche in questo campo. Senza manco averlo visto.
2. Nell’edificio non c’è l’ascensore. Speriamo faccia ridere almeno la metà di The Big Bang Theory.
Una volta arrivata a Parigi, prende possesso del suo appartamento che, anche se è una mansarda ex camera della servitù, guarda un po’, ha una delle migliori viste su Parigi della storia. Fortunella la ragazza. Però il palazzo ha un paio di problemi: una signora antipaticissima, anz,i basta dire tipicamente parigina, e un ascensore che non funziona. Solo una delle due cose purtroppo è risolvibile, e no, non la parigina spocchiosa. La nostra povera Emily, quindi, si deve fare circa cinque rampe di scale, con i tacchi ovviamente perché sia mai che possa avere delle ciabatte o delle sneakers, a piedi. Ora, mi rendo conto che forse ho visto troppe serie tv e tutti quanti siamo talmente saturi da utilizzarle come metro di paragone anche nella vita reale, ma l’espediente dell’ascensore rotto e delle rampe di scale a piedi a me ha ricordato qualcosa. Qualcosa che faceva sicuramente più ridere, anche se magari in The Big Bang Theory erano vestiti peggio. Tranne Howard che rimane iconico anche nello stile. Comunque, oltre all’ironia, se Emily in Paris davvero ha intenzione di trarre qualcosa da The Big bang Theory io sono solo contenta, anzi glielo consiglio.
3. Il tipo dell’ufficio e la commessa del negozio che fanno finta di non capirla o la correggono mentre parla. Chiunque sia stato a Parigi può capirla.
Disclaimer: nessuno vuole offendere in nessun modo i parigini, non si fa mai di tutta l’erba un fascio, non siamo qua per perpetuare stereotipi. Ma io so che chiunque stia leggendo sa già a cosa ci stiamo riferendo. Emily arriva, quindi, a Parigi, e va per la prima volta nel suo nuovo ufficio, gira un po’ per le strade di Parigi e prova ad ambientarsi nella nuova città. Sono tanti gli incontri che la perplimono, e che onestamente perplimono anche noi, ma un paio sono stati rivelatori. Più che altro di un fortissimo déjà vu. Uno di quelli che proprio non avevamo intenzione di rivivere. Prima di tutto un nuovo collega di Emily che, con una faccia di quelle che veramente non fanno nessuno sforzo per non farsi menare (scusate la semi-cit), fa finta di non capirla mentre lei tenta di presentarsi, in inglese. Dopodiché la signora che le vende un dolcetto. Qua mi sono proprio spaventata perché mi è successa la stessa identica cosa, con le stesse parole, la stessa conversazione. Solo che io volevo l’acqua. L’acqua per vivere e per sopravvivere, ma per lei era più importante che io pronunciassi bene eau nella sua lingua che non parla nessuno ma che loro ritengono sia la più importante. Più dell’inglese.
4. “Tutta la città sembra quella di Ratatouille”. Forse perché lo è.
Qua mi sono fermata un secondo a ragionare, quando ho sentito questa battuta del pilot di Emily in Paris. Nel senso che ho dovuto un attimo analizzare la frase, per comprendere se avessi capito male magari. Perché io davo per scontato che stavamo a Parigi, dato che il titolo della serie tv è Emily in Paris. E invece, con pochissime parole, Emily mi ha messo un dubbio atroce in testa che ho dovuto sfaldare nel giro di trenta secondi circa. Comunque meno di quanto ci abbia messo lei a dirla. A un certo punto, giustamente, Emily chiama il suo ragazzo per fargli saper che è viva, perché va bene l’emancipazione ma una telefonata per tranquillizzarlo fagliela. Per descrivere la città al suo ragazzo semi muto che è rimasto a Chicago, gli dice che sembra proprio quella di Ratatouille, il fantastico film d’animazione Disney del 2007, ancora oggi in cima alla classifica dei migliori di tutta la storia Disney. Scusate mi sono accorata un secondo. Comunque, sulla sua frase è scattato il mio senso di ragno, che mi ha messo all’erta per un secondo. Che è bastato, e forse era pure troppo lungo. Perché Parigi, ad Emily, le sembra Parigi perché è effettivamente Parigi. No?
5. Patricia che scappa dalla novità è qualunque collega tu abbia mai incontrato nella vita. E fa molto ridere.
Voglio proprio spezzare una lancia a favore di Patricia, miglior personaggio del pilot di Emily in Paris. A mani basse. Certo è che ci ricorda tanto quel collega che pareva terrorizzato dal nostro arrivo, come se dopo due giorni avremmo dovuto fregargli la scrivania, il lavoro, la casa e la famiglia. Come nella vita vera, anche Patricia in Emily in Paris, è la protagonista di una situazione che per quanto drammatica, fa molto ridere. Perché è descrittiva del genere umano, o almeno di una grande parte, quella paura infondata del nuovo che ci spinge a farci un muro intorno. A curarci solo del nostro orticello. Patricia, in questione, io un po’ la capisco: Emily è giovane, alla moda, senza una ruga, snella ed energica. Io pure le starei lontano. E infatti, forse ci starò. Perché, un po’ come Patricia, Emily in Paris non mi convince. Perché forse anche Patricia ha visto già Gossip Girl e non ha bisogno di un remake in cui parlano francese. Anche se lei ama parlare solo e unicamente il francese. Per me, che parlo italiano, Emily in Paris ha un suo potenziale, che però non mi sembra proprio nuovo né abbastanza in grado di scardinare stereotipi o infrangere muri. Bel tentativo Emily, forse a Chicago mi avresti convinto (e non sono l’unica).