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Eric è veramente qualcosa di nuovo

Eric, miniserie britannica da 6 episodi, scritta da Abi Morgan e diretta da Lucy Forbes, è uno show assolutamente da vedere.

Disponibile a partire dal 30 maggio 2024 su Netflix, prende spunto da un fatto realmente accaduto. O meglio, da un clima che si respirava e che si ricorda nella New York dei primi anni ’80. Quando i casi di bambini scomparsi iniziarono ad aumentare a dismisura. La miniserie si discosta dall’evento reale, incipit e pretesto, per raccontare altro. Cambia sia l’età del bambino, che in Eric ha 9 anni, sia tutto ciò che accade in seguito (qui la recensione completa della miniserie).

Il caso che ha ispirato lo show è quello della sparizione di Etan Patz, che aveva 6 anni e che, come l’Edgar di Eric, si stava recando da solo a scuola. Con alcune differenze circa il tragitto: nella storia vera Etan doveva arrivare fino ad una fermata dello scuolabus. Ed è durante quel breve percorso che è scomparso. Nel cast uno strabiliante Benedict Cumberbatch, un giovanissimo impressionante Ivan Morris nei panni del piccolo Edgar e un magistrale McKinley Belcher III che dà volto al detective Ledroit, protagonista di storie e vicende profondamente umane, tra momenti strazianti e prove di grande coraggio, e di strenua ricerca di giustizia.

Attraverso la sparizione di un bambino, Eric è il vortice in cui sprofonda un padre dall’ego ingestibile e sovrastante.

È un turbinio di emozioni, dolori e vite. L’instantanea di una città piena di contraddizioni, pregiudizi e colpe. Per quanto non sia l’inaspettato shock che ci ha regalato Baby Reindeer o quella sofisticata opera d’arte di Ripley, anche Eric è un prodotto Netflix da non perdere. Attori straordinari, primo tra tutti Cumberbatch, una scrittura perfetta del racconto principale.

Stili e atmosfere differenti che si intersecano creando un quadro ricco di sfumature. Intense e scandagliate anche le storyline che da sfondo diventano trama centrale. Una serie tv fortemente drammatica, che sembra spesso lasciare senza speranze, ma che non abbandona la prospettiva di un tempo che non è mai troppo tardi. Che le difficoltà fanno parte della vita e che guardarsi dentro, per quanto doloroso, è un ostacolo da superare. Un qualcosa che va fatto.

La personalità di Vincent dentro e fuori l’allegria di Good Day Sunshine

Eric, il protagonista interpretato da Benedict Cumberbatch (640x360)
Il protagonista di Eric

Eric è amara, folle, drammatica e imprevedibile. L’apparizione del pupazzo di Eric sconvolge uno spettatore certo di essere di fronte a un crime-detection. Così come chi da subito vedeva il family drama sbucare da ogni angolo. Ma quel sapore da nota distintiva è presente in realtà da subito. Ed è Benedict Cumberbatch. Un genitore al quale viene rapito il figlio è, quasi in ogni serie tv o film che ne tratta la tragicità, il veicolo della massima empatia. E Vincent appare da subito invece come un personaggio spesso detestabile, quasi difficile da amare, un protagonista che gli stessi amici e colleghi trovano difficile da sopportare.

Ma anche qui le sorprese non mancano: Vincent è un ottimo attore e storyteller, un grande disegnatore e creatore di storie e pupazzi. Iconici muppet amati da orde di bambini per i quali Good Day Sunshine è un appuntamento da non perdere. Come la sua voce, acuta e adorabile quando intona l’intro dello show è l’espressione della dolcezza e tenerezza infantile, quando Vincent esce fuori è un uomo presuntuoso, volgare e tutto fuorché adorabile.

Allo stesso modo il suo personaggio dei muppet, prima di diventare Eric, è l’amico fidato di ogni bambino.

Chi gli dà voce è però lontano da qualsiasi figura che potrebbe giovare alla vita dei giovanissimi che lo amano. Vincent scherza e gioca con suo figlio, ma la pressione che esercita e le pretese che ha verso il piccolo Edgar, sono capaci di distruggere e logorare l’anima, come succederebbe a qualsiasi bambino. Per i 9 anni di Edgar e per la fragilità tipica di chi inizia una fase della vita diversa e complessa, relazionarsi con Vincent non è facile.

Vincent ha una personalità aggressiva, pretenziosa, arrogante e saccente, inconsapevole e incurante delle reazioni degli altri. Ma al contempo non è così diverso da qualsiasi altro padre che perde un figlio. Dall’esterno, dalle prime sequenze dello show non è un cattivo padre, almeno non nello stereotipo: non è freddo, serio, insensibile o severo, come ad esempio sono stati con lui. È pieno di sé, a volte ingestibile, ignaro di chi sia realmente e di come le relazioni con gli altri, con i bambini che amano il suo show, abbia una valenza anche fuori dal lavoro.

L’immaginario Eric è il filtro per guardare al mondo con sincera rabbia e spietata onestà

Eric, il protagonista interpretato da Benedict Cumberbatch (640x360)
Eric: scena con Eric e Vincent

Vincent a casa si libera e abbandona tutta quella amorevolezza e soavità che deriva dalla sua professione, dal suo impiego, ma anche dalla sua passione. Una passione dove cerca di portare sé stesso, le sue parole dure, provocatorie e irriverenti. Quel sarcasmo e quella schiacciante insistenza che gli viene vietata e che, tra una battuta e l’altra, riserva solo a Edgar e tra le mura di casa. Dove sente di non dover sorridere, dove il suo tono non dev’essere dolce o eccessivamente stridulo, dove è quel Vincent sfacciato, comprimente e demolitore. Una personalità che si rende conto di avere un’interiorità spaventosa che deve modificarsi.

La personalità che lui deve voler trasformare.

Il pupazzo di Eric è così il suo alter ego, il suo lato oscuro, quella parte di sé che deve reprimere in un mondo che non è mai pronto a guardare in faccia alla realtà. A una realtà come quella di Vincent, non abituato all’amore, all’affetto o all’interesse. E per comprendere la fatica e il malessere di affacciarsi a sentimenti che non conosceva, bastano le poche, distaccate inquadrature dei genitori di Vincent. Di un padre e una madre che di materiale non gli hanno mai fatto mancare nulla, ma che erano incapaci di farlo sentire amato. Vincent, ora però adulto e padre anche lui, sa come neanche la sua infanzia mai vissuta possa essere una giustificazione.

Eric tra contesto storico, conflitti generazionali e discriminazioni razziali

Eric, il protagonista interpretato da Benedict Cumberbatch (640x360)
Eric: scena dei sottopassaggi della metro

Vincent deve trovare Edgar per dimostrargli che non è come crede, che lo è stato, ma che ha capito, che può non essere troppo tardi per non intervallare i loro momenti sereni con gli sfoghi di un uomo frustrato e insoddisfatto. E che vede il suo vero talento non esprimibile, non riconosciuto. La volontà di Vincent di creare Eric, di dare voce a sé nel loro dialogo privato e di mostrarlo in tv come creazione del figlio, è il desiderio di dare prova a Edgar che si fida di lui, che sa quanto sia speciale, che adora la sua creatività, che è fiero di lui e che ha capito. E le cose saranno quindi, ora, diverse.

Se il finale suggerisce che ci vorrà tempo da parte di Edgar, è allo stesso modo la fine di un viaggio attraverso di sé che Vincent ha compiuto.

Eric fa di sé anche una serie tv che non lascia da parte un determinato periodo storico e un contesto socio-culturale fatto di ingiustizie, falsità, discriminazione e oppressione. Ci si trova nella New York degli anni ’80, dove si respira il caos di una città frenetica e traballante, tra vivacità e degrado. È il razzismo che non conosce limiti e l’omofobia che aumenta con i casi di AIDS che si registrano. È la corruzione che a volte ne consegue, verso chi, nero o omosessuale, veniva considerato un cittadino di serie B.

E qui si staglia l’altro grande personaggio di Eric, colonna portante della linea investigativa. Il detective Ledroit che indaga sul rapimento di Edgar, arrivando a scoprire cosa è accaduto in passato, risolvendo un caso ancora aperto. Dando una definizione diversa e realistica di ciò che si chiamava immorale e perverso. E alla violenza inaudita di chi dovrebbe proteggere e invece dissemina odio. Di chi si sente al sicuro nel rappresentazione un’istituzione, credendo che tutto sia loro concesso.

Quando generi e personaggi non vanno più di moda arrivano Eric e Benedict Cumberbatch

Eric, il protagonista interpretato da Benedict Cumberbatch (640x360)
Eric: scena con Vincent

È così che Eric, tra dramma familiare, crime detection, fantareale e racconto corale introspettivo, diventa anche il processo di crescita di un uomo. E uno sguardo d’attenzione al concetto di genitorialità e paternità. L’unicità di Eric risiede quindi tanto nel personaggio di Benedict Cumberbatch quanto nel genere della miniserie. Una componente che però non ha convinto tutti. Arrivando alla definizione di “show che voleva raccontare troppo”, con l’aggiunta di non approfondire tutte le sottotrame presenti.

Ma se, ormai è assodato, si può parlare del 2024 come dell’anno della rinascita di Netflix, anche Eric entra in questa lista. Non solo perché Benedict Cumberbatch firma un’altra impeccabile e sfaccettata performance (qui le sue 5 migliori interpretazioni) , che dovrebbe valergli finalmente un Emmy o un Golden Globe. Per citare il più importante riconoscimento del piccolo schermo e un’altra ambita statuetta che premia anche prodotti cinematografici.

Eric è un insieme di generi e sottogeneri, con trame principali e secondarie.

Con un detective che membro del cast di supporto, diventa protagonista di alcune puntate. Rendendo il proprio personaggio e coloro che gli sono intorno figure interessanti e stratificate, con antagonisti che, tra empatia e disprezzo, si trasformano. Come a tutti accade in Eric. Anche la conclusione, per prima riprende uno show iniziato con il rapimento di un bambino, rivelandosi nuovamente un’esplorazione completa, a più livelli e gradi di percezione e conoscenza, di personalità deluse e avvilite, disorientate e confuse. Figure che acquistano forza e consapevolezza e che attraverso le loro mancanze comprendono ciò che conta davvero nella vita.

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