Il secondo speciale di Euphoria ha alzato ancora di più l’asticella, regalandoci un episodio da brividi che approfondisce la storia e, soprattutto, la psicologia di Jules. Se alla fine della prima stagione credevamo di aver capito tutto, di aver compreso a pieno le motivazioni di Jules, dopo lo speciale dobbiamo assolutamente ricrederci. Non è affatto come pensavamo.
L’ultimo episodio della prima stagione vedeva Jules salire sul treno e andare via, lasciando Rue a fare i conti con i propri demoni e ricadere in una spirale di dolore e abbandono. Il primo speciale, dedicato appunto al personaggio di Zendaya, è andato in onda a Natale mostra le conseguenze di quella partenza e di come questo ennesimo dolore abbia spinto Rue, di nuovo, sulla strada della dipendenza. Quello che istintivamente pensiamo quindi di Jules è che la ragazza si sia comportata da egoista, pensando solo a se stessa e al suo desiderio di libertà, incurante della sofferenza provocata alle persone attorno a lei.
Non potremmo essere più lontani dalla verità.
In questo secondo speciale di Euphoria, in attesa della nuova stagione (ecco quando inizieranno le riprese!), abbiamo finalmente il punto di vista di Jules riguardo gli eventi accaduti nella passata stagione. Dopo essere arrivata a New York, la ragazza non è rimasta per molto. Convinta di potercela fare da sola, si è arresa all’evidenza che non è, invece, affatto così e cede alle richieste del padre di tornare a casa. Tornata in città, comincia a farsi seguire da una terapeuta ed è nella stanzetta della psicologa che l’intero episodio si svolge. Troviamo quindi una sorta di parallelismo con il primo speciale: anche in quel caso la storia ruotava attorno a due personaggi, il loro dialogo e un luogo chiuso e limitato. Rispetto, però, a quello su Rue, questo episodio gode di maggior respiro.
Alla limitata esperienza del diner, si contrappone un episodio che gioca con gli spazi pur rimanendo sempre fermo nello stesso posto.
Mentre Jules racconta alla psicologa gli eventi più determinanti della sua vita, dall’infanzia al presente, abbiamo modo di rivivere le esperienze di cui sta parlando attraverso il suo punto di vista: dal difficile rapporto con la madre tossicodipendente al futile innamoramento per Tyler, un ragazzo che esisteva solo nella sua fantasia. Fino ad arrivare a Rue. Per la prima volta in Euphoria sentiamo l’opinione di Jules riguardo a tutta la faccenda e comprendiamo i suoi sentimenti così ambivalenti ma allo stesso tempo estremamente sinceri. Jules ha paura di Rue perché è innamorata di lei, teme che l’amore che prova possa trascinare anche lei nel labirinto. Da un lato odia Rue per il modo in cui la fa sentire, dall’altro non riesce a smettere di provare un sentimento profondo di affetto.
Hunter Schafer ha fatto un lavoro superbo. Se pensiamo come questa sia la sua prima, vera esperienza attoriale non possiamo non rimanere strabiliati dalla bravura di questa ragazza che, non dimentichiamo, ha anche co-scritto l’episodio. Hunter dona tridimensionalità al suo personaggio, arricchendolo di nuove sfaccettature che sembrano colorate di un malinconico lilla.
“I want to be as beautiful as the ocean. Being trans is spiritual… and I don’t ever want to standstill. I want to be alive.”
“Voglio essere bellissima come il mare. Essere trans è una cosa spirituale… e non voglio nemmeno rimanere ferma in un punto. Voglio sentirmi viva. “
La confessione di Jules è la confessione di Hunter che attinge alla propria esperienza personale per raccontare la storia del suo personaggio. Parla di dolore e inadeguatezza, di sentirsi sempre soli in una stanza affollata. A un certo punto, Jules dice che per tutta la vita ha costruito il proprio essere “donna” in funzione di quello che dovrebbe piacere a un uomo, non fermandosi mai a pensare cosa piace a lei. Hunter racconta, con delicatezza ed estrema sensibilità, il desiderio di voler essere sempre all’altezza delle aspettative degli altri (ci siamo passati quasi sicuramente tutti) persino a costo della propria felicità.
Un giorno però ti svegli e ti rendi conto di aver accontentato solo l’Ego di qualcun altro.
L’episodio di Euphoria interamente dedicato a Jules è stato complessivamente molto più incisivo, non solo per la straordinaria interpretazione di Hunter ma anche per la fotografia e la messa in scena, elementi che hanno reso giustizia alla storia. “Trouble Don’t Last Always” aveva un enorme potenziale, peccato perché serviva probabilmente un’altra scelta registica. Quello che avrebbe dato davvero spessore all’episodio sarebbe potuto essere un intero piano sequenza dedicato a Rue e Ali, come fosse un pezzo teatrale. Invece, la puntata risultata a tratti lunga e pesante ma solo perché non si è trovato un modo adeguato per raccontare la storia.
Da questo punto di vista, “F**k Anyone Who’s Not a Sea Blob” ha certamente fatto meglio, lasciando sempre il focus sul dialogo tra Jules e la psicologa ma trovando degli utili escamotage per rendere la narrazione più dinamica. L’utilizzo dei flashback e alcune scene oniriche danno forma ai pensieri stessi di Jules, è come se lo spettatore stesse vedendo il contenuto della sua mente. Per esempio, è interessante notare come l’immagine di New York fosse per Rue un sogno, mentre per Jules si trasforma in un incubo.
Insomma due episodi speciali entrambi stupendi, anche se il secondo ha leggermente superato il primo rivelando la bravura di Hunter sia come attrice che come sceneggiatrice.