Attenzione: evitate spoiler se non volete imbattervi in spoiler su Euphoria.
Per molto tempo gli adolescenti sono stati mostrati sul piccolo schermo come ragazzi tormentati dai classici problemi dettati dalla pubertà. Turbe amorose, gelosie tra amici, invidie tra compagne di classe, incomprensioni con gli insegnanti. In ogni serie tv americana, avente per protagonisti ragazzi in età da liceo, non mancavano mai gli armadietti, le cheerleader, una squadra di basket, di football o di pallanuoto (a seconda dello stato in cui ci si trovava) ma soprattutto gli amori nati tra i banchi di scuola. Il personaggio medio non era altro che un ragazzo le cui avventure si limitavano a qualche rocambolesca situazione, in cui di solito si cacciava con il gruppo di amici e qualche problema familiare, il più delle volte caratterizzato da un genitore poco comprensivo.
Eppure il vissuto di un ragazzo dai 15 ai 19 anni è tutt’altro che semplice. I tanto famigerati anni delle superiori rappresentano il periodo del cambiamento, quello in cui ognuno prima di decidere cosa vuole diventare, deve capire chi è in grado di essere. E questa scoperta è molto faticosa e dolorosa. Conoscere se stessi in una realtà in cui per far sì che si venga accettati sembra si sia costretti ad apparire piuttosto che ad essere, porta inevitabilmente a confrontarsi con quelle paure rimaste nascoste per molto tempo. Poiché raggiungere il proprio io interiore, affrontarlo, accettarlo e manifestarlo, è la cosa più difficile che si possa fare.
Una serie tv negli ultimi anni ha cercato di portare sullo schermo proprio quei mostri con cui gli adolescenti combattono ogni secondo della loro vita. Non solo ma ha anche descritto la distruzione in cui i ragazzi incappano durante il cammino verso la conoscenza di se stessi, i traumi affrontati causati dalle varie esperienze di vita e la difficile battaglia da combattere per essere degni di far parte della società. E questa serie è Euphoria. (leggi qui per saperne di più).
Uno dei titoli più sconvolgenti nel panorama attuale delle serie tv. Il teen drama che non solo ha consacrato Zendaya come una delle attrici attualmente più brillanti. Ha anche mostrato a tutti quella parte nascosta che forse per molto tempo nessuno ha voluto vedere: il lato oscuro degli adolescenti.
In Euphoria viene raccontato e descritto con una certa sfacciataggine, accompagnato però da una colonna sonora che lo rende allo stesso tempo elegante e pulito. Una serie di personaggi scritti in maniera impeccabile, ognuno con un problema da affrontare. Ognuno con una caratteristica peculiare che fa da nucleo attorno al quale contemporaneamente ruota e si sviluppa la sua personalità.
Maddy, Nate, Rue, Jules, Kat, Fezco, Ethan, Lexi, in Euphoria intrecciano le loro vite in modo velenoso. Gli uni entrano in contatto con gli altri non attraverso le classiche relazioni adolescenziali a cui siamo stati abituati ma per mezzo di quei rapporti definiti al giorno d’oggi come tossici. La tossicità è uno degli elementi chiave di Euphoria ed oggi parleremo di uno dei personaggi la cui tossicità rappresenta la maschera dietro cui ha scelto di nascondere se stessa. Stiamo parlando di Cassie Howard.
Interpretata dalla talentuosissima Sydney Sweeney, Cassie è la classica ragazza bella, seducente, desiderata da tutti i ragazzi e solo apparentemente superficiale. Sin da subito viene mostrata come un’adolescente frivola, dedita solo al suo aspetto fisico e a prendersi cura della sua immagine. Vittima di una cyber violenza architettata da un ragazzo durante un rapporto sessuale, Cassie viene etichettata da quel momento come l’adolescente di facile conquista, ossessionata dal sesso. Ma tutta la sua attenzione concentrata sul solo aspetto estetico e quella facilità con cui gestisce il suo rapporto con il sesso, in realtà celano ben altro. Cassie è figlia di genitori divorziati, sua madre ha dei problemi con l’alcol e suo padre dopo la separazione ha deciso di abbandonarla.
Il padre, l’unico uomo della sua vita con cui è riuscita ad essere se stessa, l’unica persona da cui ha potuto farsi amare senza fingere, la lascia sola, dando così inizio alla sua autodistruzione.
La sua crescita anagrafica procede di pari passo con lo sviluppo del suo corpo. Fino a quando lei stessa non capisce che è proprio quella l’unica fonte di divertimento per gli uomini che le si avvicinano. Così la bambina amata dal padre ma da quest’ultimo rifiutata scompare per sempre, lasciando il posto all’unico essere umano degno di considerazione: la bambola.
Inizia così la costruzione della sua vita in cui ogni elemento va a contribuire a quell’immagine da lei stessa desiderata. La migliore amica cheerleader super sensuale, la sorellina secchiona e poco appariscente con cui confrontarsi e il fidanzamento con l’atleta migliore della squadra di football. Mettendo insieme tutti i pezzi, partendo proprio dalla sua relazione sentimentale è impossibile (almeno all’inizio) non provare empatia per Cassie. Il modo in cui McKay la tratta, in cui la guarda e il modo in cui lei (involontariamente) costringe se stessa a concedersi per non perderlo, tutto fa di Cassie uno dei personaggi di Euphoria più fragili, quello da prendere a cuore, quasi da arrivare a compatire. Una bambina rinnegata che non trova altro mezzo che il suo corpo per riempire quel vuoto, distaccandosi da esso e utilizzandolo come un mero strumento per nascondere il suo vero io, la sua parte incontaminata. Quella parte umiliata dal genitore e per questa ragione dimenticata.
Per Cassie in Euphoria è più semplice interpretare il ruolo della Barbie dal cervello vuoto ed essere desiderata per tutti quegli elementi che in realtà non la rappresentano affatto piuttosto che soffrire per essersi mostrata realmente. La prima stagione termina per lei nel peggiore dei modi, resta incinta di McKay il quale anziché starle vicino l’abbandona, non volendo sapere nulla del bambino. Così Cassie ancora una volta si ritrova sola e accompagnata dalla madre va ad abortire.
La strada per la distruzione è ormai stata intrapresa e nella seconda stagione di Euphoria si assiste all’effettivo declino di Cassie. Una caduta nell’oblio legata a quell’elemento che l’accompagna da quando era bambina: il vuoto.
Un vuoto che la ragazza cerca di riempire intraprendendo relazioni dannose. Ma uno spazio di per sé incolmabile poiché parte integrante del suo essere.
La sua relazione con Nate, trama centrale dell’ultima stagione, è ciò di quanto più tossico potesse scegliere, sia per gli altri ma soprattutto per se stessa. E l’origine di questi legami devastanti sta nella sua insicurezza patologica. Cassie è sì la ragazza di una bellezza mozzafiato ma è anche quella stessa ragazza che indossa il costume della sua amica per attirare l’attenzione di Nate, è quella stessa ragazza che mette la sveglia all’alba per potersi preparare a vedere il suo “amore”, è quella stessa ragazza che arriva al punto di vestirsi e pettinarsi come Maddy pur di essere accettata dal suo ragazzo.
La sua mancanza di sicurezza ha sempre fatto in modo che essa si trasformasse giorno dopo giorno in ciò che gli altri volevano vedere. Ma pur arrivando a compiacerli, alimentando così quell’immagine posseduta da tutti viene comunque umiliata, derisa e mortificata.
Lo spettacolo teatrale di Lexi nel profetico episodio Tutta la mia vita, il mio cuore ha desiderato una cosa che non posso nominare, sarà il momento in cui potenzialmente avviene la sua catarsi, una catarsi che però non conduce ad alcun cambiamento. Sul palco mentre appare tutta la sua vita, Cassie prende coscienza per la prima volta della sua immagine apparente. Ma anziché accettare quel momento come l’occasione per mettere in atto un’evoluzione e per intraprendere una nuova strada, rifiuta di accettare la verità e di guardare la realtà. Sceglie di continuare a vagare in quel circolo senza fine, in cui resterà imprigionata proprio a causa della sua incapacità di capire ma soprattutto di mostrare se stessa.