Euphoria, con la sua prima stagione, ci ha dato modo di conoscere immediatamente Rue. Non era solo la voce narrante, era anche la protagonista della storia, o così credevamo. Ogni cosa, in un modo o nell’altro, avrebbe dovuto misurarsi con lei, con la sua dipendenza, con ogni suo sbalzo. Aveva tutto in mano, anche una storia d’amore impossibile. Ed è così che cominciamo il nostro viaggio all’interno del mondo in cui abita, conoscendo di conseguenza tutte le persone che ne fanno parte. Più andiamo avanti, però, più cominciamo a comprendere che forse Euphoria non sia solo la vita di Rue. È anche quella di Nate,Jules, Maddy, Kat, Ali, Cassie e Lexi. Ognuno di loro ritaglia uno spazio nella storia, e lo fa senza mai invadere quello dell’altro. Un po’ come in Skins, tutti i personaggi si raccontano senza mai cercare di diventare protagonisti, senza mai cadere nella trappola egocentrica in cui si inciampa ogni volta che si cerca di prevalere. Quindi, in realtà, avevamo tratto delle decisioni troppo affrettate nel definire Rue la protagonista assoluta. Ed è così che siamo arrivati alla seconda stagione: convinti di star per rivivere la stessa cosa, la stessa coralità di storie. Ma ci sbagliavamo, eccome se ci sbagliavamo. Perché Euphoria, in questa seconda stagione, le protagoniste assolute le ha eccome, e sono ben due. Certo, la coralità della storia è rimasta, ma siamo di fronte a un duo di protagoniste che sta, decisamente, scombinando le carte. E la cosa migliore è che, una delle due, non sa di starlo facendo.
Lexi e Cassie sono due sorelle legate dal solo sangue comune, perché niente di loro combacia o impara a combaciare. Non hanno gli stessi occhi, e anche il loro modo di guardare le cose è totalmente differente. Non hanno la stessa bocca, e il loro modo di dire le cose è l’opposto dell’altro. Non hanno le stesse guance, ma anche il loro modo di farsi accarezzare è diverso. Da sempre vivono dentro un labirinto in cui si perdono per ragioni diversi, ragioni che le portano a voler sempre ricominciare il percorso da capo, anche se disconoscono la strada di ritorno, quella da cui ripartire.
Lexi vive dentro un apparente ordine. Trascorre le sue giornate dentro un silenzio che cerca di sovrastare le parole che non riesce a dire, le azioni che non riesce a compiere, gli errori che non commette. Intorno a lei tutti macchiano la propria storia, la contraddistinguono. Vanno indietro o vanno avanti, non importa, ma si muovono. Li vede fare sinistra e poi destra. Li vede mentre sbattono la porta uscendo, e li rivede aprirla. Li osserva, come se fosse una telespettatrice come noi, dal proprio divano. Alcune volte cerca di capire, altre volte ci rinuncia in quanto convinta di non poterci riuscire perché troppo diversa. Durante la prima stagione l’abbiamo vista giusto per qualche momento, a volte quasi la dimenticavamo. Ma questo non sta succedendo adesso, perché è lei una delle protagonista di questa seconda stagione. Per fortuna.
Episodio dopo episodio, Lexi sta prendendo possesso della storia senza mai sbraitare, senza creare alcun tipo di disastro per emergere. Coerentemente all’anima del suo personaggio vive un passo indietro, lontana – almeno, fino ad adesso – da tutto quello che ogni persona accanto a lei sta facendo. Perché se tutti hanno bisogno della guerra per emergere, Lexi ha solo bisogno della delicatezza, del teatro, del film accanto alla persona giusta. Ha bisogno di posare la testa sopra al cuscino e aspettare pazientemente che la giornata successiva migliori le cose, che non mandi in rovina ancora di più chi le sta intorno. O che sia la volta buona, anche per lei, di riuscire sbattere la porta. Almeno una volta sola, per poi tornare alla pace apparente.
Ma per ogni silenzio taciuto di Lexi, esistono le urla di Cassie. Per ogni porta rimasta aperta di Lexi, ne esiste una rotta da Cassie. Per ogni scelta giusta di Lexi, ne esiste una sbagliata di Cassie. E per ogni film guardato con la persona giusta per Lexi, ne esiste uno guardato con quella sbagliata per Cassie.
Che Cassie fosse un personaggio interessante lo avevamo già compreso con la prima stagione, ma il suo compito sembrava quasi rimaner bloccato solo a quello: interessante, ma niente di più. La verità, però, è che le sono servite pochissime puntate della seconda stagione per ribaltare la situazione, per diventare non solo la protagonista di Euphoria, ma anche uno dei personaggi più belli dell’intero panorama seriale dei teen drama degli ultimi anni. Ma anche in questo caso, paradossalmente vista la sua storia, siamo di fronte a qualcuno che non ha assolutamente fatto nulla per diventarlo. Siamo solo di fronte a qualcuno che non riesce a ritrovare la propria strada e che – per superare la cosa – imbroglia il tempo, gli altri, se stessa. Perché Cassie è un personaggio disturbante, un’anima impossibile da seguire ma non da comprendere. Guardarla, probabilmente, significa riconoscere nelle sue urla solo alcuni dei mostri che ci portiamo dentro. Per questo ci disturba, per questo la amiamo e poi la odiamo, per questo ci affascina ma ci spaventa: è quanto di più vero potesse esser detto su di noi.
È il personaggio che più conosciamo meglio. È quello che sappiamo scombinerà tutto, quello che rivoluzionerà i piani. È la nostra mina vagante, ma è anche la consapevolezza che la sua guerra sarà sempre e solo un modo per tornare al principio e ricominciare da lì.
Perché a qualcosa dovrà pur servire questo dolore, penserà Cassie.